Oristano 17 ottobre 2021
Cari amici,
Il passato ritorna! Batti
e ribatti, tra aperture e chiusure, alla fine la paura fa novanta e i portoni
di casa, i confini degli Stati, si richiudono. Come avveniva in passato, con costruzioni di
muri e valloni, con trincee e guardie armate. Ci basti pensare all’immane
muraglia cinese, che da secoli resiste imperterrita a testimoniare la chiusura
delle frontiere, ed è una delle poche opere umane visibili dallo spazio. Ebbene, il
timore di oggi appare praticamente identico a quello del passato, considerato
che in Europa ben 12 Paesi hanno chiesto finanziamenti all’UE per costruire
muri, necessari a blindare l’ingresso dei migranti, sempre più numerosi.
Il problema è
indubbiamente serio, ma la costruzione dei muri richiesti non appare certamente
come la soluzione più appropriata. La realtà è che all’Europa, in preda alla paura, i muri
appaiono una efficace protezione, un'ancora di salvezza; servono a calmare le ansie, i timori,
ingigantiti dai ricordi di un passato fatto di guerre e di dolore. In Europa il
futuro appare sempre più incerto, e da sempre la paura del futuro fa
crescere l’egoismo e l’isolazionismo, facendo voltare le spalle ai più poveri e
ai più deboli, che purtroppo fuggono da condizioni di vita intollerabili.
Una situazione che, a partire
dalla nostra Italia (che di muri, anche volendo, pochi ne potrebbe
costruire), si sta deteriorando ogni
giorno di più, tanto che diversi Stati europei hanno chiesto all’Unione Europea
nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne di fronte ai crescenti flussi
migratori, chiedendo anche il finanziamento per costruire recinzioni e muri. La
richiesta, come si può rilevare dalla lettera inviata alla Commissione e alla Presidenza
del Consiglio UE, è stata avanzata dai Ministri dell’Interno di Austria, Cipro,
Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia,
Ungheria, Lettonia e Slovacchia. D’accordo anche la Slovenia, che però, detenendo la presidenza in questo momento, non può avanzare questo tipo di richieste.
Secondo gli Stati
firmatari, “per garantire l’integrità e il normale funzionamento dell’area
Schengen tutte le nostre frontiere esterne devono essere protette con il
massimo livello di sicurezza. Le barriere fisiche sembrano essere un’efficace
misura di protezione delle frontiere che serve l’interesse di tutta l’Ue, non
solo degli Stati membri di primo arrivo. Questa misura legittima dovrebbe
essere ulteriormente e adeguatamente finanziata dal bilancio dell’Ue in via
prioritaria”.
Si, amici, quell’Europa che
si è vantata sì di aver “dismesso” il MURO DI BERLINO nel 1989, sembra ora
disponibile a creare nuovi muri, non a demolirli. Muri per proteggere
confini, non per allargarli, che servono
ad impedire gli arrivi di persone considerate “sgradite”, senza pensare che sono poveri o
perseguitati politici, che fuggono dalla miseria o dalla guerra. Il problema
delle migrazioni non è un problema che riguarda solo l’Europa, ma tutto il
mondo. Negli USA fece scalpore la recente costruzione del muro al confine con il Messico,
(con barriere fino a 1.000 chilometri), nato per respingere fisicamente la
miseria, mentre anche Israele, ha costruito ben 700 chilometri di muro e
barriere in Cisgiordania per contrapporsi al “pericolo” palestinese.
Ma quel che sta accadendo in Europa in questo
momento, circa il respingimento da parte dei Paesi del centro-nord del continente dei
migranti e profughi che arrivano con barconi sulle coste del sud dell’Europa, dimostra
la mancanza di una visione unitaria europea del
serio problema, scaricando su diversi, singoli Paesi (in particolare l’Italia) la
“presa in carico” degli arrivi e delle ondate migratorie, senza una visione
comune del problema. Il rischio, alla fine, è quello di un disfacimento di quell’Europa
che invece avrebbe dovuto, invece, rappresentare: un unico, vero Stato, forte e coeso!
