Oristano 26 febbraio 2024
Cari amici,
Viviamo un mondo davvero
caotico, in particolare per chi abita nelle grandi città (senza parlare, poi, delle megalopoli), dove muoversi, viaggiare, parcheggiare, lavorare e
mangiare è così stressante da creare sindromi pericolose che colpiscono sempre
di più. Immaginiamoci, invece, cosa può significare vivere in un’isoletta di
pochi chilometri quadrati, posta in mezzo all’Oceano, distante oltre 2 mila
chilometri dal centro abitato più vicino (il viaggio in nave dura oltre 7
giorni), abitata da poche centinaia di persone! Quest’isola esiste davvero, ha
una lunga storia ed i suoi pochi abitanti non cambierebbero a nessun prezzo la
loro vita, svolta su questo piccolo lembo di terra sperduta nell’Oceano!
Quest’isola si chiama TRISTAN
DA CUNHA (è Territorio britannico d'Oltremare), è di
forma circolare, piccola (ha una superficie di appena 78 km quadrati) ed è
sperduta nell’oceano. Quest’isolotto ha una storia alquanto interessante,
iniziata nel 1506, quando la flotta del navigatore portoghese Tristão da Cunha,
che operava agli ordini di Alfonso de Albuquerque, primo Viceré delle Indie
Portoghesi, durante il viaggio verso Oriente, fu colpita da una violenta
tempesta presso il Capo di Buona Speranza. La nave di Tristao trovò approdo su questo
lembo di terra sperduto nell’oceano, lontano da ogni altra Comunità umana. Isola
davvero sperduta, se pensiamo che le uniche isole vicine si chiamano Inaccessible
Island e Nightingale Island (da sempre disabitate), mentre l’isola
abitata più vicina (che dista oltre millecinquecento chilometri) è quella di
Sant’Elena, ben nota in quanto vi fu mandato in esilio Napoleone.
Il capitano portoghese,
appena terminato il fortunale, fuggì via da quell’isola disabitata dove pioveva
sempre, era battuta da forti venti ed era spesso avvolta dalla nebbia (vi dimoravano
in solitudine foche, leoni marini, albatros e pinguini Rockhopper); prima di
partire segnò sulla carta nautica col suo nome l’isolotto, e proseguì il suo viaggio.
L’isola, però, col passare del tempo non rimase disabitata. Nei secoli
successivi fu inizialmente utilizzata dai marinai come scalo e fonte di acqua
durante le traversate Atlantiche, poi, nel diciannovesimo secolo vi si
insediarono i primi abitanti stabili: i primi furono tre naufraghi, arrivati mezzo morti,
portati li dalla corrente. Il più vivo dei tre, tale Jonathan Lambert, vi si
stabilì, e il 27 dicembre del 1810 si autoproclamò proprietario dell’isola.
Ebbene, ambientatisi
rapidamente, i tre iniziarono ad amare quel luogo fuori dal mondo! Seppure nell’Ottocento
gli affollamenti delle grandi città non fossero quelli odierni, per una strana
ragione a loro quel posto esercitava un insano fascino, tanto che, qualche
tempo dopo, una baleniera di passaggio, sbarcata sull’isola per fare acqua, li
invitò ad imbarcarsi per riportarli nel mondo civile, ma nessuno dei tre volle
essere “salvato”! Tutti e tre preferirono restare lì, cambiando ufficialmente
il loro status da “naufraghi” a “primi abitanti dell’isola”. Era l’inizio della
colonizzazione di quell’isola, ed ai primi abitanti ne seguirono degli altri, e
arrivarono anche alcune donne provenienti dall’isola di Sant’Elena.
