venerdì, maggio 17, 2019

SINDACATI IN AGONIA: I LAVORATORI NON SI SENTONO PIÙ RAPPRESENTATI. LANDINI PER FRENARE L’EMORRAGIA FA PROPOSTE DI UNIFICAZIONE.


Oristano 17 maggio 2019
Cari amici,
I corsi e i ricorsi della storia! C’era una volta lo schiavismo e poi, lentamente ma inesorabilmente, “la classe operaia è andata in paradiso”, condizionando senza sé e senza ma le politiche del lavoro, con in testa un’intera classe operaia che aveva adottato la CGIL come insostituibile madre, così potente da avere più forza dello stesso Parlamento. Poi i tempi sono ancora cambiati, e non certo di poco!
La storia insegna che nulla è durevole, che alle vacche grasse seguono le vacche magre e viceversa. Anche per il sindacato risulta che stia succedendo la stessa cosa. Ieri potentissimi, considerato che avevano un diritto di veto su tutto (senza la loro approvazione nulla poteva cambiare nel mercato del lavoro), oggi invece con un potere minimo, in quanto ridotto al lumicino, complici anche la litigiosità interna, le divisioni, l’individualismo e la guerra tra poveri (la lotta interna tra le diverse categorie).
Si è passati, insomma, da un sindacato troppo potente che ha rappresentato un forte elemento di squilibrio nella dinamica dei poteri in una democrazia rappresentativa, ad uno troppo debole, che è apparso ai lavoratori iscritti incapace di difenderli, in quanto altri, addirittura esponenti del governo, sono apparsi difensori migliori delle loro esigenze. Nel recente sondaggio condotto presso l’Università di Padova dall’équipe coordinata dal docente di Sociologia dei processi economici, sono apparse molte crepe.
Alla domanda «Se il sindacato non ci fosse, le cose in Italia andrebbero meglio o peggio?», la maggioranza ha risposto di ritenere il sindacato ininfluente, in quanto convinta che oggi esso conti poco, sia nell’industria che negli altri settori. Insomma, gli stessi iscritti, ormai, non si sentono sufficientemente tutelati. In cifre, il 76,2 per cento è convinto che il sindacato ormai non sia più in grado di incidere sulle scelte più importanti per la società e per l’azienda in cui essi lavorano. Nella struttura sindacale è convinzione che, in realtà, manchi oggi quello ‘spirito di corpo’ che ieri, invece, rappresentava il collante ideologico che dava forza al singolo, in quanto parte di un gruppo coeso, rappresentato proprio dal sindacato.
Lo studio ha rivelato che la presenza sindacale rimane abbastanza forte nel pubblico impiego, per sua natura più stabile in quanto non esposto al rischio di licenziamento. Ma lo è anche là dove mercato e concorrenza sono più forti, come nelle aziende dinamiche, internazionalizzate e innovative. Questo a conferma che, un sindacato moderno, aperto, aggiornato, può ancora svolgere un ruolo fondamentale nel disegnare il nuovo welfare, nel trattare con le aziende accordi che consentano una ricaduta vantaggiosa sui territori e i distretti.
In passato, amici, la difesa del salario e il suo aggancio al costo della vita era il primo obiettivo da raggiungere, mentre attualmente il salario risulta essere una variabile abbastanza indipendente. Oggi contano molto di più i servizi offerti, le assicurazioni, le facilitazioni alle famiglie, il ruolo sociale dell’impresa. È in questa nuova chiave di lettura che il sindacato può ridiventare protagonista e recuperare la centralità perduta. È stato preso in esame nel sondaggio anche il rapporto con i partiti, che è risultato abbastanza variegato.
Il sondaggio, pur non avendo chiesto agli iscritti ai sindacati le preferenze politiche, ha comunque indagato sulle vicinanze. La collocazione dei lavoratori dipendenti italiani è risultata, in percentuale, per il 18,4 per cento nell’area di centrosinistra; percentuale in declino, anche se ancora resiste nell’industria; il 25,5 per cento risulta collocata nel centrodestra, in aumento rispetto alla rilevazione del 2015, mentre il 3,4 per cento risulta schierato al centro.
Cari amici, in quest clima di sfiducia, dopo una lunga e faticosa trattativa, quest’anno per il 1° maggio, si sono ritrovati sullo stesso palco, a Bologna, i 3 leader sindacali: Barbagallo, Landini e Furlan. Sul tavolo anche la proposta del leader Landini di rilanciare alla grande, tutti e 3 insieme, l’unità sindacale sotto forma di “Unificazione”. Per farlo davvero, però, due sono le strade possibili da seguire. Quella «bassa» che prevede una commissione interconfederale che fissi le regole di una unificazione a tappe, inevitabilmente una via lunga e burocratica; quella «alta», invece, capace di legare il processo unitario alla competizione con il populismo imperante, per riappropriarsi in pieno della rappresentanza dei lavoratori, oggi di fatto in condominio con i partiti di governo, che raccolgono tra gli operai molti più consensi che nella media dell’elettorato.
Landini, almeno a parole, sembra scommettere su questa seconda ipotesi, tanto che, per contrastare Di Maio, che vestito da Aladino aveva promesso con un gioco da prestigiatore di poter riuscire in un sol colpo a tagliare il cuneo fiscale e introdurre il salario minimo, ha seccamente replicato dal palco di Bologna: «Il cambiamento siamo noi».
Amici, come accennavo in premessa, la storia è fatta di corsi e ricorsi, e il futuro, anche per il sindacato, risulta in sofferenza, appare purtroppo sempre più nebuloso! Chissà cosa vedremo quando la nebbia lascerà spazio alla chiarezza della luce...
A domani.
Mario



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