venerdì, luglio 01, 2022

SARDEGNA SCARAMANTICA: A BIDONÌ C’È IL MUSEO “S’OMO ‘E SA MAJARZA”, DEDICATO ALLA STREGONERIA, ALLE JANAS E AGLI ESSERI FANTASTICI DELLE LEGGENDE DELLA SARDEGNA.


Oristano 1° luglio 2022

Cari amici,

Oggi è 1° Luglio. Voglio iniziare i post del mese parlando dei nostri piccoli centri, quelli che rischiano sul serio lo spopolamento e l'estinzione. Ne parlo per ricordare il passato e le nostre tradizioni, ancora vive nei centri dell'interno della Sardegna. Ecco la bella storia di un curioso museo. Sulle rive del lago Omodeo nella nostra antica terra sarda c’è un piccolo paese di poco più di 150 anime: Bidonì. Questo piccolo agglomerato di case ha una storia antica, confermata da una scoperta eccezionale avvenuta negli ultimi anni: il ritrovamento di un tempio romano dedicato a Giove nel vicino monte Onnariù. Questo fatto, di notevole importanza storica, ha confermato le leggende che già circolavano su questo luogo: quel monte, infatti, da tempo immemorabile era considerato “Sacro”, ovvero un luogo non solo terreno, ma abitato da forze ultraterrene. E il recente ritrovamento del tempio romano ne è ora la prova!

L’aura sacrale di questo monte col passare del tempo ha alimentato riti e culti magici, esoterici, impregnati anche di stregoneria; gli anziani raccontano di storie, tramandate oralmente di padre in figlio, circa la presenza di un grande tesoro, sepolto nel lontano passato nel monte e mai più portato alla luce; una leggenda forse retaggio di quel tempio pagano eretto a Giove, dio dell’Olimpo, poi rinnegato e ripudiato dal successivo avvento del Cristianesimo nell'Isola. Insomma, Bidonì potrebbe essere sorto proprio su quell'antico luogo sacro, strettamente legato al culto degli dei pagani, praticando particolari riti sopravvissuti, nella cultura popolare, anche dopo l’avvento nell’isola della cristianizzazione.

Col trascorrere del tempo, in questo borgo lacustre la cultura popolare ha continuato, infatti, a venerare quell’antico monte, approfondendo la conoscenza dei luoghi anche con accurati studi sull’esoterismo in Sardegna; ciò ha consentito di mettere insieme un ricco patrimonio culturale, che intreccia medicina naturale e devozione, mondo magico e storia. Per mettere insieme questo ricchissimo patrimonio culturale a Bidonì è sorto uno straordinario museo, unico nel suo genere, al quale è stato dato il nome de “S'Omo 'e sa Majarza” (La casa della strega), posto nella sede del vecchio Municipio appositamente ristrutturato; un museo particolare, dedicato alla stregoneria, alle Coghe e alle Janas, agli amuleti ed ai riti scaramantici, tramandati da millenni di generazione in generazione.

Sebbene non sia semplice mettere insieme tematiche così diverse, chi visita questo museo riesce comunque a compiere un viaggio curioso in questo complesso universo esoterico, denso e seducente. Per illustrare al meglio le varie sezioni tematiche, il museo è stato suddiviso in varie sezioni che analizzano l’esistenza di figure dedite alle arti magiche e alla loro diffusione capillare nelle Comunità contadine; arti vissute nella convinzione dell’esistenza del soprannaturale, da vivere come necessaria integrazione del quotidiano anche attraverso l’utilizzo degli amuleti, delle formule magiche e degli antichi riti tramandati dalla tradizione orale.

