Oristano 26 giugno 2019
Cari amici,
Una volta si diceva “Tanto
va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”, ma questa volta a
lasciarcelo saremo noi tutti, abitanti di questo pianeta che ogni giorno sta
diventando sempre più invivibile. La maggioranza dei suoi abitanti, però, non
sembra averlo capito a sufficienza, in quanto pochi, pochissimi, appaiono
disponibili a fare marcia indietro, eliminando quei numerosi comportamenti che
porteranno presto il mondo all’estinzione. Lunedì scorso, 17 giugno, si è
celebrata nel mondo la “Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione
e alla siccità”; quest’anno il motto che la accompagnava aveva il significato
di un forte monito: “Facciamo crescere insieme il futuro”. Ma ci stiamo almeno
provando?
Proteggere la terra è un
proposito impegnativo, che parte da un problema basilare: la protezione del
suolo, che di anno in anno peggiora in modo sempre più veloce, cosa che
dovrebbe davvero preoccuparci! Lo vediamo tutti i giorni: la temperatura del
pianeta aumenta, frane e alluvioni sconvolgono zone da tempo immuni, le foreste
sono sempre più oggetto di deforestazioni selvagge, i ghiacci si sciolgono e l’innalzamento
del livello dell’acqua dei mari, sommergerà presto città rivierasche e fertili
pianure costiere.
C’è chi tuona contro
questi mali, in gran parte frutto delle folli decisioni umane, come continuano
a fare gli scienziati, ma per mille diversi egoismi poco o niente si fa; siamo
arrivati addirittura a farci sollecitare dalle giovani generazioni, che cercano
di farci capire che in questo modo stiamo portando via il loro futuro, come ha
fatto di recente Greta Thumberg. Sulla sua caparbia lotta per salvare il
pianeta, su questo blog ho fatto una riflessione che, chi vuole, può andare a
leggere, o rileggere, cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2019/03/greta-thunberg-la-nostra-casa-e-in.html.
A questo punto credo di
dovermi associare con forza a quanto sostenuto dagli scienziati, per i quali la
soluzione è una sola: “un forte coinvolgimento delle diverse Comunità e la
cooperazione portata avanti a tutti i livelli”. Amici, non possiamo “rubare
il futuro” alle nuove generazioni, perché il diritto ad un futuro sostenibile è
la prima e inalienabile esigenza per la vita umana sul nostro pianeta, che
corre il rischio di scomparire.
La nostra vita sul
pianeta, cari amici, non dimentichiamolo, parte dalla salvaguardia di un bene importantissimo,
praticamente unico: il suolo! Come ricorda sempre Legambiente, infatti, “senza
suolo non si mangia”, e, senza la sua tutela, “si rischia, nel migliore dei
casi, di essere travolti da frane e alluvioni”.
Tutelare il suolo è inoltre fondamentale per contrastare i cambiamenti
climatici e preservare la necessaria, indispensabile riserva di biodiversità. Gestire
correttamente il suolo, mantenendolo produttivo e creando tutti gli
accorgimenti necessari alla sua salute, è la via migliore per far sì che la
lotta ai cambiamenti climatici possa avere successo.
A tutt’oggi, purtroppo il
suolo non riceve il rispetto che merita, e le conseguenze del suo
deterioramento sono evidenti. Lo si può constatare tutti giorni che esso viene
sistematicamente martoriato, avvelenato, distrutto da abusi e cementificazione
senza controllo, annientato da una agricoltura sempre più industrializzata e sempre
meno sostenibile. Di recente il segretario generale delle Nazioni Unite
Guterres ha detto che il Pianeta perde ogni anno qualcosa come 24 miliardi di
tonnellate di terreno fertile. Di conseguenza “proteggere e ripristinare
i suoli può ridurre la migrazione forzata, migliorare la sicurezza alimentare,
stimolare la crescita economica e aiutarci ad affrontare l’emergenza climatica
globale”.
È sempre l’ONU a
ricordarci che la lotta deve partire da tre punti fermi: la siccità, la
desertificazione e la gestione sostenibile del suolo. Il primo punto, la
siccità, costringerà entro il 2025, 1,8 miliardi di esseri umani a
sopravvivere con una scarsità idrica assoluta, e che due terzi del mondo
vivranno in condizioni di “stress idrico”; la desertificazione, fa
presumere che entro il 2045 costringerà 135 milioni di persone a sfollare dalla
loro terra, creando devastanti migrazioni di massa; Infine la gestione
sostenibile del suolo, risulterà fondamentale per combattere il cambiamento
climatico, se si considera che oggi l’uso del suolo determina quasi il 25%
delle pericolose emissioni globali totali.
Quanto alle deforestazioni
(le foreste rappresentano il vero polmone verde del mondo) ci basti pensare che
tra il 2010 e il 2020 almeno 50 milioni di ettari di foresta sono stati distrutti
per liberare superfici da destinare alla produzione industriale di materie
agricole. Lo sostiene un rapporto diffuso di recente da Greenpeace dal titolo
poco rassicurante: "Conto alla rovescia verso l'estinzione".
E non pensiamo che la
nostra Italia sia immune dal problema della desertificazione, perché anche da
noi il problema esiste. Secondi i dati forniti dal CNR, in Sicilia le aree a
rischio sono il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%,
mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono
comprese tra il 30 e il 50%. Anche nel nostro Paese, come riporta l'ISTAT, il
consumo del suolo continua a crescere, un fenomeno che coinvolge tutto il
territorio ma in particolare il Nord. Il maggiore contributo è in assoluto
quello della Lombardia, con il 13,4% e una perdita nell'ultimo anno di oltre
3mila chilometri quadrati (2mila quelli persi in Veneto).
Non sta meglio nemmeno l’intero
‘vecchio continente’; oltre l’Italia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia,
Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria
vivono la stessa situazione. I dati affermano che il Pianeta perde 12 milioni
di ettari fertili ogni anno. E un milione e mezzo di persone sono coinvolte in
zone a rischio di desertificazione.
Cari amici, il problema
credo sia più grave di quello che appare. Siccità, Desertificazione e Gestione
sostenibile del suolo, sono 3 fattori che dovrebbero farci riflettere,
invitandoci ad approntare adeguate misure. Saremo capaci di farlo, oppure, ci
comporteremo come fece la marchesa di Pompadour, rivolgendosi al re Luigi XV dopo
la sconfitta nella battaglia di Rossbach (5 novembre 1757), invitandolo a non
pensare alle conseguenze della sconfitta, dicendo anche noi “Après nous le
déluge”, ovvero dopo di noi il diluvio?
A domani.
Mario
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