Oristano 24 novembre 2023
Cari amici,
La personalità di
ciascuno di noi si forma lentamente, a partire dai primi anni di vita. È in famiglia, infatti, che svolgiamo il primo test sullo sviluppo della nostra personalità. È la
famiglia a fornire al bambino le prime certezze: la vicinanza, la
sicurezza e le cure amorevoli ricevute, che portano il bambino a costruire il suo personale
modo di porsi nel contesto sociale di riferimento. Quando, invece,
nell'infanzia dovessero venire a mancare questi presupposti, il bambino inizierà
a trovarsi solo, privo di protezione e assistenza, in un mondo a lui
sconosciuto di cui tutto ignora.
Col passare del tempo,
una volta diventato grande, il bambino poco seguito quasi certamente sarà un ‘solitario’,
chiuso nel suo guscio; insomma, una persona incapace di aprirsi agli altri, di
esternare la sua vera intimità, vivendo la sua vita in una profonda ed
incolmabile solitudine, incapace di esprimere compiutamente la sua emotività. Questo
male, che colpisce le persone che non si sentono amata abbastanza, è noto
come “Deprivazione emotiva”, che nella persona colpita crea una
sensazione di “vuoto profondo” che la fa sentire insoddisfatta, inappagata, priva
di quelle positive attenzioni nei suoi confronti che costituiscono il sale
della vita.
Amici, questa “mancanza
di attenzioni” può colpire anche successivamente all’età infantile, quando da grandi, per
esempio, in casa i componenti del clan familiare dimostrano comportamenti
distaccati, superficiali ed egoisti; quando il partner, con nonchalance, ne ignora
le esigenze e si comporta da vero egoista. Si, ci sono comportamenti (traumi ed
eventi) che possono spezzare il precedente feeling di pacifica, reciproca
convivenza, impattando in maniera anche brutale sul precedente benessere
psicologico. È proprio per questi accadimenti che può manifestarsi, a tutte le età, il pericoloso
stato di DEPRIVAZIONE EMOTIVA.
In realtà a chi non è mai
capitato, in caso di bisogno, di non trovare nessuno a cui rivolgersi, in
particolare in famiglia, ovvero contare sulla sicurezza di avere un punto di
riferimento vero, sempre disponibile? Sentire la mancanza di un forte legame
emotivo con gli altri crea un grande senso di vuoto, una sensazione di
abbandono, che porta il soggetto a non capire il perché di essere stato lasciato solo
in balia degli eventi. Simili sensazioni possono essere particolarmente deprimenti,
creando proprio quel terribile senso di sentirsi soli al mondo.
Questa solitudine
interiore porta il soggetto adulto a chiudersi in se stesso, ad evitare di
parlare con altri, evitando di esternare i propri sentimenti e i bisogni
emotivi, ovvero nascondendo la propria vulnerabilità agli altri. In realtà ci
si sente "abbandonati", soli, persi, depressi e amareggiati, non riuscendo, tra l’altro, ad
individuare il motivo alla base di questi stati d’animo. Questi soggetti,
sentendosi incompresi, eviteranno, come reazione, di cercare il calore e l’affetto
mancante negli altri, considerati estranei al loro mondo.
Amici, non è facile
superare lo stato di deprivazione emotiva che colpisce il soggetto. Il
passo più difficile da fare è quello di prendere consapevolezza del proprio
problema, in quanto la difficoltà sta nel fatto che gli altri sono visti come
estranei, quasi dei nemici da tenere lontani! Questo rifiuto, in realtà, è una
forma di auto-sabotaggio, in quanto è la paura di essere delusi che porta a non
chiedere aiuto! Eppure è necessario farlo! Il soggetto deve necessariamente
trovare il coraggio di chiedere aiuto. A volte si può iniziare con una semplice
telefonata a un amico o un’amica, con cui iniziare ad aprirsi in maniera
sincera!
Cari amici, certamente aprirsi è difficile! È come
cercare di scalare una montagna, ma è necessario farlo! Altrimenti, una volta arrivati alla
consapevolezza del proprio male, solo il sostegno di uno psicoterapeuta può
trovare la giusta soluzione per raggiungere un certo miglioramento. Solo un
serio professionista è in grado di poter fornire gli strumenti giusti, capace di
sviscerare le cause profonde del malessere che ha generato questa patologica condizione.
Perché chiudersi definitivamente in sé stessi, sarebbe solo un “sopravvivere” e
non un vivere la propria vita!
A domani.
Mario
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