Oristano 10 settembre 2019
Cari amici,
Nel caldissimo agosto
appena trascorso abbiamo assistito al violento tentativo di abbattere la grande
foresta amazzonica per rendere agricoli il suo suolo, follia messa in atto con la
sicura connivenza del Presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Un danno
enorme, sotto certi aspetti poco reversibile, che potrà essere risanato solo
con tanta pazienza e in molti anni. Ebbene, ciò nonostante, pochi giorni dopo
un’altra notizia sconvolgente ha fatto il giro del mondo: il Presidente degli
Stati Uniti Donald Trump ha deciso di togliere il vincolo restrittivo, posto 20
anni fa, sul taglio e il trasporto del legname della più grande foresta degli
Stati Uniti, quella dell’Alaska (la Tongass National Forest).
Follie che colpiscono il
mondo intero, non una singola nazione! Non sono bastate, dunque, le
devastazioni della foresta amazzonica, vero, grande polmone del mondo, con il suo
enorme valore per la biodiversità in tutti i campi, per la regolazione del
clima nel pianeta e per la sopravvivenza della popolazione del mondo intero.
Purtroppo ora nel mondo risuona l'eco di un altro possibile disastro, percepito dall'annuncio fatto da Trump, che ha ulteriormente messo in subbuglio l’intero
pianeta. Il Presidente USA, per il quale il cambiamento climatico non è altro
che “una fake news”, dopo aver fallito (per ora) il tentativo di
acquisto della Groenlandia, punta a restare a casa sua, ma mettendo mano a un
suo forziere boschivo. Secondo il ‘Washington Post’, Trump vuole togliere i
vincoli alla maggiore foresta degli Stati Uniti, aprendola a progetti
energetici e attività minerarie, gettando alle ortiche le restrizioni del
ventennio precedente imposte durante la presidenza di Bill Clinton.
La zona di Tongass è un
enorme tratto del sud-est dell’Alaska, pieno di alberi secolari, che
costituisce la più grande foresta pluviale temperata intatta del mondo. Gli
attacchi, i tentativi di aprirla al disboscamento, ci sono sempre stati, non sono solo quelli di oggi:
i più forti e importanti sono iniziati all’epoca dell’Amministrazione Bush. Nel 2016 fu
messo a punto un piano per eliminare gradualmente il disboscamento della
vecchia crescita nel Tongass entro un decennio. Il Congresso stabilì che circa
5,7 milioni di acri di foresta selvaggia dovessero rimanere non sviluppati. Se
il piano attuale di Trump riuscisse, i provvedimenti riguarderebbero circa 10
milioni di acri dei 16,7 milioni totali della foresta.
Amici, il mondo corre
verso la perdizione! Dopo l’allarme per i rischi corsi con gli incendi in
Amazzonia, la sopravvivenza del pianeta vacilla ulteriormente: ora Trump prova ad
accendere un fuoco nuovo, pericoloso quanto quello amazzonico. L’Alaska,
che fu acquistata dalla Russia nel 1867, è un luogo particolare, molto vario e
complesso, ed è di grande importanza per il pianeta; essa comprende la tundra
artica (area permanentemente congelata chiamata ‘permafrost’) ma anche vaste
distese di abeti rossi, betulle, pioppi e salici: la foresta boreale. A ovest,
le ventose isole Aleutine si estendono nel Pacifico e, a sud-est. È in quest’Alaska,
fredda e meravigliosa, che vanta una fitta e imponente foresta pluviale
costiera, che si sono posati gli occhi del Presidente.
L’Alaska è oggi lo Stato
più vasto ma soprattutto uno dei più ricchi degli USA; lo è, in primis, grazie
all’estrazione di petrolio e gas, entrambe fonti primarie di cambiamento climatico,
ma anche per l’estrazione dell’oro e la grande quantità di pesce che si pesca.
Ora, in conseguenza del drastico cambiamento climatico, questa fredda terra sta
cambiando rapidamente. Come sostengono gli esperti, «La maggior parte dei
ghiacciai dell’Alaska si stanno sostanzialmente riducendo. Questa tendenza
dovrebbe continuare e ha implicazioni per la produzione di energia
idroelettrica, i modelli di circolazione degli oceani, la pesca e
l’innalzamento del livello del mare globale».
Si, amici, anche in Alaska
le temperature stanno aumentando, «una tendenza allo
scongelamento che dovrebbe continuare», dicono gli esperti. «Si prevede che gli
aumenti attuali e previsti delle temperature oceaniche dell’Alaska e i
cambiamenti nella chimica degli oceani modificheranno la distribuzione e la
produttività delle attività di pesca marittima».
In questa situazione, già
particolarmente allarmante per gli scienziati, il possibile disboscamento di
vaste aree della foresta Tongass porterebbe a conseguenze pericolosissime non
solo per l’Alaska, ma per l’intero pianeta. Gli scienziati concordano che il
taglio di alberi secolari metterebbe a rischio interi eco-sistemi e
distruggerebbe gli habitat della fauna selvatica.
Amici, se l’idea di Trump
andasse in porto, oltre al problema ambientale, il danno causato dal
disboscamento sarebbe un pericolosissimo boomerang; il disboscamento metterebbe in pericolo
le industrie del salmone, della pesca e del turismo presente a Tongass, settori
che insieme forniscono il 25% dei posti di lavoro nell’area e generano entrate
per circa 2 miliardi di dollari. Il danno causato alle industrie ittiche e
turistiche supererebbe di gran lunga qualsiasi beneficio economico derivante
dal rilancio dell’industria del legno. Perché insistere allora?
Credo, amici, che i
potenti del mondo dovrebbero davvero rinsavire, perché altrimenti la sorte
della terra appare già segnata!
A domani.
Mario
Le foreste, il vero polmone della terra!
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