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I singoli Paesi europei che
oggi alzano più in alto la voce, sono proprio quelli che col passato
colonialismo (senza escludere quello moderno mascherato) hanno impoverito quei
Paesi da cui oggi provengono i flussi migratori. E oggi, che si avrebbe bisogno
di una seria politica europea comune, sono i primi a estraniarsi, lasciando che
la “patata bollente” resti in mano ai Paesi rivieraschi d’arrivo o comunque confinanti
con le pressioni migratorie.
Belle parole, quelle del
Commissario europeo, che ha dichiarato: "Bisogna rafforzare la
protezione dei nostri confini esterni. Devo dire che alcuni Stati membri hanno
costruito alcune strutture di protezione. Ho presentato varie proposte per
proteggere meglio i confini esterni e per monitorarli nel Patto UE per la
migrazione e l'asilo. Questo fa parte dell'approccio della gestione della
migrazione e abbiamo già trovato accordo su passi importanti per proteggere
meglio i confini attraverso l'interoperabilità". Ylva Johansson, nel
corso della conferenza stampa, ci ha anche tenuto a sottolineare che "dobbiamo
proteggere le nostre frontiere esterne ma dobbiamo anche proteggere i nostri
valori e diritti fondamentali. Tutti gli Stati membri hanno la responsabilità
di agire in linea con questo, che ha a che fare con la reputazione di tutta l'UE".
Parole vuote, cari amici,
oserei dire pilatesche, quando è chiaramente dimostrato che le richieste di
Paesi come l’Italia, per l’equa ripartizione dei migranti sbarcati sulle sue
coste, è sempre rimasta lettera morta! È avvilente constatare che i Paesi con
maggior benessere sono i più egoisti, avendo
bandito la solidarietà, diventata merce rara. Tra il Nord e il Sud Europa manca
un serio e costruttivo dialogo, senza considerare, oltre tutto, che proprio il
Sud sopporta il peso maggiore degli sbarchi quotidiani, dove ogni giorno si
continua a morire. Il Mediterraneo, dopo aver inghiottito un numero
apocalittico di uomini, donne e bambini, stiamo attenti, sta inghiottendo anche l’Europa!
L’Italia, amici, deve
continuare a fare la voce grossa, ribadendo che per troppo tempo (e con grossi
costi) siamo stati lasciati soli davanti al fenomeno migratorio proveniente in
massima parte dalla Libia. Per noi italiani e non solo (perché lo stesso problema
grava sugli altri Stati rivieraschi), il problema è serio quanto quello dei
Paesi che intendono sbarrare le frontiere con cemento e filo spinato. È tempo
che l’Europa inizia parlare con una sola voce, o non tarderà ad arrivare la
fine: la Brexit appare solo un primo passo.
Cari amici, credo che
dobbiamo affrontare il problema mettendoci tutti una mano sulla coscienza. Non
solo dobbiamo riflettere sugli errori del passato (in particolare quello coloniale), ma anche su quelli di oggi;
Stiamo continuando ad alimentare i conflitti vendendo armi e sfruttando le risorse di quei Paesi che
poi sono quelli da cui partono i migranti, anziché fornire loro aiuto "in casa loro" per
migliorarne le condizioni di vita! Se vogliamo diminuire gli sbarchi dobbiamo
aiutarli a casa loro! È tempo che l’Europa inizi ad applicare una politica
diversa, aiutando le economie dei Paesi che necessitano di sostegno, in questo modo eviteremo
l’esodo forzato di chi ha fame. È tempo che l’Unione Europea decida, con
un’unica voce, imponendo ai Paesi che ne fanno parte l’applicazione di quei
“principi fondanti su cui è nata”, con meno egoismi e maggiore solidarietà. Ci
vorrà del tempo, ma a me sembra l’unica strada obbligata, se l’Europa vuole sopravvivere.
A domani.
Mario
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