lunedì, ottobre 25, 2021

LA SARDEGNA E I SUOI LUOGHI MISTERIOSI: LO STRAORDINARIO ALTARE RUPESTRE IN LOCALITÀ SANTO STEFANO AD OSCHIRI.


Oristano 25 ottobre 2021

Cari amici,

L’Altare Rupestre di Santo Stefano, nelle campagne di Oschiri, in località Santo Stefano, è un grosso monolite granitico riccamente inciso, presente in un luogo ricco di storia antichissima e considerato di grande Sacralità; un unicum davvero straordinario anche in un’isola come la Sardegna, che vanta una civiltà ed una cultura ultra millenaria, sia nuragica che pre-nuragica. Indubbiamente un altare che potremmo definire unico al mondo!

Questo straordinario monolite granitico, è posto all’interno di un boschetto a nord dell’abitato di Oschiri, davanti all’antica chiesetta di Santo Stefano; la grossa pietra, della lunghezza di circa 10 metri, porta delle geometriche incisioni, distribuite in una precisa sequenza. In chi lo osserva crea subito una bella serie di interrogativi, sia sulla sua natura che sul “Chi” possa aver inciso questa enorme pietra in modo così preciso. Di incisioni rupestri preistoriche ne esistono tante, realizzate laddove la geologia del territorio lo permetteva, ma questa risulta del tutto particolare
.

Si, amici, le incisioni sull’altare rupestre di Santo Stefano appaiono qualcosa di differente dal solito, una particolare sequenza di “disegno” mai visti prima e per questo difficili da interpretare perché privi di ulteriori confronti. Sul masso sono scolpite nicchie di profondità variabile, distribuite ordinatamente, a forma di quadrati, cerchi, croci e triangoli. E non è tutto, in quanto nelle immediate vicinanze vi sono altre pietre scolpite a loro volta con gli stessi “disegni”. Nella zona, inoltre, sono presenti diverse domus de Janas, a dimostrazione che in quest’area vi erano delle presenze umane nei diversi periodi che vanno dal neolitico al nuragico, fino all’epoca cristiana.

Analizzando con attenzione il grosso monolite, si notano (partendo da sinistra verso destra) 14 nicchie nella fascia inferiore, di cui 8 triangolari e 6 quadrate, di cui una è sormontata da un triangolo e 7 nicchie in quella superiore, di cui 5 di forma triangolare, 1 circolare e 1 quadrata, sormontata da un triangolo. Alcune nicchie ospitano, al proprio interno, l’incisione di una croce greca (a significare, forse, un ulteriore utilizzo nei secoli successivi), mentre altre sono circondate da una serie di piccole coppelle rotonde. Solo un quadrato è quasi privo di profondità, porta una cornice perimetrale ed è sormontato da un triangolo con una croce greca.

Su un altro masso, collocato a destra, vi è incisa una nicchia circolare molto grossa contornata da 12 coppelle. Più elevate vi sono altre 2 pietre di ridotte dimensioni contenenti l’una 3 nicchie quadrate e l’altra 2 triangolari. Infine di fronte alla chiesa vi è una nicchia rettangolare che ricorda una possibile tomba o quantomeno un avello. Questo altare, da tempo definito, non si sa quanto propriamente o impropriamente, un “altare rupestre”, potrebbe essere sia un altare pagano, magari poi trasformato in  cristiano, in quanto la sua datazione risulta purtroppo ancora ignota, oltre che motivo di scontro tra archeologi e studiosi.

Questi, infatti, nelle loro ipotesi collocano l’altare in diverse epoche. Alcuni ipotizzano che esso sia stato realizzato in epoca bizantina tra il VI e il IX secolo, per via delle croci greche presenti all’interno delle nicchie che si suppone che avessero l’unico scopo di ospitare icone e oggetti votivi cristiani. Le stesse coppelle sono state definite “simili alle aureole dei santi”. Non si esclude il fatto che i monaci abbiano abitato i tafoni come grotte per la vita solitaria, come già è successo per Luogosanto famosa per l’insediamento degli eremiti Trano e Nicola, o nella stessa Sant’Andrea Priu a Bonorva, una chiesa paleocristiana ricavata da una grossa domus de Janas, dove è presente un’identica nicchia circolare circondata da 8 coppelle rotonde. In questo caso le coppelle sono 12, a cui è stata attribuita una forzata metafora dei 12 apostoli, anche se le coppelle venivano da sempre utilizzate per deporre le offerte. Ma per altri l’ipotesi della datazione ad un periodo ben più antecedente risulta sempre valida.

Non bisogna mai dimenticare, infatti, che la storia ha dimostrato il diffuso riutilizzo, da parte della religione cristiana, degli antichi luoghi di culto pagano, soprattutto per quanto riguarda quelli di intenso valore simbolico, che venivano opportunamente “modificati” adattandoli ai riti della nuova religione. Anche in questo caso a pochissima distanza vi è la chiesa di Santo Stefano, probabilmente costruita per cancellare e sostituire il precedente rito pagano, modificando, con le opportune aggiunte, il precedente altare.  Non è certo un caso che davanti a questo altare rupestre sia stata edificata la chiesa di Santo Stefano, inizialmente chiesa bizantina, sulla cui facciata sono state inserite due teste in trachite della dea fenicia Astarte e una scritta nuragica di traduzione ignota.

Amici, davvero un grande mistero si cela su questo altare che io credo antichissimo, e successivamente riutilizzato dalla cultura cristiana. A ben pensare risulterebbe insolito il fatto che un altare rupestre sia stata utilizzato come altare bizantino, dato che non abbiamo altri esempi simili della storia dell’iconografia cristiana. Analizzato, invece, come altare pagano, troviamo simbologie più appropriate. Innanzitutto i quadrati, che potrebbero essere interpretati come “false porte”, molto diffuse in Sardegna, nelle Tombe dei Giganti e nelle domus de Janas.

La falsa porta, di derivazione egizia, è il punto di contatto tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Dinnanzi a questa finta apertura venivano poste le offerte di cui ne usufruiva la persona cara che qui si sarebbe “affacciata” sulla Terra. Il cerchio è invece il simbolo pagano di continuità, divinità, infinito. E infine i triangoli sono identificabili con le piramidi e gli antichi templi a gradoni. La croce potrebbe essere stata scolpita in epoca successiva per annullare, come una grossa X, la presenza degli antichi dei. A suffragare queste ipotesi, nei dintorni sono presenti diverse costruzioni e complessi nuragici, evidenzianti il fatto che il sito fosse un’area funeraria sacra “ufficiale” dei popoli antichi che vi dimoravano. La zona, oltre alle domus de Janas annovera un dolmen e un menhir. E, infine, non dimentichiamo che proprio questa è la zona in cui si è insediata la più antica cultura dell’isola, diffusa tra il 3500 e il 2700 a.C. quella di Ozieri, città poco distante da Oschiri.

Cari amici, l’Altare rupestre di Ozieri, per ora resta un grande mistero. Indubbiamente, a mio avviso, costruito dalle antichissime popolazioni nuragiche, stante alcune delle ipotesi finora formulate. Per me, il fatto che sia collocato davanti a delle domus de Janas, fai presumere che fosse, all’epoca, un altare d’entrata al luogo di culto per l’oltretomba, e i segni incisi potrebbero descrivere il percorso iniziatico per il passaggio dalla vita alla morte.

A domani.

Mario

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