Oristano 28 ottobre 2021
Cari amici,
L’ambiente, quello
naturale, quello che l’uomo per secoli ha utilizzato in modo corretto
rispettando i cicli naturali, senza apportare violenza di alcun genere alla
natura, purtroppo, lentamente ma inesorabilmente, da tempo sta cambiando. L’uomo
non si è accontentato di utilizzare il mondo così com’era, ovvero governato da
leggi naturali perfette, ma ha cercato di piegarlo a proprio piacimento,
trasformandolo sempre più in modo negativo, a causa dell’inquinamento, del caos
climatico o del sovrasfruttamento delle risorse. Trasformazioni sempre più
folli, che in realtà stanno compromettendo seriamente la stessa vita dell’uomo
sulla terra.
Tutto ciò viene percepito
in larga misura anche dagli abitanti del pianeta, che vivono queste trasformazioni
in modo negativo, con tanta ansia e particolare disagio emotivo, constatando
con i propri occhi il costante peggioramento dell’ambiente familiare circostante,
quello nel quale siamo cresciuti. Fu Celentano, negli anni Sessanta del secolo
scorso a diffondere con una sua canzone (Il ragazzo della Via Gluck) questo disagio,
evidenziando il forte trauma psicologico provato per le innumerevoli
trasformazioni edilizie dell’epoca. E quello era solo l’inizio.
Da allora le cose, come
ben sappiamo, sono peggiorate e una ventina d’anni fa il filosofo australiano Glenn
Albrecht coniò un neologismo, per descrivere il forte disagio causato dai
cambiamenti negativi che si verificano nell’ambiente: “SOLASTALGIA”. Il nuovo
termine risulta costituito dalla parola latina solacium (conforto) con il
suffisso algia (dolore, in greco). La Solastalgia, ha scritto Albrecht (che
ha creato il neologismo quando studiava gli effetti dell’estrazione del carbone
sugli abitanti della Upper Hunter valley, in Australia), «È un tipo di
nostalgia di casa o malinconia che si prova quando si è a casa e l’ambiente
sta cambiando intorno a noi in modi che riteniamo profondamente negativi».
Albrecht, in realtà, ha evidenziato quanto sia
grande l’ansia, l’irrequietezza, la depressione, la disperazione che ci coglie,
a causa delle drastiche trasformazioni dell’ambiente dove siamo nati e
cresciuti. Provare Solastalgia equivale a provare nostalgia di casa pur
essendo a casa, un cortocircuito emotivo che interferisce con il senso di
identità, di appartenenza e di sicurezza. Trasformazioni sempre più massive,
con città sovraffollate e inquinate, con cambiamenti ambientali terribili in
ogni angolo del pianeta, che hanno sconvolto il vivere diventato alienante; la Solastalgia,
ormai, è diventata una costante che accomuna molte persone e comunità.
Secondo il filosofo
australiano la Solastalgia è in grado di generare stati d’animo simili a quelli
provati dalle persone deportate dalla propria terra. “Gli aborigeni
australiani, i Navajo e qualsiasi popolazione indigena hanno provato questo
senso di dolore e disorientamento dopo essere stati sfollati dalla loro terra”,
ha affermato Albrecht, il quale ha scoperto che questa “patologia del luogo”
non si limita ai nativi; gli abitanti della Upper Hunter valley erano infatti
ansiosi, irrequieti, disperati, depressi, proprio come se fossero stati rimossi
con la forza dalla valle, ma non era successo, era la valle ad essere cambiata
intorno a loro!
La Solastalgia, amici, è
dunque il “frutto avvelenato” del tempo che viviamo, l’Antropocene, caratterizzato
dall’enorme impatto dell’uomo sul pianeta e dai cambiamenti climatici, che di
questo irresponsabile impatto sono la prima conseguenza. I mutamenti del clima,
infatti, non stanno alterando solo l’ambiente fisico in cui viviamo, ma hanno
anche conseguenze concrete sulla nostra salute mentale. Fenomeni climatici
estremi, come tempeste, alluvioni o ondate di caldo, possono causare e
intensificare lo stress e l’ansia e possono portare a depressione e rabbia.
I sintomi della Solastalgia
possono essere sia a breve che a lungo termine, acuti e cronici, evidenziando
lo stretto rapporto tra salute dell’ecosistema e salute umana. Includono
sentimenti di dolore, nostalgia, stress, alienazione, depressione, ansia, senso
di perdita, disturbi del sonno, pulsioni suicide e aumento dell’aggressività e
possono essere spesso duraturi. Il disagio cronico può indebolire il sistema
immunitario, rendendo le persone più vulnerabili a numerosi disturbi fisici. La
Solastalgia complica inoltre le relazioni interpersonali minando la coesione
dei nuclei familiari e delle comunità. La propria casa e il proprio ambiente
sono il fulcro delle relazioni sociali e se vengono danneggiati anche queste
ultime tendono a risentirne.
Cari amici, teniamo presente, però, che per quanto difficile
una cura c’è; lo ha dichiarato sempre il filosofo Albrecht, che ha coniato
anche la parola che ci dovrà accompagnare per guarire dalla Solastalgia: il
termine è “SIMBIOCENE”, che descrive l’era futura in cui l’uomo tornerà
in simbiosi con la natura, che, ripristinata, darà di nuovo all’uomo quelle
emozioni positive che oggi mancano. Ci chiediamo, allora, “Quando l’umanità
potrà percorrere questa “Nuova Era”, capace di ripristinare la perduta simbiosi
dell’uomo con la natura”? La risposta non è facile. È difficile prevedere non
solo il QUANDO ma anche il SE potremo viverla!
A domani.
Mario
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