Quando nel 1892 il
brigantino Italia fece naufragio da quelle parti, gli unici superstiti (gli
Italiani Gaetano Lavarello e Andrea Repetto) trovarono ad accoglierli una Comunità
di una cinquantina di abitanti in pianta stabile, ai quali si unirono con
entusiasmo. Scoppiata la Seconda guerra mondiale, l’Alto Comando Britannico
diede all’isola un importante valore strategico, e vi inviò dei soldati a
presidiarla. A questo punto gli abitanti dell’isola erano diventati circa
duecento, ricevevano rifornimenti dalla terraferma circa una volta ogni due
mesi, e commerciavano tra loro utilizzando il baratto.
Iniziava così, a TRISTAN DA
CUNHA, lo svolgersi di una certa “autonoma
vita sociale”, sia informativa che commerciale; addirittura, un certo Alan
Crowford, utilizzando un ciclostile, stampò per la Comunità un mini-giornale,
il cui costo fu fissato in tre sigarette, o in alternativa quattro grandi
patate (frutto della coltivazione agricola dell’isola)! Al termine della guerra
i soldati andarono via, lasciando però in eredità agli abitanti i rudimenti base del
sistema monetario ed un ospedale da campo che rappresentava la prima struttura
sanitaria stabile dell’isola. La Comunità era ormai stabile: gli abitanti
aumentavano e nel 1963 i residenti erano diventati 248.
Il 1963 fu per l’isola un
anno particolare: il vulcano presente manifesto con forza la sua attività e il
governo di Sua Maestà, che ha sempre avuto a cuore la sicurezza dei suoi
sudditi, si premurò di evacuare gli abitanti, portandoli in salvo a Londra, allora
vero cuore pulsante della civiltà europea. Esaurita l’attività vulcanica nell’isola,
il governo inglese chiese agli abitanti dell’isola che erano stati evacuati di
esprimersi circa il ritorno a TRISTAN DA CUNHA, oppure restare in Inghilterra.
In realtà tutti si
aspettavano che il gruppo, oramai entrato nel sistema civile, chiedesse di
restare a Londra, nel mondo consumistico organizzato, ma non fu così. Incapaci di resistere
alle lusinghe del sistema capitalistico i "profughi dell'isola", nonostante fosse stato addirittura organizzato, a scopi
propagandistici, un referendum, decisero di tornare sull'isola! Dei 153 votanti, infatti, ben 148 si
espressero per l’immediato rientro a TRISTAN DA CUNHA! Era la “loro isola, che, seppure
battuta dai venti e dalla pioggia, era diventata il loro mondo, dove essi vivevano con
gioia l’essere “tutti uguali”, usando l’antico sistema commerciale del baratto,
trascorrendo la loro vita comunitaria in pace, operando come coltivatori, allevatori e
pescatori. Nessuno se lo sarebbe aspettato, ma loro chiesero di ritornare a
casa!
Amici, oggi l’isola conta
294 abitanti, prevalentemente divisi in 9 gruppi familiari, due dei quali
portano i cognomi Repetto e Lavarello, diretti discendenti dei due naufraghi di
Camogli. L’isola è ora collegata con il mondo con 12 navi all’anno (circa una
al mese), sull’isola a tutt’oggi non esiste la proprietà privata, sono in
funzione l’ospedale, la scuola e un Pub, “l’Albatros”. Coltivano, allevano e
pescano buonissime aragoste. Loro sono così felici di una vita “fuori dal tempo
e dalla civiltà”, tanto che sono gelosissimi del loro isolamento: ottenere un
visto turistico è piuttosto complicato, farsi rilasciare un permesso per un
trasferimento definitivo è addirittura difficilissimo!
Cari amici, in realtà una
vita come quella degli abitanti di TRISTAN DA CUNHA fa di certo riflettere non
poco tutti noi, ormai schiavi della civiltà commerciale! Chi è tormentato dallo stress in una grande città indubbiamente sogna di
vivere in un posto così: senza giornali, Tv, aeroporti, porti, macchine,
tribunali, stadi, alberghi, campi di calcio, Padel e mille altre diavolerie. Un
posto come questo, in realtà viene visto in due modi diversi: per alcuni un
totale isolamento è visto come un inferno, per altri, invece come un Paradiso
che fa sognare!
A domani.
Mario
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