Oristano 25 dicembre 2022
Cari amici,
Oggi è il giorno di
NATALE, un giorno straordinario, nel quale celebriamo la nascita del nostro Salvatore,
Gesù Cristo. Figlio terreno di una madre scelta da Dio, il grande costruttore
dell’Universo, di una grandezza infinita, ci detta le regole della nostra vita! Ebbene amici, nel fare gli AUGURI a
tutti Voi, oggi colgo l’occasione per riportare un piccolo frammento del mio
libro “MARIEDDU”, storia della mia infanzia di "figlio della guerra", storia della
mia prima formazione, dove mia madre ha avuto un ruolo straordinario, da grande
protagonista. Ecco come la voglio ricordare. Mario.
Quand’ero ancora un
ragazzo mi piaceva molto questa poesia: “Non sempre il tempo la beltà
cancella o la sfioran le lacrime e gli affanni; mia madre ha sessant'anni, e
più la guardo e più mi sembra bella! Oggi che è NATALE è con grande
commozione che nella mia mente e nel mio cuore affiorano i ricordi del passato,
e rivedo la mia dolce mamma che, senza mai mollare, seppure carica di problemi, ha svolto nei miei confronti il suo
ruolo di mamma in maniera straordinaria. Se oggi sono quello che sono, è merito suo: è lei che
mi ha costruito, pezzo per pezzo! Oggi mi rivedo nella nostra povera casa
insieme a lei: io ragazzo esuberante e lei, sempre con il sorriso sulle labbra
nonostante le fatiche, a seguirmi ed educarmi. Sono certo che anche oggi Lei è
accanto a me e da lassù mi sorride come una volta, quando guardandomi con immenso amore, mi insegnava a vivere
nel modo giusto. Ecco per Voi, amici, un frammento del mio libro, dove parlo di
lei.
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Vestivo di blu… (non alla marinara) all’atelier di una
donna straordinaria: mia madre.
Questo è
l’ultimo dei “flash” estrapolati dalla ‘cassaforte’ dei miei ricordi. Ricordi
che, per le ragioni esposte nell’Introduzione al racconto, ho voluto rendere
pubblici mettendoli per iscritto, “nero su bianco”, nella speranza che possano
essere utili a qualcuno dei giovani di oggi. Quest’ultimo ‘fotogramma’ è
dedicato alla donna più straordinaria della mia vita: mia mamma.
Questo piccolo
diario di “ricordi” è dedicato ad entrambi i miei genitori, come potrete osservare
dalla dedica, aprendo questo libro. Babbo e mamma sono stati per me un esempio
straordinario e su di Loro ho sempre potuto contare. Entrambi hanno avuto,
nella costruzione del mio Io, un grande impatto positivo: di diverso tenore e spessore,
però. Le due figure incidevano entrambe, certamente, nella mia formazione
ma l’intensità era diversa. Mi padre, figura
di uomo dedito al lavoro, incapace di lasciarsi andare a compromessi,
rappresentava per me una sicurezza: avrebbe dato la vita per noi, senza esitare.
Mia madre, per
mille ragioni, era diversa. Mentre mio padre badava al sodo, cercava di
garantirci quanto necessario per vivere meglio, mia madre cercava di utilizzare
tutto questo nel modo migliore. Se potessimo ridurre, semplificare la loro
funzione e le loro capacità, potrei usare questi due termini: Quantità
e Qualità. che ora, in quest’ultimo ricordo, che chiamo le mie
“Conclusioni Finali”, Mio padre preoccupato di garantirci la maggiore quantità
di benessere possibile, mia madre, invece, capace di plasmare queste risorse,
elaborandole e rendendole fruibili nella maniera migliore, nel modo più
consono.
Lei gestiva
il bilancio familiare in maniera esemplare. La casa era una ‘piccola azienda’
dove non vi erano sprechi di alcun tipo: tutto andava utilizzato e reso
produttivo. L’ampio orto retrostante l’abitazione era sempre coltivato a
dovere. Dalle patate alle cipolle, dall’aglio al sedano, tutto era di
produzione familiare. Il forno a legna garantiva la cottura del pane, il
pollaio l’approvvigionamento della carne e delle uova, l’allevamento del maiale
la provvista degli insaccati e delle carni rosse.
Ci teneva
molto a farci mangiare in modo vario: i pasti, di giorno in giorno, erano
predisposti in modo che fossero sempre variati e di nostro gradimento. Non
mancavano in casa gli alberi da frutto: nel cortile mandorli, susini, cotogni e
fichi; neanche l’uva mancava. Sia nel cortile davanti alla casa che nella parte
retrostante, dei grossi ceppi di vite ci regalavano, sapientemente curati, dei
dolci grappoli sia di uva bianca che nera. Amava moltissimo i fiori mia madre:
li piantava dappertutto e li coccolava come figli. Ampia la varietà dei fiori che
colorava il cortile ma con una buona prevalenza di rose, di ogni colore e
varietà.
