Oristano
7 Aprile 2016
Cari amici,
quando ho letto la
notizia ho pensato, per prima cosa, che fosse una bufala, mentre invece si trattava di una realtà accertata: sui social media (Facebook, Ttwitter,
Instagram, etc.) gli utenti più attivi, sopratutto con i posting, non erano i ragazzi ma
i loro genitori! Questa incredibile realtà è scaturita da uno studio condotto su
un campione di famiglie, con bambini tra i 10 ed i 17 anni, svolto negli USA in
40 Stati: i figli si sono massicciamente lamentati del fatto che i loro
genitori usavano Facebook e gli altri social in modo abnorme, postando in
continuazione foto e resoconti della loro vita familiare senza consultarli,
creando tra di loro non poco imbarazzo.
“Comunicare”, come tutti sappiamo,
è sempre stato per l’uomo un obiettivo importante da raggiungere: fin dalle
origini egli ha cercato di trasmettere ad altri il suo pensiero, utilizzando tutti i
mezzi: dalle pitture rupestri ai segnali di fumo, dall’amplificazione dei suoni
con il corno ai Totem. Col passare del tempo il bisogno di comunicare non è diminuito:
anzi con i nuovi mezzi a disposizione si è certamente moltiplicato. Si comunica
per dare e ricercare informazioni, per instaurare e sviluppare legami sociali,
per cercare di influenzare gli altri con il nostro pensiero.
Innumerevoli le indagini effettuate su questo importante bisogno umano: fra i molti studiosi che si sono cimentati,
alcune importanti teorie comportamentali sono state elaborate e sviluppate: circa 50 anni fa, Abraham Harold Maslow, per esempio, anche per esplicitare meglio il suo pensiero, costruì
una ideale piramide in cui
spiegava visivamente la sua teoria sui bisogni e le motivazioni comunicative dell’uomo. Teoria, la Sua, che si basava su una gerarchia di motivazioni che, partendo dalle più basse
(originate da bisogni primari – fisiologici) arrivavano poi a quelle più alte
(volte alla piena realizzazione del proprio potenziale umano -
autorealizzazione).
Le sue teorie sono
state di recente rivisitate da Patch Adams che, in uno studio di pochi mesi fa,
le ha messe in stretta relazione con il mondo di oggi e con i suoi nuovi
strumenti: proprio i social media, entrati prepotentemente nel mondo della comunicazione.
In questo studio vengono esposti e analizzati i bisogni e le motivazioni che
spingono gli utenti della rete a utilizzare internet e la sua tecnologia,
rapportata proprio ai bisogni già evidenziati nella Piramide di Maslow,
diventata ora con Lui 2.0.
Cari amici, il problema però è che diamo per scontato che le nuove tecnologie siano di stretto appannaggio delle nuove generazioni,
ovvero di quei giovani che comunemente vengono definiti “generazione digitale”, anche se in realtà non è esattamente così. Se è pur vero che i nostri ragazzi vivono
in una specie di simbiosi con i social network (soprattutto Facebook adesso,
anche se nel 2007 il luogo privilegiato per la socializzazione e lo scambio era
MySpace mentre nel 2008 la presenza degli adolescenti era ben distribuita su
Netlog e Badoo), questo “approccio
mediatico” subito dopo il primo impatto ha contagiato anche le generazioni precedenti, ovvero anche la
nostra!
Si, è proprio vero: Facebook,
in particolare, ha contagiato, con la sua diffusione di massa, praticamente
tutti: genitori, figli e nipoti! Al giorno d’oggi anche il padre o la madre più
insospettabili, hanno aperto il proprio profilo Facebook. Le motivazioni di
questo massiccio approdo ai social certamente non mancano: motivo principale è certamente
il fatto che dà la possibilità a tutti di partecipare ad un modello di
comunicazione semplice e accessibile, senza difficoltà. Non è necessario essere
dei “nativi digitali”, come sono i nostri figli, per navigare, chattare e
scambiare messaggi su Facebook, Instagram o Twitter, solo per citare i più
noti.
Dal poco al troppo,
però, il passo è breve. Ebbene, tale e tanto è stato il piacere che la mia
generazione ha trovato nel collocarsi sui social, che si è già arrivati ad un
uso esagerato: è incredibile ma è la verità! L’uso eccessivo di questo mezzo da
parte degli adulti, in particolare del Posting
(mettere in continuazione in rete le foto dei loro rampolli sui social), ha
allarmato non poco i ragazzi. Chi l'avrebbe mai detto che un turbinio di foto
che li ritrae, di condivisioni di immagini e di storie private, sarebbero state
catapultate dagli adulti sui social media (che loro presupponevano strumento di
uso e consumo a loro riservato) praticamente a loro insaputa? Secondo quanto
emerso dallo studio prima citato, i figli si sono fortemente ribellati,
chiedendo ai loro genitori di limitare questo loro attivismo esagerato.
Secondo Sarita Schoenebeck, professore all’Università
della Michigan's School che ha guidato il sondaggio, "i figli vogliono poter
controllare le loro immagini", sentendosi spesso 'imbarazzati' dalle foto
condivise dai genitori o addirittura dai loro lamenti online sui loro
comportamenti”. Il suggerimento più opportuno, scaturito dall’indagine,
è quello che gli adulti prima di “postare” foto e commenti, chiedano il
consenso ai loro ragazzi. “Come genitori - ha osservato la
ricercatrice - dovremmo iniziare a capire che questi ragazzi sono la prima
generazione a crescere accompagnata da una sorta di 'impronta digitale' che li
segue dalla nascita”. Per la ricercatrice "sarebbe opportuno
riflettere sull’età in cui iniziare a chiedere loro il permesso prima di dare
sfogo alla nostra eccessiva mania di posting…”. Anche a mio avviso,
credo che non abbia tutti i torti!
A domani.
Mario
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