Oristano
20 Settembre 2018
Cari amici,
La scuola è certamente
uno strumento indispensabile, una “palestra” creata non solo per acculturare i ragazzi, ma anche per dare loro, oltre l’istruzione, anche quella coscienza
sociale per una civile e pacifica convivenza nel rispetto delle regole; insomma, la scuola è deputata a costruire lo studente culturalmente e socialmente, in modo
che, domani, esso sia non solo professionalmente preparato ma anche un buon
cittadino, rispettoso e consapevole sia dei suoi diritti che dei suoi doveri. Scuola,
dunque, non solo palestra del sapere, ma anche vera palestra di vita.
Se vi state chiedendo perché oggi ho voluto introdurre la mia riflessione parlando dei compiti della scuola, Vi dico subito che la premessa è derivata da un fatto, accaduto di recente, che mi ha colpito in modo particolare; un fatto increscioso, accaduto in una scuola superiore dell’hinterland barese, conclusasi un una prima fase con la dura presa di posizione della scuola, successivamente modificata, però, da una sentenza del TAR. Ma vediamo, per meglio comprendere, come si sono svolti i fatti partendo dall’inizio.
Se vi state chiedendo perché oggi ho voluto introdurre la mia riflessione parlando dei compiti della scuola, Vi dico subito che la premessa è derivata da un fatto, accaduto di recente, che mi ha colpito in modo particolare; un fatto increscioso, accaduto in una scuola superiore dell’hinterland barese, conclusasi un una prima fase con la dura presa di posizione della scuola, successivamente modificata, però, da una sentenza del TAR. Ma vediamo, per meglio comprendere, come si sono svolti i fatti partendo dall’inizio.
In un frequentato Liceo
Scientifico dell’hinterland barese gli studenti di una terza classe partecipano ad un progetto di “alternanza scuola-lavoro” da svolgersi in Francia.
Lo stage si è svolto nel mese di Maggio e, per la verità, l’esperimento fatto dai
ragazzi con l’approccio al settore lavorativo è risultato abbastanza positivo, in quanto
il loro comportamento è apparso interessato e proficuo,
visto da loro tra l'altro anche come una speciale vacanza. Tutto è sembrato andare per il
meglio, fino a che, però, alla fine, “il
diavolo ci ha messo la coda”.
La comitiva al termine dello stage, rifatti i
bagagli, si preparava a rientrare, diretta verso l’aeroporto di Orly, quando qualcosa, in realtà, è apparso non quadrare come avrebbe dovuto. Ad un certo punto infatti ad una delle
docenti arriva una telefonata: è una delle alunne partecipanti che, in ansia, la prega di
recarsi allo store di Victoria’s Secret,
in quanto c’era un problema urgente. Il problema era che una delle alunne, una ragazza di 16anni,
era stata fermata mentre tentava di portare via alcuni capi di abbigliamento
intimo. La docente, costernata e mortificata chiede scusa, provvedendo a restituire
la merce alla titolare del negozio che, però, nel frattempo aveva già chiamato la
polizia.
Con una indicibile
vergogna l’intera comitiva subisce una perquisizione, nella quale vengono
ritrovati altri capi nel bagaglio di un’altra studentessa. La faccenda, dopo le
scuse, sembra essere finita lì: una brutta figura condita da una bella ramanzina da parte della Gendarmeria
francese. Ma la violazione ha ulteriori conseguenze. Il caso del tentato furto si riapre al ritorno in Italia e…a
scuola. I professori al rientro informano dell’accaduto il Dirigente
scolastico, che a quel punto convoca una riunione dei genitori degli alunni,
praticamente l’intero Consiglio di classe.
A finire sul banco
degli imputati, però, non sono solo le due ragazze cleptomani, autrici dell’azzardato
furto, ma l’intera scolaresca: innocenti compresi, seppure ignari dei fatti
contestati. L’esito della riunione del Consiglio di classe è di una severità unica: condanna di colpevolezza per tutti i partecipanti al viaggio, con un bel 6 in condotta generale! Voto, che è giusto precisare, sarebbe andato ad incidere pesantemente sui crediti scolastici maturati dai ragazzi, e
dunque sulle eventuali borse di studio. L'amarezza degli incolpevoli è tanta, ma la “telenovela” continua.
I genitori di due brave
studentesse (assolutamente estranee all’episodio contestato alle due ragazze
cleptomani), che avevano sempre vantato ottimi voti, non si rassegnano alla
decisione della scuola e inoltrano ricorso al TAR di Bari. Questo tribunale,
esaminata la vicenda, giudica la sanzione comminata dalla scuola “esagerata e immotivata”. Nella sentenza
redatta dal giudice Alfredo Allegretta si legge: “Da tale fatto non poteva
legittimamente conseguire un voto in condotta di 6/10 esteso
indiscriminatamente a tutta la classe, ma doveva procedersi ad una valutazione
individualizzata di responsabilità da parte di ciascuno dei componenti della
classe medesima, al fine di discernere chi fosse stato effettivamente colpevole
di qualche specifica ed oggettiva mancanza e chi, viceversa, fosse rimasto del
tutto estraneo agli eventi”. Insomma, mai sparare nel mucchio, ma discernere sempre, punendo individualmente i colpevoli.
Cari amici, credo che
questo fatto e la sua particolare evoluzione faccia riflettere un po’ tutti
noi. Non voglio tornare sul fatto che la scuola di oggi appare parecchio
inadeguata e, soprattutto, ben lontana dall'essere la ‘longa manus’ della famiglia in campo educativo e formativo dei
giovani. Educare non significa “fare di tutt’erba un fascio”: punire a livello
dimostrativo innocenti e colpevoli, per ribadire un’autorità che non è
educativa, in quanto manca della necessaria autorevolezza, è come ammettere la propria
incapacità e incompetenza.
Credo che in una vera ed
efficiente "Buona Scuola", simile per formazione a quella inglese per esempio, non ci sarebbe stato
bisogno del TAR di Bari, per ricordare al corpo docente che non è con le
punizioni collettive che si ottengono i risultati di una buona educazione dei giovani loro affidati.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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