sabato, giugno 23, 2018

PROGETTI E UTOPIE PER UN’ISOLA FELICE. SARDEGNA: QUALE POLITICA ESTERA? UN CONFRONTO-DIBATTITO AD ORISTANO, PROMOSSO DA “REPUBBLICA DI ARBOREA”.


Oristano 23 Giugno 2018
Cari amici, Domenica scorsa 17 Giugno, in considerazione anche dell’invito ricevuto e della presenza di diversi amici, ho partecipato al confronto-dibattito, organizzato da “Repubblica d’Arborea” al Teatro San Martino di Oristano. Tema cruciale dell’incontro la posizione, anzi la collocazione della nostra isola, posta al centro del mediterraneo, relativamente alla politica estera da adottare, ovvero analizzare e discutere sul nostro attuale livello di reale autonomia relazionale (verso l'esterno, con altri popoli), considerata la nostra appartenenza (evito il termine sudditanza) alla Repubblica Italiana.
Al dibattito, per la verità mediamente partecipato, sono intervenuti diversi esponenti di partiti e movimenti sardi, come per esempio Bustianu Cumpostu, Attilio Dedoni, Gianfranco Sollai, Angela Loi e altri. L’incontro, moderato da Carlo Pettinau, intendeva sollevare proprio il problema sulla possibile “nostra, autonoma” politica estera, da portare avanti con iniziative dirette.
Sul tappeto, dunque ipotesi e progetti, realtà e utopie, nella speranza di fare della Sardegna un’isola felice. Ma, partendo da dove? Sicuramente dalla realtà attuale e sondando tutte le possibili aperture agli altri mercati che ci circondano, partendo da quelli dell’Unione Europea. Uno dei temi cruciali è senza dubbio l’autonomia operativa, ovvero la possibilità o meno della stipula di accordi tra la Sardegna e le altre realtà economiche circostanti, senza passare per il tramite dello Stato nazionale.
Si, amici, un’autonomia gestionale che ci consenta, in ambito comunitario, di accordarci sui vari aspetti della politica estera, a partire dai collegamenti marittimi ed aerei a quelli di import-export, solo per citare i più importanti. I vari rappresentanti di partiti e movimenti hanno, ognuno, esponendo le proprie convinzioni, ribadito la nostra grande voglia di scegliere autonomamente il nostro futuro, considerato anche che, come Regione, possiamo stipulare (l’Europa lo prevede) con altre entità come la nostra, protocolli e accordi.
Lo hanno ribadito tutti, in particolare Attilio Dedoni e Mauro Pili, che gli accordi europei la prevedono questa autonomia! Il problema è nostro: per chiedere con forza dobbiamo farlo uniti, coesi. Si, essere soprattutto coesi, facendo squadra nel rivendicare i nostri diritti, chiedendo con forza quanto ci è riservato e verificando quanto potremmo ottenere, se chiesto con le giuste maniere. 
Uno dei mali che ci ha sempre pervaso e che tutt’ora ci contraddistingue è l’esasperato individualismo, che non ha mai consentito nell’isola la creazione di una forza politica veramente sarda, slegata dai partiti nazionali, come invece è sempre avvenuto e continua ad avvenire in Corsica.
In quest'isola così vicina a noi, in questa terra sorella, nelle elezioni del Dicembre dello scorso anno la coalizione autonomista e indipendentista “Pe’ a Corsica” di Gilles Simeoni e Jean-Guy Talamoni ha stravinto il secondo turno delle elezioni regionali con il 56,5 per cento dei voti. Le altre tre liste che avevano superato il primo turno hanno raccolto molto poco: a Jean-Martin Mondoloni (la destra isolana) il 18,29 per cento, a La République en Marche – il partito del presidente francese Macron, il 12,67 e Les Républicains appena il 12,57 per cento.
Ecco, ho voluto riportare questi dati recenti relativi all’isola gemella, per significare che solo uniti si vincono le sfide, e quella che riguarda la Sardegna, di cui al dibattito prima richiamato, deve passare per la stessa strada. È assolutamente inutile che si continui a parlare tra di noi “frazionati e divisi”, perché in questo modo continuiamo a fare solo il gioco dei partiti nazionali, che non hanno nessun interesse a farci crescere e a farci diventare “un’isola felice”.
Cari amici, la sfida che attende la Sardegna, che annovera tanti giovani, oserei dire una generazione intera, privi di un lavoro dignitoso, passa attraverso la coesione, trovando una rinnovata compattezza, fatta anche dell’unione di anime diverse, ma accomunate dal raggiungimento dell’obiettivo comune. In caso contrario continueremo a percorrere la strada di sempre: quella servile della sudditanza, succubi di chi ci ha sempre dominato. Lo avevano capito da subito gli spagnoli quando, da dominatori, con un sorriso beffardo, parlando di noi, dicevano: “Pocos, locos y mal unidos”!
A domani.
Mario

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