venerdì, ottobre 08, 2021

IL “MADE IN ITALY” E LA CONTRAFFAZIONE. CHE FINE FANNO I NUMEROSI PRODOTTI CONTRAFFATTI CHE VENGONO SEQUESTRATI?



Oristano 8 ottobre 2021

Cari amici,

Che la contraffazione stia facendo sempre più passi da gigante è cosa ormai nota. Si falsifica di tutto, a partire ovviamente dai grandi marchi: Borse, orologi, vestiti, tessuti in primo luogo, ma anche alimentari, come vino olio, formaggi, acque minerali, pezzi di ricambio, macchine fotografiche, telefonini… e molto altro! Ma ci siamo mai chiesti che fine fanno i prodotti contraffatti dopo che vengono sequestrati? È una domanda che in tanti si pongono, per cui proviamo a seguire, passo dopo passo, l’iter che viene seguito in base alle normative vigenti.

Una volta che la Guardia di Finanza ferma un container pieno di merce contraffatta, la normativa prevede che, se nessuno sporge reclamo, la merce venga stoccata nei depositi doganali, dove rimarrà fino all’esito del procedimento penale relativo, al termine del quale viene disposta la distruzione della merce contraffatta. La prima domanda che in tanti si pongono è senz’altro questa: “perché la distruzione e non un possibile riutilizzo?”.

La risposta, che arriva senza indugio, è questa:  “perché per legge i prodotti contraffatti non possono essere rimessi in circolo”. Certamente, in linea di massima, questo è vero, ma non sarebbe forse il caso di ipotizzarne un possibile riutilizzo (ovviamente senza danno per il marchio contraffatto), ovvero cercare, nei limiti del possibile, di poter dare “nuova vita” al prodotto sequestrato, destinandolo ai bisognosi, sempre più numerosi, che mancano di tutto?

Sono in molti a sostenere questa tesi, considerato anche che, spesso, il “falso”, a parte la violazione del marchio, in realtà non è un prodotto dannoso e potrebbe essere proficuamente utilizzato da chi non riesce a cucire un 27 con l’altro! Siamo nel 2021 e non si fa altro che parlare di economia sostenibile, di ri-utilizzo e di come fare per non inquinare o cercare almeno di inquinare di meno. Invece mandiamo in distruzione, ogni anno, tonnellate e tonnellate di prodotti senz’altro utili (seppure contraffatti), senza neanche selezionarli! Con l’attuale normativa in vigore, ovvero con il deposito “sine die” di merci contraffatte, a cui segue la distruzione, in realtà si genera un danno ulteriore: economico ed ambientale. 

Ci riempiamo tanto la bocca di paroloni come “danno ecologico e ambientale”, ma per poter mitigare i danni all’ambiente dovremmo cercare, con intelligenza, di “trarre profitto” anche dalle operazioni illecite che andiamo a scoprire. Nel nostro Paese pochi sanno che l’Italia è ai primi posti (è il 3° Paese) per sequestri di merci contraffatte al mondo! Questo dimostra che certi cambiamenti sono proprio necessari, sia dal punto di vista economico che ambientale.

Oggi, amici, tutti dobbiamo pensare in un’ottica di un’economia sostenibile, evitando gli sprechi e applicando il riciclo. Ritengo, pertanto, che nella stessa logica deve operare lo Stato,  il cui compito, a mio avviso, oltre che quello di investire nella diffusione della cultura del “be original” (indirizzando i consumatori verso la scelta di prodotti acquistati sui canali distributivi ufficiali), dovrebbe essere anche quello di evitare sempre gli sprechi, recuperando anche i beni oggetto di contraffazione. 

Si, amici, “recuperare” e non “distruggere”, questo dovrebbe essere lo slogan, aiutando in questo modo chi è in difficoltà; l’operazione consentirebbe allo Stato anche di risparmiare (con il minor costo dell’assistenza ai bisognosi), risparmio che andrebbe investito nella diffusione del messaggio (a partire dalle scuole) per la protezione del “Made in Italy”. A cercare di porre rimedio a questo “spreco”, è stata, in prima battuta, la INDICAM, associazione che dal 1987 ha come obiettivo la lotta alla contraffazione e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale con il fondamentale supporto e confronto con RiCircola, una startup innovativa nata dall’idea di coniugare il mondo scientifico accademico con quello imprenditoriale.

Un progetto, il loro, che potrebbe dare avvio a una nuova prassi, che rappresenti un unicum in Europa inserendosi nelle politiche di economia circolare e sostenibilità promosse dall’Italia. Politiche economiche previste nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo italiano e nelle “Linee di intervento strategiche sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023”, promosse dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Occorre, però, un rapido intervento delle Istituzioni. 

Amici, credo che anche nel nostro Paese sia arrivato il tempo di operare in questa direzione, evitando ogni spreco possibile, per cui appare necessario provvedere ad un rapido aggiornamento della normativa che consenta di salvare capra e cavoli. Perciò dobbiamo con forza iniziare a sollecitare la classe politica per affrontare nel giusto modo questa tematica. È necessario farlo, partendo da un’approfondita analisi socio-economica sullo spinoso problema, per poi avviare i necessari provvedimenti diretti a colmare il GAP legislativo esistente.

A domani.

Mario

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