domenica, settembre 23, 2018

ORISTANO E LA SUA EVOLUZIONE NELL’OTTOCENTO. NEL CONVEGNO DAL TITOLO “L’ANTICO ACQUEDOTTO DI ORISTANO”, LO STUDIOSO GIGI PIREDDA E L’ARCH. FRANCESCO DERIU RIPERCORRONO QUEL PERIODO STORICO RICORDANDO UOMINI, IDEE E PROGETTI.


Oristano 23 Settembre 2018
Cari amici,
Di una cosa posso dirvi di essere particolarmente soddisfatto: del fatto che l’Amministrazione Comunale, tramite il suo Assessorato alla Cultura, abbia deciso di dotarsi di un serio programma culturale, che ha chiamato “Una città nella storia”, costituito da diverse giornate di studio e di approfondimento sulla storia della nostra città, per mettere in luce e ricordare, in particolare alle nuove generazioni, che la Oristano di oggi è frutto di un lungo percorso evolutivo, che è giusto che essi conoscano.
Il convegno, dal titolo “L’antico acquedotto di Oristano”, tenutosi Sabato 22 Settembre alle ore 18 presso la sala conferenze dell’Hospitalis Sancti Antoni di Oristano, fa parte di questo programma culturale di migliore conoscenza della storia della città; elaborato nell’ambito del progetto MuseoOristano e realizzato con la collaborazione della Fondazione Sa Sartiglia Onlus, è stato inserito a pieno titolo nella programmazione delle Giornate Europee del Patrimonio 2018.
L’idea di conoscere meglio la storia della nostra città, in particolare quella riguardante il nostro vecchio acquedotto, i cui resti sono ancora ben visibili poco lontano dall’ospedale San Martino, ha attirato un folto pubblico. Nella sala conferenze dell’Hospitalis Sancti Antoni, lo studioso Gigi Piredda e l'architetto Francesco Deriu hanno cercato di rendere edotto il pubblico sia sulla vita della città a cavallo tra la fine dell’ottocento e gli inizi del Novecento, che sugli uomini che l’hanno governata e sui progetti ideati per migliorarla, anche se solo in parte realizzati.
Dopo l’introduzione fatta da Maurizio Casu, che ha pregato il Vice Sindaco Massimiliano Sanna di portare il saluto dell’Amministrazione Comunale, la parola è passata a Gigi Piredda che, aiutandosi con un preciso P.P., ha tracciato un quadro preciso sia degli uomini politici che hanno amministrato e disegnato la nostra città nei difficili anni tra il Risorgimento e la Sardegna post unitaria. Gigi, appassionato studioso della storia oristanese, ha ricostruito, con una puntigliosa ricerca dei documenti dell’epoca, quanto gli uomini preposti al governo della città cercarono di realizzare ed in parte riuscirono a fare.
La Oristano di fine Ottocento era solo un piccolo borgo, con zone fuori dalle mura in parte paludose, che si estendevano appena fuori dal centro storico medioevale. Era necessario bonificare e riempire le zone umide, pavimentare le strade, creare piazze dignitose (in primis Piazza Eleonora con la statua a Lei dedicata), pensare ai collegamenti stradali, realizzare ponti (come quello sul Tirso a 5 arcate), collegare la città con la ferrovia, ristrutturare il vecchio e malandato ospedale, creare strutture finanziare come una banca. Le élite al potere cercarono, anche scontrandosi tra di loro e con l’allora molto forte potere della Chiesa, che vantava un indiscusso potere temporale, di migliorare per quanto possibile la città.
Fra i numerosi uomini che si alternarono alla guida della Oristano dell’epoca due nomi in particolare sono stati ricordati: Giuseppe Corrias e Salvatore Angelo De Castro. Deus ex machina della struttura tecnica, fu invece l’ing. Pietro Cadolini, che, seppure sardo d'adozione, fu autore delle più importanti opere realizzate, compreso il progetto dell’acquedotto, anch’esso in possesso di una lunga storia, sapientemente poi riepilogata dall’architetto Deriu.
Si, della lunga e tormentata storia che portò alla realizzazione del vecchio acquedotto di Oristano ha parlato a lungo l’arch. Francesco Deriu, ricercatore presso l’Università di Cagliari. Egli nel suo intervento ha in primis evidenziato qual era la situazione idrica della città prima della costruzione dell’acquedotto. Oristano ricorreva alle numerose cisterne presenti nell’abitato (in numero di 36, che venivano rifornite in Primavera con l’acqua trasportata con i carri e prelevata dal Tirso) ed ai pozzi, che però in gran parte fornivano acqua con una certa salinità, buona solo per cuocere la pasta. Era dunque necessario che la città si dotasse di un acquedotto.
La prima idea fu quella di far arrivare l’acqua da Monte Arci, attraverso una condotta di circa 50 chilometri, progettata dall’ing. Pietro Cadolini. Il preventivo di spesa, però, si rivelò troppo costoso e non affrontabile: il costo a metro risultò di ben 250 lire. Si pensò allora di condurre l’acqua ad Oristano dal Montiferru, dalle fonti di Bonarcado. Siamo nel 1879 e Cadolini progetta un acquedotto dal costo globale di 650.000 lire, spesa a cui avrebbero contribuito la Provincia (allora Cagliari) e lo Stato. Neanche questa soluzione fu semplice: le popolazioni di Bonarcado e Milis insorsero, paventando di essere derubate dell’acqua da Oristano (Milis in particolare temeva per i propri agrumeti); infine la soluzione arrivò, con la firma del Decreto Reale che autorizzava l’acquedotto.
I lavori iniziarono nel 1882 e finalmente Oristano poté vantare la presenza in città di numerose fontanelle pubbliche (alcune ancora presenti come quella all’incrocio tra Via Tirso e Via Sardegna). La precisa relazione dell’architetto Deriu ha ripercorso tutta la storia di questa importante opera, che metteva Oristano al passo con le altre città anche della Penisola. Oggi, dietro il San Martino possono ancora ammirarsi i “resti” di quel grande progetto: il lavatoio, le vasche di accumulo e tutta la struttura per la distribuzione, un’opera per allora avveniristica.
Amici, il convegno è stato davvero interessante: il racconto di uno spicchio della storia di Oristano che è giusto che non venga ignorata. Credo anche che quel poco che è rimasto della Oristano del passato vada conservato a dovere, compresi i resti del vecchio acquedotto, come ha giustamente rimarcato anche l’architetto Deriu.
Grazie, amici, a domani.
Mario
Antico foto del lavatoio pubblico, anni 30

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