Durante la visita al museo, l’impatto forte che colpisce il visitatore è dato dall’allestimento dedicato a Julia Carta: una strega, secondo il Vaticano, tenuta prigioniera tra il 1596 e il 1606 e sottoposta a tortura presso le carceri dell’Inquisizione di Sassari.  Si tratta, come spiega Daniel, il Presidente della Pro Loco, dell’unica fattucchiera sarda di cui si hanno gli atti processuali integrali. Ad onor del vero bisogna dire in questa zona del Nord Sardegna le veggenti e le guaritrici indagate non vennero quasi mai messe al rogo, perché per la Chiesa erano di maggior interesse le derive protestanti anziché le arti magiche. Cari lettori, di inquisizione e stregoneria ho già parlato su questo blog; chi ha interesse può andare a leggere, o rileggere, quanto ebbi occasione di scrivere nel 2013 sulle carceri diocesane di Oristano (http://amicomario.blogspot.com/2013/12/le-carceri-diocesane-di-oristano-un.html) o nel 2018, cliccando sul seguente link http://amicomario.blogspot.com/2018/11/medicina-popolare-e-riti-scaramantici.html.

Visitando il museo si possono osservare i vari tipo di amuleti utilizzati per scacciare gli influssi negativi, in particolare il malocchio. Nella cultura sarda, infatti, vi è una profonda credenza nel soprannaturale, dimostrata proprio dall’uso degli amuleti. Ce ne sono per ogni occasione: dal più comune su Kokku, chiamato anche Sabegia o Pinnadellu a seconda della zona d’uso, che proteggeva dal malocchio (in specie i bambini), all’occhio di Santa Lucia, o, ancora, la cyprea, la bellissima conchiglia di buon auspicio per la fertilità. Tutti questi oggetti apotropaici vengono donati ai destinatari nelle varie occasioni (nascite, matrimoni, etc.) sotto forma di gioielli, incastonati in una raffinata filigrana d’argento, spesso anche fusi con crocifissi, madonnine e altre immagini sacre.

Nel curioso museo di Bidonì ampio spazio è dedicato anche alle “creature notturne”, che emergono dai racconti orali, dalle filastrocche, dagli antichi detti popolari. Creature mostruose, come la figura della coga o sùrbile, una specie di “vampiro” che al calar del buio si introdurrebbe nelle case per succhiare il sangue ai bambini nati da poco, ancora in fasce, e privi di battesimo. Nell’antico immaginario soprannaturale del popolo sardo, tuttavia, non mancano neanche le creature benevole e belle come le Janas: piccole fate notturne nascoste nelle grotte (in realtà delle necropoli, ribattezzate per questo domus de Janas). presenti in tutta la Sardegna. La fantasia popolare le descrive belle, con la pelle diafana e l’abito rosso, con il telaio d’oro e il setaccio d’argento.

Il museo dedica anche una sezione all’antico, terribile rito compiuto da "S'Accabadora", che nell’isola veniva anticamente praticato: il geronticidio. Un antico, terribile "fine vita", ovvero la buona morte, data alla persona anziana terribilmente sofferente (malata terminale). Rito praticato da una donna anziana, nota come “S’Accabadora”, che, a volte dopo aver stordito la vittima con erbe che ne trasfiguravano il volto in un ghigno mefistofelico (detto Riso sardonico), con un colpo di martelletto sulla nuca poneva fine alla vita del moribondo. Di tale inquietante pratica si dice che ne abbia parlato per primo Omero.

Cari amici, la Sardegna è una terra antica e magica, dove le leggende si tramandano di generazione in generazione da millenni. Il museo di Bidonì raccoglie diverso materiale, curioso e alquanto importante; chi visita il museo riesce a fare un percorso cognitivo che affascina, che collega il presente al passato. La Sardegna è una terra particolare, dove certi antichi riti scaramantici ancora oggi riescono a stupire: coniugano fede e magia, medicina e spiritualità, vita e morte; la Sardegna è una terra profondamente legata all’acqua, alle pietre e alla magia, che cerca di vivere il presente senza dimenticare il passato, cercando di costruire un futuro ancorato a profonde e solide radici.

A domani.

Mario

 

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