giovedì, giugno 07, 2018

UNA BELLA LEZIONE SARDA DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE: AIUTIAMO I POPOLI IN DIFFICOLTÀ A CASA LORO. L’ESEMPIO DI STEFANO LAI DI ESCALAPLANO.


Oristano 7 Giugno 2018
Cari amici,
L’argomento immigrazione è un problema davvero drammatico, difficile da affrontare anche in Sedi istituzionali ben più qualificate di questo blog. L’ampiezza del fenomeno, che sotto certi aspetti è diventato un esodo di dimensioni bibliche, però, dovrà essere affrontato in modo concreto, e non semplicemente rinviato tamponando solo l’emergenza, come si sta continuando a fare. Affrontare problemi di importanza così vitale per il futuro dell’umanità, richiederà unione e coesione fra Stati, che in particolare dovrà essere messa in atto dai Paesi sviluppati, decisi a sostenere lo sviluppo dei Paesi ancora legati all'economia primordiale. Solo una saggezza collettiva, in un tempo medio lungo, potrà dirci se e come l’esodo potrà essere mitigato e poi risolto.
Partendo dal presupposto che il migrante non è solo colui che fugge da guerre, torture e prevaricazioni, ma anche chi nella sua terra non trova quanto necessario per vivere una vita dignitosa, io sono convinto che molto può essere fatto anche subito, da parte di quei Paesi che, come il nostro, possono dare una prima soluzione al problema alimentare. Cerco di spiegare meglio il tipo di intervento possibile nell’immediato.
L’enorme differenza tra i Paesi sviluppati e quelli del così detto Terzo Mondo, sta proprio nella mancata conoscenza tecnologica, ovvero nella necessità di acquisizione di quei sistemi e procedure semi-industriali che, applicate all’economia rurale (a volte ancora primordiale) attualmente in essere, possono far fare un bel ‘passo avanti’ nella produzione di beni e/o servizi necessari allo sviluppo dell’economia locale. Interventi di questo tipo possono essere portati avanti sia nella produzione agricola che in quella dell’artigianato, così come nella piccola industria e così via.
Amici, Mercoledì 30 Maggio, sfogliando l’Unione Sarda, il nostro maggiore quotidiano dell’Isola, ho avuto il piacere di leggere un articolo, a firma di Cristina Cossu, che aveva anche un titolo davvero interessante: “Lezioni di pecorino in Giordania”. In questo gradevole pezzo veniva riepilogata una straordinaria e bella esperienza che un accorto e volenteroso pastore sardo di Escalaplano ha voluto fare ad Adir, un paese di 2.000 abitanti posto nel deserto giordano di Kerak. Il disponibile benefattore sardo, dal cuore grande come molti sardi, si è recato senza indugio in Giordania per insegnare ad un gruppo di ragazze a produrre del buon formaggio, utilizzando la ricetta sarda.  Una curiosa e bella storia questa, che merita di essere raccontata.
La Giordania, amici, è terra anche di profughi, che provengono da molte zone circostanti, cosa che fa aumentare ancora di più i problemi. Anche grazie alla Chiesa cattolica, questa terra è diventata un rifugio per migliaia di persone. Ebbene, in questo difficile Paese lavora un prete straordinario, Padre Mario Cornioli, più noto come “Abuna Mario”, un sacerdote toscano che aiuta in particolare i cristiani che fuggono dai Paesi in guerra. Ebbene, un giorno un sardo, Stefano Lai di Escalaplano, pastore, apicoltore e imprenditore del sughero, un uomo di 43 anni che, detto all’americana, può a pieno titolo essere definito un “self made man”, riceve una telefonata da questo Abuna Mario. Come Stefano verrà a sapere dopo, il suo nome glielo fece una donna sarda di Ovodda, Maria Paola Crisponi, persona dinamica e determinata che si occupa di cooperazione internazionale.
Il prete toscano non ha timore di chiedere a Stefano Lai nientemeno che di “fare l’istruttore caseario”, per insegnare alla popolazione locale a fare per bene il formaggio! In realtà le pecore ci sono, il latte pure (ed è anche molto buono), ma gli abitanti non lo sanno fare. All’iniziale perplessità di Stefano, subentra però la sua innata curiosità, quella che a quell’uomo non è mai mancata; la sua grande disponibilità d'animo gli fa dire: “va bene, vengo e vediamo quello che si può fare”!
Stefano Lai è un uomo d’azione, che non è abituato a perdere tempo: si organizza e parte subito per la Giordania, destinazione Amman.  C’è da raggiungere Adir, un paese di circa 2.000 abitanti, composto da una popolazione di pastori come in Sardegna, con tante pecore. Senza perdere tempo (si è portato appresso tutta una serie di attrezzi e strumenti classici per fare il formaggio) inizia la sua missione. Si rende subito conto che il latte è buonissimo, altamente proteico, certamente in grado di produrre un ottimo formaggio.
Pur non conoscendo la lingua, insegna con i gesti. A seguire le sue lezioni c’è un gruppo di ragazze di Adir, attente e curiose, che in poco tempo diventano esperte. A chi chiede a Stefano come ha fatto ad insegnare l'arte senza conoscere la lingua, sorride dicendo: “Come ho fatto io ad imparare da mio nonno, con tanti SI e NO, e molto spesso anche con un 'Mudu', ovvero un forte stai zitto!”. 
Grazie a Stefano, ora in un paese del deserto del Kerak c’è un caseificio che produce dell’ottimo formaggio che, essendo molto simile a quello sardo, prenderà il nome di “Fiore di Giordania”. Questo prodotto ha già un mercato: è diventato richiestissimo da italiani, inglesi e americani che risiedono nella zona. E non è finita lì.
Dopo il formaggio ora si lavora anche la ricotta e si fanno le mozzarelle, queste ultime prenotate in anticipo dalla pizzeria sorta nelle vicinanze (si chiama pizzeria solidale ‘Mar Yousef’s pizza’), nata anch’essa dalla disponibilità italiana alla cooperazione internazionale. In questo modo è iniziata una piccola produzione industriale legata all’agro alimentare. La piccola industria ora, dopo aver acquistato dalla Cina a buon prezzo la gran parte dell’attrezzatura in acciaio inox, lavora a pieno ritmo: le ragazze hanno il loro stipendio (130 dinari corrispondenti a 160 euro, ma che in Giordania sono tanti soldi), i pastori che conferiscono il latte ricevono quasi 1 euro a litro (in Giordania è una cifra esorbitante) e fanno a gara a portarlo al caseificio. Un intervento, quello iniziato da Stefano, che ha cambiato in modo positivo, anzi straordinario, un’economia arretrata.
Cari amici, non ho parole per descrivere la mia gioia per iniziative di questo genere. Credo che la gran parte dei Paesi sviluppati e industrializzati dovrebbe operare massicciamente in tal senso. È proprio investendo "a casa loro" che noi possiamo e dobbiamo aiutare le popolazioni economicamente arretrate! E' ora di smetterla di usare il nostro surplus per sfamare la gente che non può provvedere a nutrirsi e che quindi emigra venendo a casa nostra! L’unica soluzione da portare avanti con costanza e determinazione è insegnare loro a creare le condizioni per procurarsi il cibo, ma "A casa loro"! In una parola: non dobbiamo aspettare che rischino la vita in mare per chiedere di essere sfamati a casa nostra: noi non dobbiamo fornire loro il pesce già cucinato per lenire la fame, ma dare loro l’amo, insegnando le tecniche di pesca e quant'altro, perchè valorizzino le risorse della loro terra.
Chi ha orecchie da intendere, intenda!
A domani.
Mario


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