martedì, febbraio 13, 2024

UNA RIFORMA A METÀ, QUELLA VARATA DAL GOVERNO SULL’IRPEF. ORA, COME RIMEDIO, PENSA A PORTARE DA 3 A DUE A DUE LE ALIQUOTE.


Oristano 13 febbraio 2024

Cari amici,

Alla fine dello scorso anno si è molto battagliato sulla necessaria riforma dell’IRPEF, tanto che alla fine il Governo le ha ridotte da quattro (4) a tre (3), a partire dal corrente anno 2024. Eppure, la riforma è apparsa come la montagna che ha partorito un topolino, in quanto i cambiamenti sono stati pochi e di importo poco rilevante. L’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef e la contemporanea riforma delle detrazioni fiscali, con l’introduzione di una franchigia di 260 euro per i redditi sopra i 50 mila, in realtà hanno cambiato ben poco.

I redditi medio alti non hanno avuto nessun beneficio dalla riduzione delle aliquote da 4 a 3 perché la riduzione del pagamento Irpef sui primi scaglioni è stato controbilanciato dalla perdita delle detrazioni a causa della nuova franchigia. Per questa ragione un forte malumore serpeggia e il Governo ora cerca di porre rimedio a questa “ingiustizia” e cercare di dare sollievo ai redditi medio alti con una riduzione dell’aliquota più alta, ovvero quella che attualmente è al 43%.

È stato il Viceministro Maurizio Leo ad illustrare le attuali intenzioni dell’Esecutivo, intervenendo alcuni giorni fa al Forum nazionale dei commercialisti ed esperti contabili. Ha rassicurato sul fatto che l’intento dell’esecutivo è “riconfermare la riduzione delle aliquote”, già avvenuta in via provvisoria con il passaggio da 4 a 3, e che proseguirà portando le nuove aliquote da tre a due, in quanto, ha aggiunto, “è arrivato il tempo di rivedere il meccanismo attuale a tre aliquote”, che penalizza alcune classi di reddito.

Ovviamente, in un momento così delicato per la grande esposizione debitoria del nostro Paese, si pensa a “come” riuscire a trovare gli altri soldi per questa nuova riforma, stante una ulteriore diminuzione del gettito derivante dall’IRPEF. Quesito più che lecito per un Paese come il nostro, che ha un debito pubblico mostruoso e che assiste impotente a un deterioramento sempre più preoccupante di servizi fondamentali come la sanità e la scuola.

Per il Viceministro Maurizio Leo i soldi arriveranno fondamentalmente dalla lotta all’evasione, perché le attuali aliquote elevate “la favoriscono”. Per molti questa sua convinzione appare alquanto fantasiosa, perché certamente, per combattere l’evasione, sono necessarie armi ben più appuntite. Insomma per molti è solo fumo e poco arrosto, il cercare di accontentare chi reclama diminuendo ancora le entrate senza avere prima la certezza di altri incassi certi, e non solo presunti.

L’evasione fiscale, amici, va combattuta sul serio e non solo a parole. Un mio post recente ha evidenziato che in Italia le tasse le pagano solo il 50 per cento dei cittadini, nel senso che praticamente la metà vive alle spalle di chi le tasse le paga. Chi paga le tasse, versa anche quelle che non vengono incassate dagli evasori! Se tutti le pagassero, infatti, la pressione fiscale potrebbe diminuire di almeno il 20%. Ciò significa che a fine mese nelle tasche degli italiani onesti entrerebbe il 20% di soldi in più.

Amici, nel nostro Paese sono sempre i piccoli a continuare a pagare le tasse, mantenendo in questo modo quelli che furbescamente vivono evadendo, in quanto la verità è che gli evasori sono proprio i “grandi”, sono quelli che potrebbero farlo ma non pagano. Alla base della consolidata evasione delle tasse nel nostro Paese c’è un problema culturale tutto italiano. L’evasione fiscale da noi, purtroppo, non suscita riprovazione morale come dovrebbe, forse perché lo Stato è percepito come un’entità lontana e inefficiente.

A questo problema se ne aggiunge un altro: il fatto che i partiti politici (vale per tutti gli schieramenti) ritengono che la lotta all’evasione fiscale non paghi politicamente, perché significa perdere voti! Allora che fare? Lo Stato siamo tutti noi, cari amici, ed è triste vedere i tanti lavoratori tartassati dalle tasse che vedono il proprio datore di lavoro pagare meno di quanto pagano loro! Ecco perché lo Stato deve fare i salti mortali per mantenere in vita un welfare degno di tale nome, e che spesso fa acqua da tutte le parti.

Cari amici, quando i nostri rappresentanti in Parlamento dicono che non ci sono soldi da investire nella sanità, nell’istruzione, nelle infrastrutture non dicono tutta la verità; i soldi in realtà ci sarebbero, se solo tutti versassero le imposte e si combattesse sul serio la piaga dell’evasione fiscale. A qualcuno questo ragionamento potrà sembrare semplicistico ma in sostanza è proprio quello che accade!

Credo che ci sia ben poco da aggiungere…

A domani.

Mario

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