giovedì, aprile 04, 2019

TRA LE REGIONI EUROPEE LA SARDEGNA CONTINUA A STARE TRE LE ULTIME: AL 220 POSTO TRA 312.


Oristano 4 APRILE 2019
Cari amici,
Ormai ci siamo addirittura abituati. Abbiamo smesso anche di protestare, alzare la voce, urlare, sbraitare; a noi sardi quasi non importa continuare a restare al palo, tra gli ultimi. Saranno sicuramente stati i molti secoli di dominazione, l'aver subito il giogo straniero per troppi anni, ma qualunque sia stata la causa, "fare gruppo", squadra, lottare insieme per un obiettivo, non è, purtroppo, mai stato il nostro forte. Ecco perché la Sardegna, la nostra amata isola, continua ad essere "pane per chi lo vuole", ovvero una vera e propria cenerentola in Italia e in Europa.
Ad affermarlo sono le ultime statistiche Eurostat, che collocano la Sardegna al 220° posto sulle 312 regioni che compongono l’Europa. Ci siamo abituati a stare sempre in fondo alla classifica, perennemente in zona retrocessione, senza nemmeno provare a salire di un gradino, cercare quella piccola soddisfazione che si prova a salire almeno un po’ di livello; insomma, cercare di allontanarci da quell’acqua alla gola che può inghiottirci da un momento all’altro, in pratica rassegnati come di fronte ad un destino ineluttabile. Anche qualche altra regione, nel Meridione d'Italia, ha comportamenti che assomigliano al nostro, e, parlando di Stati, sono in nostra buona compagnia Paesi che in passato hanno avuto periodi luminosi, come Grecia, Spagna e alcuni Paesi dell’Est europeo.
Le statistiche, elaborate da Eurostat e basate sui dati 2017, seppure nelle cifre modeste evidenzino nell’isola un timido aumento del PIL pro capite (circa 300 euro annui a cranio, per un totale di 500 milioni di euro), gli altri competitors vanno a velocità ben più sostenuta, mentre noi non riusciamo a salire in classifica nemmeno di una posizione minimale. 
Cercando di spulciare tra i numerosi dati, si può rilevare, per esempio, che da noi la ricchezza prodotta pro capite ammonta a 20.600 euro, contro una media nazionale di 28.500, e una media UE di ben 30.000 euro; questo ci colloca nel triste girone delle regioni da assistere, quelle “in ritardo nello sviluppo”, e quindi ri-collocate fra quelle che in passato erano poste nel così detto “Obiettivo 1”.
E non è tutto, in quanto ci sono altri dati ben più pesanti e pericolosi, a partire da quello sulla disoccupazione, anch’essa ben più alta di quella della media europea. Riferendoci anche al 3° trimestre del 2018 questa si attesta al 11,2 per cento, ben 3 punti più alta della media europea. La risultante è che il 29 per cento degli abitanti della Sardegna è a rischio povertà, contro una media nazionale del 20 per cento e una europea del 17. Rimediare a questa situazione, cercare di diminuire il gap che ci tiene lontani dal resto d’Italia e dall’Europa, non sarà né semplice né facile.
La difficile “rinascita” dell’Isola sarà possibile solo attraverso un concreto piano di investimenti pubblici, un abbassamento delle tasse per cittadini e imprese, un forte sostegno portato nel campo culturale, considerato anche che l’Isola ha un abbandono scolastico fra i più alti d’Italia e d’Europa. Nella fascia tra i 30 e i 34 anni, il tasso dei laureati è appena del 23 per cento, molto basso se pensiamo che Cipro, per esempio, ha una percentuale del 55 per cento. Che dire poi del crescente esercito dei NEET (acronimo di Not Engaged in Education, employment or Training), ovvero di quei giovani che non studiano, non si formano e non cercano lavoro?
In un ipotetico confronto, limitato anche alle isole che sono presenti nel mediterraneo, anche qui la Sardegna non brilla, collocandosi agli ultimi posti. A Malta il tasso di disoccupazione è del 4,3 per cento, in Corsica al 9,3 per cento, vicini al nostro dato solo Cipro (all’11,3 percento) e le Baleari (al 12,5 per cento). Sempre in riferimento alle altre isole, la Sardegna risulta perdente anche nel campo dell’istruzione. Il numero dei laureati nella fascia 30/34, nelle Baleari è del 40 per cento, a Malta del 33 e a in Corsica del 32 per cento.
Cari amici, i dati suesposti avrebbero impensierito chiunque, non tanto per la situazione del presente, quanto per il possibile futuro dei nostri giovani, che, in queste condizioni, continueranno a lasciare la Sardegna, incrementando quell’emorragia di abbandoni che sta spopolando sempre di più la nostra isola. Ho già avuto modo di scrivere su questo blog della possibile estinzione dei nostri centri dell’interno, della mancata valorizzazione del nostro grande patrimonio (storico, culturale, di tradizioni, e di quant’altro), che invece, opportunamente qualificato, potrebbe creare quell’inversione di tendenza che potrebbe cambiare la vita di oggi, ma soprattutto quella delle generazioni future.
Arrendersi alle difficoltà credo sia la cosa peggiore da fare! Se vogliamo davvero bene alla nostra terra, allora dobbiamo lottare per cercare di invertire questa malevola tendenza: se vogliamo, ripeto ancora una volta, possiamo farcela. Solo, però, se lottiamo tutti uniti, chiedendo a gran forza che ci venga riconosciuta pari dignità, pari uguaglianza e rispetto, in reale uguaglianza con le altre regioni e gli altri cittadini italiani; i sardi non possono e non debbono essere ancora considerati cittadini di serie B! La soluzione è una sola: restare uniti, insieme, senza perdersi in mille rivoli. Solo facendo squadra, si può vincere la battaglia!
Cari amici, abbiamo di recente rinnovato il Consiglio regionale ed eletto un nuovo Presidente, che afferma di essere non solo sardo ma orgoglioso di esserlo. Lui può, per primo, avviare la giusta battaglia del riconoscimento delle nostre necessità, ormai improrogabili, a partire dalla nostra dignità di popolo, che non deve più mendicare quell'uguaglianza che gli spetta di diritto! Tutti noi dobbiamo, però, sostenere le battaglie che verranno intraprese, perché quanto dovuto ci venga riconosciuto come diritto, non come obolo, come elemosina! I sardi sono italiani a pieno titolo, cittadini e non sudditi.
Vedremo se ne saremo capaci.
A domani.
Mario

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