Oristano
25 Aprile 2016
Cari amici,
oggi in tutta Italia si
festeggia l'anniversario della liberazione, avvenuta il 25 Aprile del 1945,
giorno fondamentale per la nostra storia. Libertà, la nostra, conseguita con grande
sacrificio e che dovrebbe far riflettere non solo noi ma anche le generazioni
future. Libertà da intendersi a 360 gradi, che deve comprendere tutti i campi,
fra i quali uno, a mio avviso, è di vitale importanza: quello dell’espressione libera del pensiero, e
che comunemente prende il nome di libertà
di stampa.
Oggi è proprio di
questa particolare libertà che voglio parlare con Voi, perché una recente
notizia, appresa pochi giorni fa, mi ha angustiato non poco: l’associazione
non-governativa “Reporters sans
frontières” (fondata nel 1985 dal giornalista francese Robert Ménard), che
stila annualmente una classifica sulla libertà di stampa esistente
nei 180 Paesi oggetto d’indagine, ha riscontrato nella classifica 2016 che l’Italia ha perso ulteriori posizioni (ben 4)
in griglia rispetto all’anno precedente, scendendo dal 73° al 77° posto. La
situazione italiana, inoltre, appare ancora più pericolosa in quanto nella classifica
2015 lo scivolone era stato addirittura catastrofico, con la perdita di ben
24 posizioni!
A questo punto sorge
spontanea una domanda: cosa sta succedendo all’informazione nel nostro Paese?
Certo che essere preceduti dalla Moldavia e trovarsi praticamente alla pari con il
Benin non è certo un bel traguardo, considerato anche che all’interno dell’Unione
Europea a 28 Stati siamo proprio il fanalino di coda, seguiti soltanto da
Grecia, Cipro e Bulgaria. La classifica di RSF (stilata a partire dal 2002) è
basata su un complesso di indicatori:
pluralismo, indipendenza dei media, ambiente generale e autocensura, quadro
legislativo, trasparenza e infrastrutture.
Sul punto più alto del podio, in questa
interessante classifica, c'è la Finlandia, seguita dall’Olanda e dalla Norvegia; i finlandesi si classificano al primo posto per il sesto anno consecutivo. L’Europa nel
suo complesso mantiene bene le sue posizioni: al suo interno la libertà di stampa appare chiara, anche se la lotta
al terrorismo e le leggi eccezionali ne hanno minato il precedente modello virtuoso. A seguire
l’Africa, che continua ad avanzare, (esclusa la sua regione Nord, che insieme al Medio Oriente rappresenta
il punto più nero per la libertà d’espressione), e che per la prima volta supera
le Americhe (complice la pessima performance di Paesi come Venezuela, Honduras,
Colombia ed Ecuador).
L'analisi nel suo complesso del rapporto RSF evidenzia il fatto che la situazione globale mondiale continua a
peggiorare. A parte alcuni Paesi, nei quali risulta evidente un buon
miglioramento come la Tunisia, che ha guadagnato 30 posizioni (sicuramente per gli effetti positivi derivati dalla sua rivoluzione), per molti
altri non solo non si può parlare di conferma del precedente dato, ma si
riscontrano cali anche considerevoli. In coda alla classifica, agli ultimi
tre posti, si confermano Turkmenistan, Corea del Nord e, proprio ultima, l’Eritrea.
Cari amici, la libertà
di stampa è considerata universalmente uno dei diritti fondamentali del
cittadino. In Italia la libertà di pensiero, il diritto di esprimere le proprie
opinioni, di informare ed essere informati è pienamente tutelato dall’articolo
21 della Costituzione, anche se, tuttavia, questa tutela non mette al riparo
l'informazione da abusi ed attacchi, sempre più ripetuti. A interrogarsi sui motivi che hanno
pesato sull’ulteriore calo in classifica della nostra nazione, si possono fare diverse ipotesi.
Fra i motivi di
peggioramento, anche secondo RSF, l’aumento delle minacce nei confronti dei
rappresentanti dell’informazione da parte della criminalità organizzata. Tra le
altre ragioni della nostra pessima posizione in classifica, casi come il
Vatileaks (con i “procedimenti giudiziari” contro i giornalisti che ne hanno
scritto), e, infine, il fatto che numerosi giornalisti (fra i 30 e i 50) risultano sotto
protezione da parte della polizia per le minacce e le intimidazioni ricevute (anche di morte),
dato quest’ultimo che già nel 2014 determinò la perdita di ben 24 posizioni. Ai motivi del calo bisognerebbe aggiungere anche le querele temerarie,
messe in atto, spesso, dai politici, per cercare di frenare (...insabbiare) le inchieste dei
giornalisti. Funziona così: esce l’articolo e il politico scatena l’avvocato.
Segue la richiesta di danni: centinaia di migliaia di euro, o addirittura qualche milione. A segire, il Magistrato, che generalmente archivia. Nel frattempo, però, gli editori e i giornalisti ne
risultano intimiditi.
Cari amici, a dirla in breve, in Italia gli attacchi alla stampa continuano, ed è difficile dire se allo stato attuale sia da considerarsi davvero libera! I
giornalisti in maggiore difficoltà sono quelli che si occupano di
inchieste, sia sulla corruzione politica che sul crimine organizzato, due mali sempre più diffusi. Difficile
pensare ad un serio cambiamento in tempi brevi, se prima non si affronta a viso aperto l'alto livello di
corruzione, che avvolge l’Italia come un inestinguibile cancro, che per ora non si riesce a
domare.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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