Oristano 16 giugno 2019
Cari amici,
Gli ‘scatti’ sono
“Novanta” (90): tutti rigorosamente in bianco e nero. Sono opera della pluriennale fatica di Filippo
Peretti e Lucia Musio. L'interessante mostra, inaugurata venerdì 14 giugno presso il Museo
Diocesano Arborense, ha catturato un pubblico numeroso, che, nonostante la
giornata afosa, non è voluto mancare all’interessante appuntamento culturale. Organizzata dal Servizio Cultura e Spettacolo - Musei Civici di Cagliari
e curata dalla direttrice Paola Mura, in precedenza era rimasta esposta presso
lo Spazio SEARCH del Comune di Cagliari per circa 2 mesi, riscuotendo in
innegabile successo.
Ad inaugurare la mostra
oristanese Monsignor Ignazio Sanna, ora Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi
Arborense, in attesa di consegnarla al nuovo Arcivescovo Nominato, Monsignor
Roberto Carboni. Il pubblico, considerata la calda giornata estiva, si è
trattenuto a lungo negli antichi, ampi e freschi locali del museo, unitamente a
Monsignor Sanna che ha accompagnato con la direttrice del museo Silvia Oppo diversi partecipanti, da
vero, cordiale, padrone di casa.
Ho colto, osservando il pubblico, che l’interesse
per ogni scatto risultava evidente: ognuno di essi nel contemplare il momento particolare colto dall'obiettivo, si immedesimava in quelli che l'avevano vissuto, diventandone virtualmente partecipe; era un modo per entrare spiritualmente nelle diverse cerimonie religiose dell’Isola,
dove fede, speranza, sacrificio, dolore e preghiera vi erano perfettamente
condensati; scatti unici quelli appesi alle pareti, che avevano ‘catturato l’attimo’, che rappresentavano, raccontavano
e facevano rivivere la straordinaria ricchezza culturale e religiosa che i
sardi annoverano nel loro DNA e che custodiscono gelosamente da secoli.
Numerosi i commenti e gli
scambi di vedute, anche con l’Arcivescovo, barbaricino DOC, figlio di quella
Barbagia che custodisce e continua a
tramandare da secoli (quanto e più delle altre zone dell’Isola), la grande fede posseduta. Fede e tradizioni, quelle dei
sardi, salde come roccia, che difficilmente perderanno di tono; le foto esposte hanno fatto rivivere
al pubblico momenti magici straordinari, momenti da sempre di forte intensità, momenti che in passato sorpresero ed entusiasmarono
i grandi scrittori e poeti dell'Ottocento, come Grazia Deledda e David H.
Lawrence, per esempio. Momenti magici immortalati nei dipinti e negli scatti dei grandi maestri del primo Novecento, come i pittori Biasi, Floris e Delitala e i grandi maestri della fotografia, gli straordinari grandi reporter della celebre agenzia
Magnum.
Le 90 foto esposte, opera
come detto dei due fotografi, Filippo Peretti e Lucia Musio (marito e moglie
nella vita), sono il frutto del lavoro portato avanti in un lungo e defatigante
viaggio svoltosi in Sardegna durato quattro anni, durante i quali la coppia ha fatto
tappa in oltre cento tra paesi e località della Sardegna. Per rendere gli spettatori meglio edotti del percorso fatto dai due artisti, i curatori della mostra oristanese hanno diviso le foto in dieci sezioni; in questo modo essi hanno potuto meglio
conoscere sia i temi che le libere suggestioni degli autori, così come i
luoghi, le feste e le tradizioni riportate.
Ad aprire l’esposizione
una ricca sezione dedicata alla Settimana Santa ed ai suoi antichi rituali, che evidenziavano
quanto le influenze iberiche abbiano permeato la religiosità dei sardi, sia nelle
processioni che nelle sacre rappresentazioni. Tra gli altri temi trattati, oltre alla
Sagra di Sant’Efisio, seguita fino a Nora nel suo tripudio di costumi e traccas
(carri decorati trainati da buoi), le corse sfrenate dell’Ardia di S.
Costantino, dove il culto si fonde con la forte dimostrazione di balentia (prova
di coraggio), sempre presente nel DNA dei sardi.
Particolari anche gli
scatti effettuati sulle chiese campestri, luoghi che riuniscono i devoti in partecipati
pellegrinaggi festosi; senza dimenticare quelli effettuati nel Sinis per lo
scioglimento del voto a Santu Srabadoi (San Salvatore), fatto nella sua
chiesetta campestre dagli Scalzi di Cabras, quelli sulle maschere ancestrali
dei Mamuthones e dei Issohadores di Mamoiada, fino ad arrivare a immortalare le
fiamme dei misteriosi, sacri Fuochi di Sant’Antonio, rituali rinvenienti da un’antichissima
tradizione ancora oggi praticata in molti paesi della Sardegna.
Il corteo dei visitatori durante
la visita procedeva a passo lento, animando il percorso con lo scambio di
impressioni e considerazioni con gli altri partecipanti; era un continuo
immedesimarsi nell’attimo rappresentato, un’immersione, seppure per un istante,
nella manifestazione rappresentata, che riusciva a far rivivere, in chi l’aveva
vissuta, i propri ricordi.
Alla fine del percorso, solo una macchia di
colore, un grande quadro a forti tinte era stato posto dagli organizzatori, quasi a cercare di spezzare l’incanto della particolare visione delle numerose foto in ‘bianco
e nero’ che, nonostante la modernità del colore, mai perderà il suo fascino. Il quadro posto alla
fine del percorso della mostra, era una straordinaria opera di Giuseppe Biasi: il dipinto “Processione a
Fonni”, un'opera del 1930. Nella tela si poteva ammirare una meravigliosa rappresentazione a colori forti del
rito della processione, visto dall’autore nella sua forte, silente solennità.
Cari amici, indubbiamente una grande mostra,
che merita sicuramente di essere visitata, e, volendo, c’è tutto il tempo per
farlo: la mostra infatti resterà aperta dal 14 giugno al 15 di settembre. Andiamo
tutti a visitarla!
A domani.
Mario
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