Si alzava
presto la mattina, molto prima di mio padre che doveva andare al lavoro. Iniziava
predisponendo quanto necessario per la colazione di tutti, poi iniziava l’iter
giornaliero: pulizie, cucina, cura degli animali da cortile, orto e
quant’altro. Una volta che restava sola in casa (babbo al lavoro e noi a
scuola) continuava con buona lena la sua lunga giornata. Usciva solo per le
necessità legate ad acquisti o per andare a casa dei suoi genitori (i mei nonni
abitavano con le mie due zie nubili).
Sapeva fare
di tutto. Con la macchina da cucire realizzava sia gli abiti per sé che la gran
parte dell’abbigliamento per noi, oltre che la biancheria per la casa.
Possedeva anche l’attrezzatura per riparare le scarpe: era capace di
risuolarle, ricucirle e rinnovare i tacchi consumati. Anche sui mobili non
aveva timore ad intervenire. Sapeva sostituire le parti danneggiate di
credenze, tavoli e sedie; queste ultime venivano di tanto in tanto rinnovate
anche riverniciandole e sostituendo il fondo in paglia. Credo che non riuscisse
a stare, mai inattiva (credo di sapere con certezza le origini del mio iperattivismo),
salvo le poche ora del riposo notturno.
Alla fine
dell’inverno ritinteggiava le pareti che avevano tracce di umidità, utilizzando
la calce ed i colori ad acqua che miscelava con grande perizia. Nel cortile,
coperta da una grossa lamiera, vi era un’apposita fossa dove veniva “spenta” la
calce viva, utilizzata, poi, per tutte le riparazioni. Aveva imparato bene
anche a tingere le stoffe. Quest’ultima “arte” si era resa necessaria per
quanto ora sto per raccontarvi.
Mio padre,
come dipendente dell’Anas, aveva diritto ogni anno alla dotazione del vestiario
“di servizio”. Dotazione che consisteva in 4 abiti completi (due estivi e due
invernali), maglioni, camicie, cravatte, calze, scarpe e quant’altro, compresi
un impermeabile ed un cappotto. Nel periodo che la nostra famiglia affrontava
le maggiori spese (quanto studiavamo ad Oristano) si doveva risparmiare “al
massimo” e una delle soluzioni adottate fu quella di studiare come “riciclare”
una parte di questo vestiario. Mio padre, del resto, non abbisognava di tutta
questa mercanzia: mamma, con grande attenzione e con qualche adeguata
riparazione, riusciva a far durare per due anni ed anche di più le divise del
babbo e, le ‘nuove’, venivano poi da Lei, in modo intelligente, adattate e
trasferite a me ed a mio fratello.
La Sua
capacità sartoriale era eccellente. Smontava le divise, giacche, pantaloni, le
camicie ed i cappotti. Essendo tutte queste stoffe di colore verde aveva
studiato come modificarne il colore, in modo appropriato. Utilizzando delle
tinture a caldo riusciva a trasformare quel ‘verde marcio’ in un bel blu o nero.
A tintura finita e dopo un bel lavaggio, apportava le giuste modifiche per
adattare alle nostre misure l’abbigliamento recuperato che, come d’incanto, si
trasformava in abiti normali, nuovi di zecca! L’unica remora era che il colore
non poteva variare di molto: partendo dal verde le varianti potevano essere
solo due: blu e nero. Lei preferiva tingere soprattutto in blu, per i ragazzi
era un colore più vivo più fresco. Inverno ed estate il blu mi accompagnava
sovente. Calzoni lunghi o corti, maglioni e giacche, camicie e calze: tutto
rigorosamente con le varie tonalità del blu.
Ripensando a
queste cose la commozione mi assale ancora. Vorrei che a leggere queste righe,
fossero dei giovani di oggi. Giovani che vivono, certo, anche le grandi ansie e
le incertezze circa il loro futuro: mancanza di lavoro, di solidarietà, di un
futuro di speranza. Ma non debbono rassegnarsi: per mantenere il benessere di
oggi dovranno darsi da fare, combattere, come abbiamo fatto noi. Noi, figli di
una guerra che ci fece crescere mancanti di tutto, siamo cresciuti con non
pochi sacrifici ma guardando avanti, senza timore. Sono certo che anche i
giovani di oggi, se lo vogliono possono farlo, senza rassegnazione ma con una
grande speranza. Grande come quella che noi abbiamo avuto. Imparino che nessuno
regalerà loro niente: dovranno conquistarselo!
Abbiate
fiducia! Non vi abbandoni mai la speranza. Ve lo dice, col cuore, un “ragazzo”
che vestiva forzatamente di blu, non “alla marinara”, come un romanzo ben più importante di
questo titolava anni fa.
Mario.
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BUON NATALE A TUTTI VOI,
CARI AMICI!
Mario
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