Oristano 25 novembre 2023
Cari amici,
La domanda che in tanti
ci poniamo è: qual è il tempo necessario alla degradazione, ovvero in quanto tempo i
rifiuti tornano, degradandosi, a tornare all’origine? Nella società odierna, be
nota per essere quella “dell’usa e getta” i rifiuti restano nell’ambiente con
tempistiche diverse. Si va dai 2 mesi per gli scarti di frutta ai 3 mesi del
cartone di latte, dai 20 anni della busta di plastica ai 450 anni del pannolino
e della bottiglie di plastica. Per la plastica, dunque, tempi lunghissimi, con
conseguente inquinamento del pianeta in terra e in mare.
Ormai gli studiosi
pensano che la plastica si è rivelata un vero fallimento, considerato l’irresponsabile
inquinamento che crea e che non accenna a trovare soluzione. Ebbene, se l’uomo ha fallito,
nell’inventare un prodotto che non riesce a smaltire, una grande mano pare gli verrà
dagli insetti: forse saranno loro, per esempio, le larve della “MOSCA SOLDATO NERA”
(Hermetia illucens), che digeriranno la terribile plastica riducendola e
trasformandola in prodotto riciclabile.
È proprio grazie ad uno
studio delle Università di Milano e Napoli, che si sono sperimentate nuove strategie
di bio-conversione delle plastiche attraverso i geni di batteri che risiedono nel
loro intestino. La scoperta, pubblicata recentemente su Microbiome, ha
stabilito che le larve di H. illucens sono efficienti agenti di bio-conversione,
come ha avuto modo di spiegare la professoressa Morena Casartelli, responsabile
del laboratorio di Fisiologia degli insetti e biotecnologie entomologiche del
Dipartimento di Bioscienze della Statale di Milano, che negli ultimi anni ha
studiato diversi aspetti della biologia e della fisiologia intestinale di
queste larve.
"Questi insetti
possono crescere su un'ampia varietà di rifiuti organici, scarti e
sottoprodotti della filiera agroalimentare, i quali vengono così
"bio-trasformati" in molecole di grande valore per diversi settori. Dalle
larve e dalle pupe è possibile produrre farine per la mangimistica, estrarre
proteine per la sintesi di bioplastiche e altri biomateriali utili nell'ambito
biomedicale, oli per la produzione di biocarburanti e, ancora, chitina e
peptidi antimicrobici", ha ribadito La professoressa Morena Casartelli.
Nello studio, le larve di
Hermetia illucens sono state allevate su polietilene e polistirene e la loro capacità
di degradare questi polimeri, dimostrata con spettroscopia NMR e microscopia
elettronica a scansione, è il risultato di specifiche funzioni possedute dai
batteri che risiedono nel loro intestino. Dall'analisi del microbioma
intestinale, ossia l'insieme del patrimonio genetico della comunità microbica
che risiede nel lume dell'intestino, sono stati ricostruiti circa 1.000 genomi
parziali di specie batteriche sconosciute ed è stato possibile individuare
diversi geni potenzialmente coinvolti nell'attività di degradazione delle
plastiche, come laccasi e perossidasi.
"Questo
lavoro", ha spiegato la professoressa Silvia Caccia, dello stesso gruppo di
ricerca dell'Università degli Studi di Milano, "dimostra
inequivocabilmente che le larve di H. illucens possono essere utilizzate come
"bioincubatori" per selezionare non solo consorzi di microorganismi
"plasticolitici" ma anche geni che codificano per enzimi in grado di
degradare le plastiche che possono essere espressi in forma ricombinante ed
evoluti per ottimizzarne la potenzialità biotecnologica. La plastica ora,
amici, ha un nemico in più che ci può dare una mano per mettere un freno
all’inquinamento del pianeta. E non è tutto.
Poiché nel mondo si stanno
sviluppando diversi allevamenti di Mosca Soldato, in Italia possiamo citare il
Biogest-Siteia, un centro di ricerca interdipartimentale dedicato al
miglioramento e alla valorizzazione delle risorse biologiche agro-alimentari
dell’Università di Modena e Reggio Emilia, oppure la Bef Biosystems, situata in
provincia di Alessandria, si è arrivati a fare un’ulteriore scoperta.
I grandi allevamenti di
mosche soldato, utilizzati per le diverse esigenze, sia di trasformazione dei
residui alimentari che quello prima detto della digestione della plastica, possono
essere un ottimo ingrediente per la produzione di plastica biodegradabile. La
grande mole creata dalle carcasse delle mosche soldato, morte dopo aver fatto
il lavoro, diventano un “sottoprodotto” degli allevamenti. Che fare dunque di
questa mole di carcasse che sarebbe solo un rifiuto? Servono, invece, a produrre
della plastica biodegradabile!
La plastica realizzata con
le carcasse delle mosche soldato è davvero molto interessante e ha delle
caratteristiche peculiari che di certo attirano l’attenzione. Ciò che rende
estremamente affascinante l’utilizzo delle carcasse di mosche soldato defunte
per la produzione di bioplastica è la presenza di chitina, un polimero a base
di zucchero noto per rafforzare l’esoscheletro di insetti e crostacei. Non è un
caso che i gusci di gamberetti, per esempio, siano stati precedentemente
sfruttati per la produzione di plastica biodegradabile. Inoltre, le carcasse
delle mosche soldato contengono una chitina di qualità superiore e, inoltre,
eliminano completamente le preoccupazioni legate alle allergie ai frutti di
mare. Da qui l’ispirazione di Karen Wooley, ricercatrice presso la Texas
A&M University, che sta attualmente conducendo test per sviluppare questa
innovativa plastica biodegradabile.
Cari amici, chi l’avrebbe
mai detto che per la lotta alla plastica avremo ingaggiato gli insetti tra cui le mosche? Indubbiamente
una scoperta molto importante, che magari in futuro potrà dare ulteriori,
positivi riscontri.
A domani.
Mario
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