Oristano 4 febbraio 2024
Cari amici,
Gli oceani, come ben
sappiamo, coprono la gran parte della superficie terrestre e, cosa di
primaria importanza, hanno da sempre costituito la maggior risorsa alimentare
del mondo. Ebbene, in questo immenso mondo sommerso vive una quantità
incredibile di pesci di ogni taglia e qualità, che però sta iniziando
pericolosamente a diminuire. Si, nell’immensità degli oceani c’è sempre meno
pesce. L’allarme non è certamente nuovo, ma la cosa peggiore è che la situazione
si aggrava di anno in anno.
Un recente studio,
condotto dai ricercatori William W. L. Cheung e Daniel Pauly (Università
British Columbia - Canada), e dal collega Reg Watson (University of Tasmania -
Australia), ha radiografato con precisione la pericolosa situazione. In
presenza di una crescita esponenziale della popolazione mondiale, che vede gli stock
ittici sottoposti a una pressione fortissima, aggravata anche dai crescenti
cambiamenti climatici, risultano inevitabilmente compromesse le disponibilità
future delle risorse ittiche.
Sulla terra ogni giorno, le
risorse ittiche soddisfano le esigenze alimentari di oltre 3 miliardi di
persone. Nella dieta tipica di molti Paesi, infatti, questo “alimento”
rappresenta circa il 20 per cento delle proteine introdotte. La pesca, divenuta
sempre più intensiva, con la conseguenza di non rispettare il naturale
ricambio, sta lentamente ma inesorabilmente depauperando il mare. A pagarne le
conseguenze più serie sono in particolare le popolazioni dei Paesi a basso
reddito, che trovano in mare solo gli avanzi di quella pesca sconsiderata, che
“depreda il mare” per soddisfare la clientela dei Paesi più ricchi.
Anche i cambiamenti
climatici, IN GRAN PARTE CAUSATI DALL’UOMO, stanno contribuendo a depauperare
le risorse ittiche del pianeta. La stragrande maggioranza delle specie ittiche
risente infatti del riscaldamento degli oceani, e per limitare i disagi, cerca
rifugio nelle acque più profonde. Migrazioni che si traducono anche in una significativa
perdita nella qualità nutrizionali delle carni, in progressivo, drastico.
peggioramento (inizialmente verificato nel 1990). Calcio, ferro, acidi grassi,
omega3 e proteine presenti nei pesci sono sempre meno abbondanti e, da qui alla
fine del secolo, diminuiranno in media del 30/50 per cento.
Se, anche per il mare
(come avviene anche per gli allevamenti terrestri), pensassimo di usare la
soluzione dell’allevamento in acquacoltura per risolvere il problema, questa
non sarebbe una soluzione praticabile, in quanto il riscaldamento delle acque
influenza negativamente anche la vita dei pesci allevati in acquacoltura. Lo
studio, intitolato “Signature of ocean warming in global fisheries catch” è
stato pubblicato sulle pagine della prestigiosa rivista Scientifica Nature
e sottolinea la necessità di sviluppare piani di adattamento per mitigare
questi effetti che possono avere – e quasi di certo avranno - ricadute
importanti a danno delle popolazioni costiere.
Secondo un articolo
recentemente pubblicato sulla rivista Science, che fa luce sul rapporto tra il
riscaldamento degli oceani e la produttività della fauna marina, oltre metà
delle risorse ittiche è colpita negativamente dal cambiamento climatico. Il riscaldamento
delle acque, infatti, oltre all’impatto diretto sulle specie marine (ne
diminuisce le capacità di riproduzione), ha anche un effetto indiretto: la
diminuzione di organismi come lo zooplankton, che rappresenta un nutrimento per
altre specie, che si risolve in un effetto-cascata negativo sul resto della
catena alimentare.
Cari amici, tra un crescente
cambiamento climatico, che senza immediati rimedi potrebbe diventare
irreversibile, e il sovrasfruttamento della pesca, la capacità di riproduzione
della risorsa marina costituita dai pesci continuerà a ricevere un forte
impatto negativo sulle capacità di riproduzione, e quindi sul numero di molte
specie pescate. Il risultato sarà un mare impoverito, una biodiversità ridotta
e dunque una robustezza del sistema marino messa in discussione. Solo una
legislazione sovra nazionale, capace di mettere un freno sia all’eccessivo
sfruttamento delle risorse del mare, e a porre limiti alle attività che
innescano i pericolosi cambiamenti climatici, potrà cercare di limitare i
danni.
A domani.
Mario
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