Oristano
17 Giugno 2018
Cari amici,
Sarà pur vero che Il
Governo appena insediato vuole cancellare almeno in parte la legge Fornero, ma per il momento
chi andrà in pensione a partire dal 1 Gennaio 2019, percepirà un assegno ancora
più leggero rispetto al passato, altro che qualcosa di più! Dal prossimo anno, infatti, nonostante
la parità di condizioni nei confronti dei pensionati precedenti, chi si
ritirerà dal lavoro percepirà mediamente, circa l'1% in meno rispetto a chi ci
è già andato o ci andrà nel corso di quest’anno.
Il Decreto Legge che lo stabilisce è il DM del 15 Maggio, emesso dal Ministero del Lavoro e già pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, che ha fissato i coefficienti di trasformazione del montante contributivo, validi dal 2019 al 2021 (i coefficienti che, applicati al totale dei contributi versati durante la vita lavorativa, determinano l'importo annuo di pensione cui il lavoratore ha diritto).
Il Decreto Legge che lo stabilisce è il DM del 15 Maggio, emesso dal Ministero del Lavoro e già pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, che ha fissato i coefficienti di trasformazione del montante contributivo, validi dal 2019 al 2021 (i coefficienti che, applicati al totale dei contributi versati durante la vita lavorativa, determinano l'importo annuo di pensione cui il lavoratore ha diritto).
Il meccanismo di
adeguamento, introdotto a partire dal 2009 con le altre modifiche apportate dalla
legge Fornero, si somma dunque ai tagli precedenti, con effetti che hanno
comportato finora un taglio delle pensioni del 12% in 10 anni, secondo quanto
riportato dal quotidiano economico Italia
Oggi. Meccanismo da molti ritenuto perverso, in considerazione anche del fatto che
l'adeguamento automatico del coefficiente di trasformazione non viene applicato
in nessun altro sistema previdenziale.
In sostanza la riforma,
introdotta per rendere sostenibile infuturo il nostro sistema pensionistico,
prevede che debbano variare a scadenze fisse, oltre l’allungo dell'età del
ritiro dalla vita lavorativa, anche i parametri alla base della formula che serve a calcolare la
pensione rispetto ai contributi versati. Chiaramente a danno del pensionando,
che, vivendo di più, percepirebbe nel tempo un numero maggiore di assegni,
depauperando quindi le casse dell’Istituto previdenziale. L'adeguamento verso
il basso vale solo per le pensioni calcolate con il metodo contributivo, altra
beffa questa per le nuove generazioni di pensionati, sfavorite rispetto a
quelle precedenti che hanno avuto la fortuna di avere una pensione calcolata almeno
in parte col sistema legato alle ultime retribuzioni.
Il DM del 15 Maggio,
entrato in vigore prima dell’insediamento del nuovo Governo, sembra quasi uno
“schiaffo anticipato” ai nuovi governanti l’Italia, propensi, invece, a
revisionare alla grande la contestata Legge Fornero. Appare quasi un guanto di sfida
questo decreto, lanciato al nuovo Governo che vorrebbe, invece, favorire i
pensionati del sistema contributivo, tagliando le rendite dei «retributivi» più
ricchi. Se in questa fase inziale il nuovo Governo non farà in tempo a disinnescare
gli effetti perversi di una delle parti meno conosciute della riforma
previdenziale varata dal governo Monti, sicuramente non passera troppo tempo
prima che il sistema venga rivoluzionato.
Come ha ricordato
'Italia Oggi', da quando nel 2009 è stata introdotta la revisione dei
coefficienti non ci sono mai state variazioni positive. Quella corrente è la
numero quattro. Il quotidiano nella sua analisi ha riportato anche degli
esempi. Un lavoratore con 100 mila euro di contributi versati e 65 anni d'età,
ha visto calare in questi anni la propria pensione di circa 900 euro. Il
prossimo anno la sua pensione sarà di 5.245 euro, mentre nel 2009 era di 6.136
euro con una perdita secca di circa mille euro!
La riforma Fornero, in
realtà, ha agevolato solo chi restava al lavoro oltre i 70 anni; inizialmente
calcolando la permanenza al lavoro fino ai 70 anni e 7 mesi, ma aumentando in
progressione: per esempio, dal prossimo anno, come ricorda 'Italia Oggi',
entrerà in vigore un nuovo coefficiente: quello legato all'età di 71 anni. Per
sfuggire alla tagliola, insomma, come sottolinea il quotidiano economico,
l’unica strada è quella di lavorare sempre più a lungo. Continuando di questo
passo, se non interverranno interventi risolutivi, il lavoratore dovrà
trattenersi in fabbrica o in ufficio anche oltre i 75 anni, riuscendo in questo
modo a percepire la pensione per molti meno anni!
Cari amici, adesso
credo che capiate ancora meglio il perché dei tanti voti finiti al Movimento 5 Stelle
e alla Lega, le uniche formazioni che hanno fatto capire che avrebbero messo
quanto prima mano alla riforma Fornero, che appare effettivamente iniqua sotto
molti aspetti. Non dimentichiamo che il problema del “trattenersi al lavoro”,
non fa altro che diminuire ulteriormente le possibilità di lavoro dei giovani,
che continueranno a pesare sulle famiglie d’origine, senza poter mai potersi realizzare
né come lavoratori né come genitori, con la creazione di nuovi nuclei familiari.
Quale, allora, la
soluzione? Le idee che possiamo avere, cari amici, possono essere anche straordinarie, ma
camminano solo se accompagnate dal necessario supporto economico. L’Italia
purtroppo è attanagliata dal pesantissimo debito pubblico e senza
interventi strutturali non si potranno fare “nozze con i fichi secchi”. Si
parla di Flat Tax e di Reddito di Cittadinanza (con quali soldi?), ma il lavoro
ai giovani come e quando lo potremo mai creare? Facendo restare al lavoro gli anziani oltre i 75
anni?
In Italia i problemi
seri sono gli sprechi, i favoritismi, la corruzione, l’enorme costo della
Pubblica Amministrazione, i privilegi della tante branche della “Casta”, che
non ha mai voluto rinunciare nemmeno in parte alle proprie inique prebende, neanche di fronte ad una
povertà della nazione costantemente i crescita. La domanda è: “Riusciranno i
nostri eroi (leggi nuovi governanti) a combattere come Davide contro il gigante
Golia, riuscendo a sconfiggerlo? Io ne dubito molto, però, a volte, i miracoli
avvengono!
A domani.
Mario
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