Oristano 30 ottobre 2021
Cari amici,
Il detto “Nulla si
crea nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ha scavalcato i secoli,
essendo ormai entrato da tempo nel gergo comune. Oggi, però, ci accorgiamo che
esso riveste un significato ancora più forte e importante di quello di ieri. Il
detto fu coniato da Antoine-Laurent Lavoisier, un chimico francese nato
a Parigi nel 1763 da una famiglia agiata. A soli 25 anni entrò all’Accademia
delle Scienze, grazie alla pubblicazione di un suo progetto innovativo che
riguardava l’illuminazione stradale. Seppure impegnato in altre attività (fu
anche esattore delle imposte) non abbandonò mai i suoi studi, per l’epoca
tecnologicamente avanzati.
Si, amici, oggi ci
rendiamo sempre più conto che, dopo aver vissuto l’era dello spreco delle
risorse, quella terrificante dell’usa e getta”, siamo riusciti, finalmente, a
comprendere che stiamo sempre più “consumando le risorse del pianeta”, mentre
tanto si potrebbe risparmiare con il recupero, con il riciclo. È tempo,
ormai, che la gran parte delle macchine di ogni tipo (dalle auto ai
frigoriferi, dalle lavatrici ai numerosi altri elettrodomestici), che fanno
ormai parte irrinunciabile della nostra vita, non siano più gettate a marcire in
discarica, oppure portate dagli sfasciacarrozze che effettuano un riciclo
inappropriato.
Prendiamo ad esempio una
delle nostre vecchie automobili che, una volta esaurito il servizio, debba essere
collocata a riposo. Essa è uno scrigno di materie prime importanti: acciaio,
alluminio, un chilometro di cavi in rame, platino, plastica, gomma, fibra di
carbonio; insomma è ancora una miniera di materiali utilizzabili. Se facciamo
un po’ di calcoli (ogni anno si producono circa 100 milioni di veicoli),
considerato che le auto pesano tra i 1.000 e i 2.500 kg, a seconda dei modelli,
ci rendiamo conto che ogni anno vengono utilizzati circa 200 milioni di
tonnellate di materiali, per le nostre quattro ruote! Materiali che, in un
futuro prossimo, non dovrebbero andare persi, ma, invece, riciclati.
Si, amici, ho detto “un
futuro prossimo”, perché attualmente le auto scontano un peccato originale
sotto il profilo progettuale! Non sono state assemblate, infatti, per essere riciclate. La
conseguenza è il cosiddetto “down-cycling”, ovvero il semplice riciclaggio di un
ottimo materiale in un altro di qualità inferiore. Oggi, a parte i paraurti in
plastica, nella maggior parte dei Paesi del mondo le auto dismesse finiscono
dallo sfasciacarrozze, che, in buona sostanza, prima le schiaccia e poi le
fonde per ottenere una lega metallica di basso valore, adatta, nella migliore
delle ipotesi, per fare le panchine dei parchi.
Questo prezioso materiale, invece, potrebbe tornare utilissimo, tanto che negli ultimi
anni l’intera industria dell’auto si è prodotta in uno sforzo formidabile per riciclare per bene; sforzo che
ha coinvolto tutta la filiera della componentistica e la progettazione stessa
dei nuovi modelli, nell’intento di fabbricare automobili con un numero
crescente di parti realmente riciclabili. Questo miglioramento ha visto, tra le altre
cose, l’utilizzo crescente delle colle e degli incastri per combinare i vari
pezzi tra di loro, al posto delle viti o delle giunzioni che ostacolano, poi,
un processo di disassemblaggio efficiente. Ma questo processo è solo all’inizio.
Il vero salto di qualità
e di efficacia, si concretizzerà con l’”up-cycling” delle automobili del
futuro, che, grazie ad una innovativa rivoluzione progettuale, diventeranno smontabili e riciclabili al 100 per cento.
Questa rivoluzione sta già avvenendo e, con tempismo, sfrutta la nuova traiettoria
industriale di portata storica, rappresentata dall’auto elettrica, un tipo di
auto che ha semplificato enormemente l’automobile, operando in due direzioni. Quella del
numero di componenti di cui è fatta una macchina, che si riduce drasticamente e
quella della numerosità e complessità delle giunzioni tra i vari pezzi, che
diminuisce grandemente. In entrambi i casi la ragione è la stessa: la scomparsa
del motore a scoppio e, con esso, l’eliminazione dell’albero di trasmissione,
del gruppo cambi, e così via.
Nel millennio che stiamo
attraversando, il futuro industriale sarà ben diverso da quello dei primi del
Novecento, che vide l’avvio della catena di montaggio di Fordiana memoria,
in quanto alla catena di montaggio si affiancherà la catena di smontaggio. La
Audi, per esempio, ha da poco avviato un progetto con il Karlsruhe Institute of
Technology per recuperare i componenti plastici attraverso il riciclo chimico
(pirolisi). Gli studi in corso prevedono che già nel 2030, il mercato delle
batterie al litio di seconda mano, che potranno essere estratte dalle vecchie
auto elettriche, varrà circa 2 miliardi di euro l’anno nella sola Europa.
La Michelin ha da poco
avviato una collaborazione con Carbios, una società specializzata nella
depolimerizzazione del Pet, che ha la capacità di riottenere il monomero
vergine a partire dalle bottiglie di Pet usate. Attualmente i produttori di
pneumatici utilizzano quasi un milione di tonnellate di Pet vergine all’anno,
mentre in futuro gran parte di questo Pet potrà essere ricavato dalle bottiglie
di plastica usate. Anche questo è up-cycling. Il futuro industriale ed
economico dell’automobile si raddoppia e si espande, e sarà tanto centrato
sulle nuove catene di montaggio che le macchine elettriche esigono, quanto
sulle catene di smontaggio che vi conseguiranno.
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Soybean Car |
Amici, chiudo con un
aneddoto. Si racconta che il vecchio Henry Ford, nei suoi ultimi anni di vita,
stesse lavorando al progetto di un grande stabilimento di smontaggio delle
vecchie automobili per recuperarne i materiali. È il passato che ritorna, anche
se, forse, è soltanto una leggenda. Ma sicuramente c’è un fondo di verità, perché
stiamo parlando dello stesso uomo che nel 1941 presentò la Soybean Car,
Un prototipo di automobile fatto di 14 pannelli di materiale plastico (ottenuto
dai semi di soia e di canapa) appoggiati su dei tubolari di acciaio, del peso
di mille libbre invece che le duemila che caratterizzavano le macchine
dell’epoca. Dunque la leggenda, come tutte le leggende, forse ha un fondo di
verità.
A domani, cari lettori.
Mario