Oristano 5 luglio 2022
Cari amici,
Che tutte le guerre, tutti
i conflitti, dai più piccoli ai più grandi, incidano in maniera più o meno
pesante sulle economie dei Paesi direttamente o indirettamente coinvolti, è da
sempre una realtà. La recente guerra, scatenata dalla Russia in Ucraina, non
poteva certo sottrarsi a queste ricadute, considerata anche la forte dipendenza
dei Paesi europei dalle fonti energetiche russe: gas e petrolio. La negativa
reazione dell’Unione Europea all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia,
che ha comportato diverse misure sanzionatorie con la prevedibile contro-reazione
russa, ha creato grande panico nei mercati dell’energia, facendo schizzare i
prezzi alle stelle.
Alle sanzioni dell’UE
comminate alla Russia, questa ha risposto prima diminuendo e poi anche
azzerando le forniture di gas ai Paesi europei, sostenitori dell’Ucraina. Gli Stati aderenti all’UE, in particolare l’Italia, si sono dovuti subito muovere
per trovare soluzioni alternative alla fornitura di gas russo, onde evitare
contraccolpi, in particolare in campo industriale. Uno dei problemi davvero
importanti è stato quello di cercare di trovare soluzione all’immediata
impennata dei prezzi, saliti immediatamente alle stelle! L’Italia, per prima,
ha lanciato l’idea di un accordo per “calmierare immediatamente i prezzi del
gas”, sottraendoli, nei fatti, alle leggi di un mercato drogato della speculazione.
L’Europa, però, in balia
dei diversi Stati con esigenze energetiche diverse (i primi a porre dei “se” e dei “ma” sono
stati i Paesi Baltici e l’Olanda), non ha ritenuto così urgente calmierare il
prezzo del gas, tanto che il nostro Presidente del Consiglio ha visto con
rammarico frenare i suoi piani e la maggior parte degli sforzi portati avanti
per trovare un prezzo calmierato. Tuttavia Draghi, armato del tradizionale
pragmatismo ancora più marcato da quando è iniziata la guerra, ha ribadito
che entro l'inizio dell'autunno la Commissione Europea elaborerà la sua
proposta sui prezzi dell'energia, esplorando anche la soluzione possibile.
Ovviamente, come del
resto è necessario fare nei momenti di emergenza, il Governo italiano in questi
mesi ha lavorato anche ad un piano B. Gli incontri con i possibili altri Stati
fornitori ci sono stati e, come ha ribadito con un certo ottimismo il Premier: “L’Italia
ha già ridotto la sua dipendenza dal gas russo dal 40 al 25%. Non solo: i
nostri stoccaggi stanno andando bene ed entro ottobre avremo l’80% delle scorte
che ci consentiranno di affrontare l’inverno seppure con parsimonia e senza
sprechi, senza, però, particolari emergenze”.
Altro problema importante
è stato l’aumento vertiginoso del costo dei carburanti alla pompa: Benzina e Gasolio.
i Ministri Cingolani e Franco, dopo le numerose proteste e gli scioperi, hanno firmato
il Decreto che proroga fino al 2 agosto lo sconto di 30 centesimi sulle accise
gravanti sui carburanti. Una misura che dovrebbe riportare il prezzo di benzina
e gasolio sotto il 2 euro al litro.
Amici, la situazione non
è certo rosea, in quanto possibile di ulteriori problematiche. Sul tavolo del Governo
il livello di crisi è ancora in fase di “preallarme”; nell’eventualità di
blocco delle forniture, quindi se scattasse la fase di “allarme”, le imprese
che sfruttano più energia sarebbero costrette a ridurre i consumi. Se guardiamo
alle forniture di energia elettrica, che per il 50-60% dipende dalle centrali
alimentate a gas, ci sono 46 soggetti tra gruppi industriali e grandi consorzi
di imprese classificati come “interrompibili” e valgono circa l’1% dei consumi
elettrici. Si tratta di acciaierie, cartiere, cementifici, aziende tessili e
chimiche.
Se la situazione dovesse
davvero precipitare, anche se l’ipotesi non appare per il momento realistica, il
MITE (Ministero della Transizione Ecologica) potrebbe applicare lo stato di
emergenza previsto dal piano sul gas e intervenire sull’uso dei condizionatori
nelle case. Gli uffici pubblici hanno già iniziato le restrizioni e alcuni
comuni hanno iniziato a spengere l’illuminazione notturna. Il resto lo sta già
facendo il piano di diversificazione.
Centrale sarda di Fiume Santo |
Le sette centrali a
carbone ancora presenti in Italia sono pronte a tornare a pieno regime,
Sardegna compresa. Inoltre, il Ministro Cingolani ha detto di essere pronto a
rivedere il PITESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree
idonee), ovvero la mappa delle zone idonee per l’estrazione di idrocarburi per
usare sempre più gas estratto dai giacimenti nazionali. Che è davvero tanto,
anche se negli ultimi dieci anni è stato estratto sempre meno in omaggio ai
movimenti anti-trivelle.
Cari amici, in ogni tempo
le guerre hanno creato situazioni economiche anche molto gravi, per cui anche
la guerra attuale, che ha colpito l’Europa dopo 70 anni di pace, opera nella
stessa direzione. L’auspicio è che questa insana guerra, che di vittime ne ha
già fatto abbastanza, trovi al più presto una idonea soluzione.
A domani.
Mario
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