Oristano 12 maggio 2019
Cari amici,
Incredibile ma vero:
siamo famosi nel mondo come grandi ed eccellenti produttori di vino, ma siamo
anche, quanto a numero di birrifici, abbastanza attivi anche in questo settore, essendo quarti in Europa! La birra, la seconda
bevanda alcolica più bevuta al mondo ha conquistato alla grande anche l’Italia.
Un consumo, quello della bionda e spumeggiante bevanda, che continua di anno in
anno a raggiungere mete sempre più alte, arrivando nel 2018 a traguardi prima
impensati.
La storia della birra in
Europa ha origini antiche. Dopo la caduta dell’impero Romano e la successiva
cristianizzazione che cancellò il paganesimo, si diffusero in tutta Europa numerose
strutture conventuali formate dai monaci. A diffondere la birra, iniziando nel Nord Europa e poi a macchia d'olio nel resto del continente, furono alcuni monaci
irlandesi. Nell’anno 1000 d.C. la fabbricazione della birra, grazie alla loro inventiva, subisce un’importante, ulteriore evoluzione, passando dalla produzione casalinga a
quella artigianale e poi industriale.
L’importante figura del
Mastro Birraio, era in quei tempi riverita e venerata, paragonata a quella di un medico! In realtà in quel periodo fu proprio la birra a salvare migliaia di persone dalle
ricorrenti epidemie, in considerazione della mancata purezza dell’acqua che non sempre era
garantita e che, di conseguenza, causava infezioni anche abbastanza gravi; in quel contesto la birra era praticamente l’unica bevanda igienicamente più sicura.
La birra, dunque, usata come un vero e proprio medicinale, a cui erano attribuiti poteri terapeutici e medicamentosi. Essa, per esempio, veniva somministrata ai convalescenti come ricostituente, alle partorienti affinché producessero più latte, oltre che indicata per migliorare la digestione e la circolazione del sangue.
La birra, dunque, usata come un vero e proprio medicinale, a cui erano attribuiti poteri terapeutici e medicamentosi. Essa, per esempio, veniva somministrata ai convalescenti come ricostituente, alle partorienti affinché producessero più latte, oltre che indicata per migliorare la digestione e la circolazione del sangue.
In Italia nel Medioevo a
produrre con grande capacità questa bevanda, furono i monaci dell’Abbazia di
Montecassino. Tra quelle antiche mura si può dire che nacque una produzione birraria che
potrebbe essere definita quasi “industriale”; i monaci infatti abbandonarono l’impiego
del tino in coccio e iniziarono ad usare i recipienti in rame, metodo che consentiva
una produzione di una birra con caratteristiche organolettiche nettamente superiori
e di miglior gusto. Di anno in anno, di produzione in produzione, la
fabbricazione della birra subì non poche variazioni, adattamenti e aggiunte di
componenti.
I monaci della Baviera,
per esempio, introdussero un nuovo sistema di fermentazione della birra, aggiungendo anche, in
seguito, altri componenti come il luppolo (dovuto a Suor
Hildegard von Bingen), in grado di migliorare la conservazione della bevanda, oltre
ad una miscela di erbe aromatiche e bacche, come mirto, ginepro e rosmarino.
Nel 1516 fu Guglielmo IV di Baviera a
regolamentare la corretta preparazione della birra, emanando l’editto Reinhetsgebot (che tradotto significa
“editto della purezza”), con il quale si obbligavano i maestri birrai bavaresi ad
utilizzare soltanto acqua, luppolo e malto d’orzo per la preparazione della
birra.
L’industria della birra
si espanse fino al XVI secolo, quando, in seguito alle guerre religiose, le
pesanti tassazioni fecero crollare considerevolmente i consumi di questa
bevanda. La ripresa avvenne a partire dal XVIII secolo, quando le tassazioni
meno gravose e le migliori tecniche di lavorazione ne abbassarono considerevolmente
i costi, migliorandone nel contempo la qualità.
Ebbene, amici, passando
ai nostri giorni possiamo dire che l’Italia in questo campo ha fatto davvero passi da
gigante. Oggi l'Italia è posizionata al 4° posto in Europa come numero di
birrifici. Il dato (relativo al 2016) emerge dal report 2018 realizzato da Unionbirrai in collaborazione con
l'Università degli studi di Firenze-ObiAr (Osservatorio permanente sulla birra
artigianale). L'analisi di mercato ha quantificato che in Europa il numero dei
birrifici attivi (dato sempre riferito al 2016) era pari a 8.490 unità, con in
testa il Regno Unito (2.250 unità), seguito da Germania (1.408) e Francia
(950).
L'Italia, dunque, titolare di
un grande numero di birrifici: tanti certamente, ma evidentemente di piccole
dimensioni, in quanto se ci si riferisce ai dati sulla produzione, la musica
cambia. Seppure i dati di produzione e consumo nel nostro Belpaese appaiano in
crescita, mancano però "i colossi della produzione". L'Europa, infatti,
con 400,2 milioni di ettolitri nel 2016, risulta essere il secondo maggiore
produttore mondiale di birra subito dopo la Cina (497,8 mln di ettolitri).
L'Italia ha contribuito nel 2016 alla produzione europea con 14,5 milioni di
ettolitri, posizionandosi al decimo posto tra tutti i Paesi europei.
L’analisi riferita ai
consumi, invece, evidenzia che la domanda interna europea di birra ha superato
nel 2016 i 359 mln di ettolitri. Tra i Paesi europei il primato dei consumi
totali, come evidenzia il Rapporto Unionbirrai,
è detenuto dalla Germania con 85,5 mln di ettolitri, seguita dal Regno Unito
(43,7 mln di ettolitri), dalla Spagna (38,6 mln di ettolitri), dalla Polonia
(37,9 mln di ettolitri), dalla Francia (21,3 mln di ettolitri), dall'Italia (al
sesto posto con 18,9 mln di ettolitri), dalla Repubblica Ceca (15,9 mln di
ettolitri) e dalla Romania (15,8 mln di ettolitri).
Come consumo annuo pro capite in testa c'è la Repubblica
Ceca con 143 litri, seguita dalla Germania (104 litri/pro capite), dall'Austria
(103 litri/pro capite), dalla Polonia (98 litri/pro capite), dalla Lituania (88
litri/pro capite) e dall'Irlanda e dalla Romania (entrambe 80 litri pro
capite). L'Italia si attesta al trentesimo posto con 31 litri/pro capite.
Cari amici, come si può vedere anche
in Italia il consumo di birra cresce, in particolare nelle fasce di età più
giovani. Tanti, come detto i birrifici artigianali, piccoli ma specializzati in
produzioni di nicchia, come è dimostrato anche dalla produzione nella nostra regione sarda, la
cui ultima pubblica esibizione è stata il “Bosa
Beer Fest 2019”, del 24 aprile scorso. Credo che se i giovani continuano a passare
(si spera bevendo con moderazione) dal vino e dagli alcolici forti alla birra, la
nuova tendenza non sia poi così spiacevole.
Grazie, amici, a domani.
Mario
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