mercoledì, settembre 18, 2019

IL DRAMMA DELLA DESERTIFICAZIONE NON RIGUARDA SOLO L’AFRICA, ANCHE L’ITALIA È AD ALTO RISCHIO.


Oristano 18 settembre 2019

Cari amici,

La desertificazione non è un problema che riguarda solo l'Africa o l’Asia. Il problema è ben più complesso, e riguarda anche l’Europa, Italia compresa. È l’effetto dei continui cambiamenti climatici che, causati in gran parte dall’uomo, costringono le nazioni ad affrontare nuove problematiche, alcune molto serie, che necessitano di nuove e innovative soluzioni. I tempi per provvedere, tra l’altro, sono ormai strettissimi e i diversi Governi del mondo dovrebbero agire subito.
I cambiamenti climatici, è inutile nascondere la testa sotto la sabbia, non sono “un problema di qualcun altro”, sono anche un “nostro” problema. Chiunque di noi sia poco convinto di questo, provi a dare uno sguardo all’ultimo rapporto stilato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR); in questo studio, basato sui dati raccolti dal Joint research centre (JRC) dell’UE, viene evidenziato un forte rischio erosione e inaridimento dei suoli, da tempo in crescita in tutti i Paesi dell’Unione: fino al 44 per cento sul territorio della Spagna, al 33 per cento in Portogallo e quasi al 20 per cento in Grecia e Italia.
Il motivo principale dell’avanzata dell’inaridimento dei suoli è il riscaldamento globale. Ma non solo. A contribuire al problema sono anche lo sfruttamento intensivo del territorio, come l’abbattimento delle foreste, le monocolture, e l’inquinamento crescente. Il problema è mondiale ed è da tempo sul tappeto. Furono le Nazioni Unite a istituire un protocollo noto come “Convenzione per la Lotta alla Desertificazione (Unccd)”, firmato a Parigi il 17 Giugno del 1994. Nel 1995 fu poi creata la “Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione”. Per Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, se non si interviene subito «l'aumento delle temperature entro la fine del secolo potrebbe arrivare a +5 gradi».
In Italia la percentuale dei terreni in pericolo di desertificazione, quantificata globalmente nel 21 per cento, pur sembrando contenuta, è un forte segnale di pericolo. Allo stato attuale la regione più minacciata dalla desertificazione è la Sicilia, ma è solo la punta di diamante, in quanto riguarda un po’ tutto il Sud. Stando a quanto dichiarato dall’Associazione Nazionale dei Consorzi di Bonifica (che ha operato sui dati pubblicati dal CNR), se la situazione è da considerarsi ormai critica in Sicilia (70 per cento dei suoli a rischio desertificazione), le cose non vanno meglio in Molise (58 per cento), Puglia (57 per cento) e Basilicata (55 per cento). Sono in pericolo anche altre regioni (dove i suoli ormai incoltivabili sono tra il 30 e il 50 per cento del totale), come le Marche, l’Umbria, l’Emilia Romagna, l’Abruzzo, la Campania, e pure la nostra Sardegna. 
Anche il Nord non appare, comunque, un’isola felice. A Chioggia, per esempio, si contano qualcosa come 20mila ettari agricoli a rischio desertificazione, a causa della risalita del cuneo salino, ossia l’ingresso dell’acqua di mare nell’entroterra delle province di Padova e Venezia. “È fondamentale in questi casi la presenza di un sistema irriguo razionale, efficace e continuativo”, ha commentato Francesco Vincenzi, Presidente dell'Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (Anbi).
Si, appare fondamentale, per evitare danni irreversibili, una corretta gestione delle risorse idriche, nonché un’analisi dei territori, in particolare di quelli estremamente esposti a rischi idrogeologici; è accertato che oltre 6 milioni di italiani risiedono in territori a rischio alluvioni, oltre ad un milione di persone costantemente esposto al rischio frane. Di fatto il 91 per cento dei nostri comuni si trova in territori con seri problemi idrogeologici.
Amici, combattere la desertificazione è ancora possibile, e lo si potrà fare partendo proprio da una migliore gestione del patrimonio idrico. La rete idrica, sia quella destinata alla fornitura dell’acqua potabile che quella utilizzata dal settore agricolo, nel nostro Paese risulta essere un vero e proprio colabrodo. Salvaguardare il settore agricolo significa contrastarne l'inaridimento e la desertificazione. La distribuzione irrigua, inoltre, contribuisce indirettamente a rifornire le falde, contrastando la risalita del cuneo salino nelle aree vicino alle coste. I tempi per provvedere, inoltre sono molto stretti.  “I cambiamenti climatici – come ha spiegato Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - non concedono ulteriori ritardi".
Cari amici, nel nostro Paese l’agricoltura è un’attività economica troppo importante per essere sottovalutata e l’inaridimento dei suoli è un problema gravissimo che va affrontato quanto prima nel modo più serio possibile. Secondo la Coldiretti le imprese agricole dovranno far fronte ad una sfida titanica, in quanto dovranno mettere in atto tutte gli strumenti possibili che le nuove tecnologie consentono, interpretando e mettendo in opera le novità inerenti i nuovi metodi di coltura, le moderne tecniche di gestione delle acque e operando costantemente sulla sicurezza del territorio.
Servono, sempre secondo la Coldiretti, “…interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque, campagne di informazione ed educazione sull’uso corretto dell’acqua, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni a basso fabbisogno idrico". Appare ovvio che per realizzare tutto questo sarà necessario un forte intervento pubblico, ma con i “chiari di luna” attuali sarà possibile?
Il risparmio idrico comunque, cari amici, riguarda un po’ anche tutti noi; si, anche noi nelle normali operazioni di pulizia della nostra casa possiamo dare il nostro contributo, utilizzando l’acqua in modo razionale e risparmioso, senza sprechi. Nessuno può pensare di tirarsi indietro!
A domani.
Mario





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