Oristano
29 Giugno 2018
Cari amici,
La certificazione della sempre più difficile situazione in cui si dibatte la nostra Isola, la chiara, evidente
débâcle, non è “di parte”, ma statisticamente asettica e veritiera: è stato l’ISTAT,
il nostro Istituto Centrale di Statistica, a sancire che in questi ultimi 10
anni il Sud ed in particolare la Sardegna non solo non sono andati avanti ma addirittura
sono tornati indietro! Nella nostra Isola è dimostrato che siamo più poveri di 10 anni fa, anche
se percentualmente più acculturati e più attenti alla salvaguardia dell’ambiente.
Risultiamo anche più sfiduciati (andiamo sempre di meno ad esprimere il nostro
diritto di voto), anche se il numero delle donne che si impegnano in politica risulta
aumentato (è quasi raddoppiato rispetto al 2004).
Questa triste
situazione è stata fotografata dall’ISTAT, che ha messo a confronto i dati
attuali con quelli relativi ai primi anni del Duemila. La Sardegna nell’ultimo decennio
è stata investita dal ciclone della grande crisi che, se è pur vero che ha
impoverito in linea generale gran parte del mondo, con l’Isola è stato fin troppo
severo, tanto che non si riesce più a venirne fuori. Si, amici, gli ultimi sono
stati 10 anni di sofferenza, che hanno ulteriormente depresso le speranze del
popolo sardo, che si ritrova amaramente più povero rispetto a dieci anni prima.
Tutta l’Isola risulta
colpita da questo malessere, sia nelle zone interne che lungo le coste, nei
piccoli paesi dell’entroterra come nella città più importanti, a partire da
Cagliari, Sassari e Olbia. I dati parlano da soli: nel 2004 il tasso di
disoccupazione giovanile era al 39,2%, oggi ha raggiunto quota 57,7%, che –
rapportato alla media nazionale – significa un 16% in più. Tra l’altro, all’interno
di questa pesantissima statistica dei senza lavoro, troviamo il record negativo
del Medio Campidano, con l’81,7% dei giovani tra i 15 e i 29 anni privi di un
lavoro. La seconda provincia con i dati peggiori d’Italia è il Sulcis
Iglesiente, con un 75,2%.
Ma è in generale il
tema del lavoro che in quest’ultimo decennio ha collezionato solo segni meno,
con un forte impoverimento della popolazione. Nel 2007 il reddito per famiglia
era pari a 35.197 euro all’anno, mentre nel 2012 - ultimo dato disponibile - era
calato a 33.364. Quasi 15mila euro in meno delle famiglie del Trentino Alto
Adige! Tra le province la più ricca è Cagliari con un reddito medio di quasi
37mila euro, seguita da Olbia a quota 34, Sassari e Nuoro appaiate intorno ai
32mila euro. Ultima è l’Ogliastra, che, con una media di 26mila euro, è la
seconda provincia più povera d’Italia dopo Enna.
Cari amici, la triste
realtà, confermata senza sé e senza ma dall’ISTAT, è che il divario esistente,
circa il benessere economico presente al Nord e al Sud, non solo non è diminuito
ma continua ad aumentare, allargando la forbice in modo tale da togliere ogni
residua speranza di miglioramento.
Tra i dati evidenziati dall’ISTAT, infatti, uno
in particolare spicca sugli altri: quello (pubblicato per la prima volta) sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) rilevato nelle 110 province e
città metropolitane italiane. "Al Nord, nel 2016 il reddito medio di un lavoratore
dipendente era di circa 24.400 euro, contro i 16.100 euro di un lavoratore del
Mezzogiorno", con "una differenza di oltre 8mila euro annui".
Le retribuzioni sono successivamente
cresciute, ma con velocità diverse. "Il divario iniziale, che nel 2009
misurava 6.300 euro a vantaggio del Nord sul Mezzogiorno, si è quindi
notevolmente accentuato. Il reddito da lavoro dipendente misurato nella
provincia al vertice della classifica, Milano, risulta superiore, per circa due
volte e mezzo, a quello della provincia più indietro, Vibo Valentia!
Il Nord e il Sud,
insomma continuano a viaggiare a velocità diverse, a partire come accennato
dalle retribuzioni. Queste se è vero che hanno viaggiato in crescita negli
anni, lo hanno fatto a velocità diverse: +11,4% al Nord, +3,4% nel Mezzogiorno.
Le prime 22 province in termini di reddito sono tutte del nord, salvo Roma, che
è terza in Italia con 23.300 euro circa, dopo Milano (29.600 euro circa) e
Bologna (25.600). In coda tutte le province di Calabria e Campania (tranne
Napoli), Foggia e Lecce, Matera, Trapani, Messina, Agrigento, Enna e Ragusa e ‘dulcis
in fundo’, Sassari e Nuoro.
Cari amici, quando
statistiche serie come quelle dell’ISTAT evidenziano situazioni di questo tipo,
il raggiungimento del traguardo dell’uguaglianza anziché avvicinarsi si
allontana sempre più. Come possiamo pensare di migliorare, se gli indicatori
del mercato del lavoro evidenziano che il tasso di occupazione è al 70,6% al
Nord e al 47% nel Mezzogiorno? Quando potremmo mai pensare di trovare soluzione
alla miriade di giovani del Sud senza lavoro che seppure più acculturati e più
attenti all’ambiente, languono in casa dei genitori ormai privi di speranze,
oppure prendono la valigia come i loro nonni del passato per andare a cercare
il pane in terra straniera?
Non pensate anche Voi,
cari amici, che è tempo che certe metodiche politiche vengano rivoluzionate e
riscritte di sana pianta? Forse ci vorrà coraggio a farlo, ma senza coraggio e
determinazione si resta solo succubi di chi non ha interesse a che le cose
cambino…
A domani.
Mario
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