Oristano 21 settembre 2023
Cari amici,
Il problema pensioni risulta
sempre più scottante. Dopo la riforma Fornero, tanti sono stati i tentativi
fatti per cercare di mitigare la mannaia caduta su tanti lavoratori, ma una
soluzione davvero accettabile (ovviamente conciliabile con il nostro disastrato
bilancio) non è stata ancora trovata. Si, la tanto attesa riforma delle
pensioni, ampiamente ventilata anche dal Governo in carica, non è ancora
arrivata. Ora, dopo la pausa estiva, questo problema serio tornerà sul tavolo
del governo, cercando le novità capaci di rasserenare gli animi.
Ebbene, una delle ipotesi
sul tappeto fa riferimento a un particolare modello pensionistico presente nel
Nord Europa: nei Paesi Scandinavi. Si, qui funziona un modello particolare per
lasciare il lavoro, ovvero una sorta di pensione part-time. Vediamo insieme come
funziona questo marchingegno. Trattasi di un modello che si prefigge
l'obiettivo di far uscire in anticipo chi è prossimo alla pensione, passando
dal full time al part time. Di conseguenza, una parte del lavoro, prima in carico
al lavoratore ormai pronto ad andare in pensione, viene svolta da un nuovo
assunto under 35.
In Norvegia e Svezia
questo sistema in atto consente una graduale riduzione dell'orario di lavoro per
chi lascia (che dura dai due ai tre anni), da qui il termine pensione part-time. Si tratta in realtà di una norma che si propone di raggiungere due obiettivi: il primo è quello di far
arrivare il lavoratore alla pensione in modo graduale, il secondo, invece, è quello di “formare” il giovane lavoratore, trasferendogli l'esperienza e le competenze del lavoratore anziano, col risultato di facilitare in questo modo il ricambio
generazionale.
In Svezia, ad esempio, i
dipendenti pubblici orami alle soglie della pensione, sono felici di staccare
gradatamente, continuando a lavorare almeno il 50% delle ore regolari, e
iniziando ad ottenere una pensione parziale. La richiesta per poter accedere a
questo tipo di gestione del lavoro è applicabile dal compimento dei 61 anni
fino al mese precedente a quello in cui i richiedenti compiono 65 anni. Nel
paese scandinavo, quindi, un dipendente pubblico potrà chiedere vari livelli di
pensione parziale (dal 10 al 50%). Ovviamente, quello che possiamo chiamare un “anticipo
di pensione”, sarà commisurato al numero delle ore non più lavorate, nelle
quali avrà iniziato a lavorare un elemento giovane.
Amici, quando non ci sono
soldi sufficienti per risolvere i problemi economici serve creatività. Ebbene,
stando alle voci che circolano con una certa insistenza anche il governo di Giorgia Meloni
pare intenzionato ad utilizzare questa diversa modalità pensionistica anche in
Italia, applicando almeno in parte quanto in vigore nei Paesi scandinavi. Ecco
come il meccanismo potrebbe funzionare in Italia. Il lavoratore che si trova
nei due anni precedenti la pensione (65 anni con previsione di pensione a 67)
concorderebbe l’uscita anticipata.
Nella prima fase il
lavoratore prosegue la sua attività in azienda in modalità part time al 50%; riceverebbe, pertanto, la metà dello stipendio dal datore di lavoro e metà dell’assegno
pensionistico, in anticipo rispetto alle tempistiche di pensionamento, dall’INPS,
in modo da non subire perdite consistenti di reddito. Durante questo periodo il
lavoratore è affiancato in azienda da un lavoratore giovane, che da lui viene formato
e che poi sarà assunto dall’azienda al suo posto; proprio per questo motivo si
parla di staffetta generazionale. Terminata
questa prima fase (e dunque anche l’addestramento del giovane lavoratore)
quello anziano smette di lavorare e va in pensione percependo il 100%
dell’assegno.
Chissà, amici, se la
politica italiana riuscirà, finalmente, nel campo pensionistico, a trovare la
quadra per il problema tanto atteso delle pensioni e dell’ingresso dei giovani
nel mondo del lavoro. Forse ha iniziato a muovere i necessari primi passi in
questa direzione, ipotizzando un nuovo percorso per accedere alle pensione e
allo stesso tempo creando le condizioni per diminuire la disoccupazione giovanile.
È questo un percorso che in realtà non è una novità assoluta (fu ipotizzato in
passato senza però arrivare all’applicazione), ma che ora potrebbe essere un
salvagente per il serio problema pensioni, capace di evitare i calcoli e le
decurtazioni previste da Quota 103 e Opzione donna. Sarebbe, però, da valutare il
problema relativo alle piccole e medie imprese, maggiormente in difficoltà per
quanto riguarda la flessibilità sul lavoro.
A domani.
Mario
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