Oristano
11 Aprile 2016
Cari amici,
Quand’ero più giovane per
dire che le diverse cose che andavano male erano legate tra loro si diceva “se
Atene piange, Sparta non ride”. Il motto stava a significare che una cosa
tira l’altra e che il male che avanza da una parte, corrode anche dall’altra.
Anche al giorno d’oggi l’antico abbinamento può risultare efficace: credo di poterlo
facilmente applicare anche alla nostra attuale situazione, sia economica che culturale.
I dati Eurostat 2014 hanno messo in evidenza
che l’Italia, dove per quanto riguarda l'economia abbiamo sempre il fiato grosso, per quanto riguarda la spesa pubblica destinata a scuola e
cultura, ci siamo collocati agli ultimi posti tra i 27 Paesi facenti parte dell’Unione
Europea, conquistando praticamente il classico fanalino di coda.
In dettaglio l'Italia è
risultata all'ultimo posto in UE per la percentuale di spesa pubblica destinata
all'educazione (7,9% nel 2014 a fronte del 10,2% medio UE) e al penultimo posto
per quella destinata alla cultura (1,4% a fronte del 2,1% della media UE). Questo
è quanto emerge dai dati Eurostat sulla spesa governativa divisa per funzione,
secondo i quali nel nostro Paese, invece, risulta ben più alta la percentuale di
spesa per la protezione sociale e per i servizi generali (41,8% a fronte del
40,2% dell'Ue). La percentuale di spesa per educazione, pensate, è addirittura scesa
di 0,1 punti rispetto al 2013! Se si guarda alla percentuale sul PIL - rileva
l'Eurostat - la spesa italiana per l'educazione è pari al 4,1%, a fronte del
4,9% della media UE, collocandosi al penultimo posto dopo la Romania (3%),
insieme a Spagna, Bulgaria e Slovacchia.
L'Italia dunque continua a tagliare
sull’istruzione, rimanendo, però, ad un livello molto alto di spesa sui
servizi generali, l'area nella quale sono compresi, oltre agli interessi sul
debito pubblico, le spese relative agli organi elettivi e la gran parte delle
spese per il funzionamento della Pubblica Amministrazione. In quest'area
l'Italia spende l'8,9% del PIL (a fronte del 6,7% medio UE) e il 17,4% della
spesa pubblica (a fronte del 13,9% in UE).
Entrando nei dettagli
della spese per l'istruzione, questa appare sufficientemente ‘in linea’ con la media per quanto
riguarda l'educazione primaria, risulta lievemente più bassa per quella
secondaria, mentre nel
campo dell'educazione terziaria, ovvero quella universitaria, post
universitaria e della ricerca, è incredibilmente molto inferiore agli standard UE. Nella spesa per l'istruzione terziaria il nostro
Paese appare il fanalino di coda dell’Unione: la percentuale di spesa sostenuta è
dello 0,3% sul PIL e dello 0,7% sulla spesa pubblica, dato lontanissimo, per esempio, dai livelli tedeschi
(0,9% sul PIL e 2% sulla spesa pubblica).
Il nostro Paese,
dunque, continua a spendere poco ed in
modo inefficiente in cultura e istruzione. Sono questi i dati inequivocabili
che emergono dall’ultimo rapporto dell’Eurostat uscito a Marzo e riferiti ai
dati del 2014. Il quadro che ne deriva vede l’Italia collocata
in fondo alla classifica, quasi a livelli di terzo mondo. Parlando di colpe, sarebbe
quantomeno ingenuo e semplicistico attribuirle alla crisi che attanaglia il
Paese, che mai avrebbe dovuto gettare alle ortiche due settori così strategici,
come quelli della cultura e dell’istruzione, senza i quali verrà ancora più
difficile uscire dalle secche della crisi. Ben altri sarebbero dovuti essere i
tagli da apportare!
Inoltre, ad aggravare ulteriormente
la riduzione e l’insufficienza degli investimenti in cultura, i dati hanno
evidenziato che i tagli maggiori sono avvenuti proprio nel contesto
universitario, luogo dove si preparano i giovani che rappresentano il futuro del
nostro Paese. L’Italia, da sempre annoverata fra i Paesi con il maggior patrimonio culturale al
mondo, sembra volersi disfare di un'eredità dal passato luminoso, vanto di molte generazioni. Un patrimonio che, con investimenti mirati e risorse ben
gestite, sarebbe stato ancora in grado di creare, con le giovani eccellenze che non ci mancano, nuova occupazione
e sicura crescita economica.
Cari amici, hanno un
bel dire il Premier Matteo Renzi e la Ministra dell’Istruzione e della Ricerca
scientifica Stefania Giannini nel magnificare un giorno sì e l’altro pure gli
investimenti del Governo nella scuola, nella cultura e nella ricerca
scientifica! Purtroppo ai proclami non seguono i fatti.
Tutt’altra musica, infatti, è quella che proviene dai dati Eurostat che abbiamo appena elencato e che evidenziano la
necessità di interventi ben più corposi e credibili, se si vuole invertire lo
stato comatoso delle nostre strutture (una volta di eccellenza), con i nostri giovani che vanno a formarsi fuori e che, alla fine, "fuori" rimangono.
Hanno voglia i
politici, di ogni colore e schieramento, di continuare a parlare di un’Italia
straordinariamente ricca di strutture e beni culturali di prim’ordine, se non
consentiamo ai giovani di prepararsi qui in modo adeguato e poter così continuare a
dimostrare il loro valore. Continuando a tagliare le risorse alla cultura,
credo che ci stiamo tagliando gli attributi da soli: e, da eunuchi, sono sicuro
che potremo fare ben poca strada, rimanendo inesorabilmente indietro!
A domani.
Mario
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