Oristano
16 Ottobre 2018
Cari amici,
Ormai chi ci fa più
caso? Il codice a barre è diventato qualcosa di ovvio, di scontato, in quanto
abbiamo dimenticato tutto quello che succedeva prima. Ora, una volta all’interno
del supermercato e messo uno dei tanti prodotto nel carrello, è così semplice
puntare il lettore sul prodotto e vedere subito apparire sia il nome che il
prezzo. Si, ormai nessuno ci fa più caso a quella sequenza di righe bianche e
nere affiancate da numeri, che ha rivoluzionato il nostro modo di fare gli acquisti.
Ebbene, amici, questo ingegnoso sistema che ha enormemente rivoluzionato il
mercato ha giusto compiuto 70 anni, anche se il suo vero uso commerciale di
massa è più recente: risale al 1974.
L'idea di semplificare con
l’automazione le operazioni di cassa, nacque infatti negli Stati Uniti nel
1948. Norman Joseph Woodland e Bernard Silver, rispettivamente professore e
studente al Drexel Institute of Technology di Philadelphia, ricevettero l’incarico,
da parte di un'azienda alimentare, di studiare il modo di automatizzare le
operazioni di cassa per velocizzarle. Il lavoro portato avanti dai due diede i
frutti sperati e nel 1952 il sistema da loro concepito fu brevettato.
Il concreto utilizzo di
massa, però, iniziò nel 1974 e da allora si è diffuso in tutto il mondo. Ma in
cosa consiste esattamente questo codice? Esso non è altro che una rappresentazione
ottica, leggibile da una macchina, di dati che 'descrivono' un oggetto. L'idea
iniziale era di creare delle semplici 'etichette' leggibili da un fascio di
luce. Ma per avere un lettore realmente funzionante si è dovuta aspettare
l'invenzione del laser e del suo tipo di luce. Solo nel 1974, infatti, fu
possibile migliorare il sistema, tanto da poterlo immettere sul mercato.
Il suo primo utilizzo
avvenne il 26 Giugno del 1974, alle 08.01, in un negozio di alimentari degli Stati
Uniti, per vendere un pacchetto di gomme. Da allora ha avuto una diffusione
inarrestabile e oggi risulta fondamentale in moltissimi settori industriali,
dalla produzione fino alla distribuzione. Col tempo ha subito diverse modifiche e aggiornamenti. Nuove versioni del
codice a barre sono in continuo sviluppo, come i QrCode o gli Rfid, e il
prossimo passo potrebbe essere rappresentato dai codici 3D, dei veri e propri
ologrammi in cui racchiudere una grande quantità di informazioni. Versioni
'miniaturizzate' stanno facendo il loro ingresso anche nel mondo della medicina
e delle nanotecnologie, per marcare cellule tumorali o farmaci per capire se
hanno colpito il loro bersaglio.
Si, amici, nonostante i
suoi 70 anni di vita da quando è stato ideato, il codice a barre non è ancora
pronto per andare in pensione.
«Quella del codice a barre è una tecnologia molto vecchia, che ha conosciuto una diffusione enorme grazie al suo basso costo e semplicità», ha commentato Antonio Capone, docente di Telecomunicazioni del Politecnico di Milano. «Si basa – ha proseguito - su un pezzo di carta con una stampa, un meccanismo di gestione per la generazione di codici numerici e un sistema per immagazzinare le informazioni per catalogare gli oggetti».
«Quella del codice a barre è una tecnologia molto vecchia, che ha conosciuto una diffusione enorme grazie al suo basso costo e semplicità», ha commentato Antonio Capone, docente di Telecomunicazioni del Politecnico di Milano. «Si basa – ha proseguito - su un pezzo di carta con una stampa, un meccanismo di gestione per la generazione di codici numerici e un sistema per immagazzinare le informazioni per catalogare gli oggetti».
Oggi però, come
accennato, sono già in essere nuove versioni del codice a barre, che continua
ad essere aggiornato in continuazione; oggi ci sono i QrCode, codici
bidimensionali che consentono di inserire molte più informazioni, e gli Rfid ,
che raccontano anche la storia del prodotto e la filiera, codici sempre più
diffusi nel mondo dei farmaci, della moda o nei prodotti Doc. Queste etichette
intelligenti hanno scopi diversi rispetto al codice a barre, che dice solo il
prezzo. E non è finita.
L’ultima trasformazione
che si prepara a vivere il codice a barre vede protagonista l’internet delle
cose. «Il prossimo passo saranno gli oggetti intelligenti – conclude il
dottor Capone - con dentro un chip sempre acceso, in grado di dialogare tra loro e
scambiarsi informazioni. Il codice a barre è stato il primo esempio di qualcosa
che ci comunicava informazioni facilmente e permetteva comunque all’uomo di
intervenire se la macchina non funzionava. Con questi oggetti intelligenti c'è
invece un completo affidamento alla macchina».
Che dire, amici,
continuando di questo passo l’uomo starà solo a guardare? Ma se faranno tutto le macchine, l'uomo salirà sulla montagna e passerà in tempo meditando? Chissà!
A domani.
Mario
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