Oristano 22 gennaio 2023
Cari amici,
Per arrivare al livello
attuale di “DEMOCRAZIA” i popoli (anche se non tutti) hanno impiegato secoli. Per
lungo tempo siamo stati sudditi, sottomessi al potere di un Re o di un
Imperatore, che stava “al di sopra delle leggi”, in quanto regnava per grazia
di Dio. Il popolo era dunque fatto di sudditi, nati per obbedire, perché “senza
obbedienza il diritto del potere sarebbe vano, e di conseguenza lo Stato non
sarebbe affatto costituito” (queste parole sono di Hobbes, De Cive, VI, 13). Solo
negli ultimi tre secoli, battaglia dopo battaglia, siamo faticosamente arrivati
a diventare cittadini, cioè parte attiva della decisione comune, quindi
democratica.
Con questo nuovo “status”,
che assomma libertà fondamentali, come i diritti civili e quelli politici, cioè
la partecipazione diretta al governo dello Stato mediante elezioni libere, diventate col
tempo a suffragio universale anche femminile. Poi, ancora, sono arrivati i
diritti sociali, cioè le prestazioni statali a tutela della salute, dell'istruzione, della previdenza e del lavoro, per consentire a tutti di migliorare
la propria condizione sociale e quindi poter partecipare attivamente al gioco
della democrazia. Poi è arrivata la Globalizzazione, e con essa la rivoluzione digitale, che però, lentamente ma inesorabilmente, ha iniziato a minare i fondamenti della democrazia.
Si, amici, con lo
sviluppo della società digitale ci troviamo paradossalmente a retrocedere. In
che senso direte Voi? Nel senso che nella società digitale abbiamo praticamente perso la
qualifica di cittadini, per riassumere quella lontana di sudditi! Siamo arrivati quindi ad uno stadio successivo: dalla democrazia siamo passati alla post-democrazia. Proviamo a
vederne le ragioni. Tanti di noi sono impegnati nei diversi social, e, come ben
sappiamo, per aprire il nostro profilo dobbiamo obbligatoriamente sottostare ad
una marea di richieste che arricchiscono l’archivio del Social di turno. Ma ci
siamo mai chiesti che diritti abbiamo, una volta entrati a far parte di questo
parco utenti?
Una volta entrati a far
parte del “parco buoi” dei vari social, ci rendiamo conto che partecipiamo come sudditi più che come
cittadini! Pensiamoci bene. Una volta aperto il nostro profilo che diritti
abbiamo nel mondo digitale? E nei social? Abbiamo modo di partecipare alle
decisioni su come gestire la rete? Possiamo contribuire a scrivere le regole
dei social network? O in fondo sarà sempre e soltanto l’Elon Musk di turno a
decidere se Trump o Andrew Tate possono tenere aperto il profilo su Twitter? E
gli interrogativi non finiscono qui.
Quando abbiamo un
problema con il nostro profilo possiamo fare ricorso a un giudice terzo e
imparziale, secondo i dettami della divisione dei poteri o ci dobbiamo limitare
a chiedere “giustizia” allo stesso gestore del social? Su questo versante,
molto interessante è l’esperimento di Facebook, di creare l’Oversight Board,
cioè un Tribunale indipendente per i ricorsi degli utenti. La questione diventa
ancora più paradossale se pensiamo che invece proprio la rete e i social sono
diventati strumenti per la democrazia: pensiamo alla piattaforma Rousseau del
Movimento 5 Stelle o alla pubblicità dei partiti tradizionali in rete per le
elezioni. Dai dati diffusi da Meta, per le politiche 2022, Fratelli d’Italia ha
speso 140 mila euro di pubblicità, la Lega 69 mila euro, il Pd 46 mila e così
via.
Giorno dopo giorno ci
rendiamo conto che la democrazia non può non passare sulle reti digitali,
eppure le reti digitali stesse sono molto poco democratiche. Siamo in piena
post-democrazia! E ancora non sappiamo quali ne saranno gli sviluppi.
Penso, tuttavia, che sarà una delle grandi sfide dei prossimi anni comprendere
come portare la democrazia all’interno del mondo digitale. Con percorsi tutti
ancora da scrivere, per capire come potremo non limitarci a essere passivamente
consumatori o utenti, ma cittadini del “nuovo mondo”. Quello digitale.
Cari amici, il mondo che
verrà, nel quale la rivoluzione digitale sarà sempre più avvolgente e sempre
più invasiva, potrà tornare ad essere realmente democratico, abitato concretamente
da cittadini e non da sudditi? Chissà!
A domani, cari lettori.
Mario
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