Oristano 5 gennaio 2023
Cari amici,
In Sardegna non si può
certo dire che manchino le pietre! Esse abbondano in po’ dappertutto, arrivando
quasi anche alle soglie delle pianure del Campidano. Ebbene, i sardi fin dal
periodo nuragico hanno fatto buon uso di queste pietre, utilizzandole non solo
per costruire i nuraghi e le loro abitazioni, ma anche per dare una
giusta sistemazione alle campagne, dato che la nostra isola ha una superficie
alquanto movimentata, con la presenza di numerose di colline. Su queste zone
collinari, l’abbondanza di pietre è stata utilizzata per frenare il dilavamento
nei terreni scoscesi, costruendo i muretti a secco per riuscire a frenare le acque
meteoriche che altrimenti avrebbero portato a valle il prezioso terreno
coltivabile.
I “muretti a secco”, amici,
sono il prodotto di un’arte antica, che, tramandata di generazione in
generazione, continua ancora oggi, svolgendo un ruolo attivo alquanto
importante. Costruiti senza utilizzare alcun tipo di malta (se non della terra
secca tra una pietra e l’altra), i muretti a secco sono legati solo dai sapienti
incastri studiati dai costruttori, che, appoggiando le pietre una sull’altra, viene sfruttato sia il peso che il giusto posizionamento. L'arte antica dei muretti a secco
rappresenta, oggi come ieri, "una relazione armoniosa tra l'uomo e la
natura".
Si, amici, i muretti a secco rappresentano una felice relazione della pietra con la natura circostante, senza contaminazioni esterne, e che, unitamente
alla vegetazione spontanea che cresce tra una pietra e l'altra o anche a ridosso dei muri
stessi, costituiscono un "unicum", un importante ecosistema. È dal loro connubio, infatti, che
si crea un microclima particolare, favorevole alle piante mediterranee che
possono così, grazie alla maggiore disponibilità idrica dei terreni che hanno
evitato il dilavamento, superare le ricorrenti crisi estive dell’isola.
Sono decisamente numerose
le specie botaniche che crescono lungo i muri a secco. Si va dai più comuni
rovi, ai cespugli di timo, lentisco e mirto. Ma troviamo anche la rosa selvatica,
il prugnolo, il finocchio selvatico e l’asparago, per citare i più importanti.
Tra le fessure delle pietre, che presto si ricoprono di muschi e licheni, si
insinuano l’edera, l’ombelico di venere e la felce, dando vita ad un
meraviglioso e armonioso spettacolo di naturale, pacifica, armoniosa convivenza.
Amici, come accennavo
prima, il Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale,
riunito dal 26 novembre al 1° dicembre 2018 a Port Louis, nelle isole Mauritius
ha iscritto L’”Arte dei muretti a secco” nella Lista del Patrimonio
Culturale Immateriale dell'UNESCO. L'iscrizione non ha riguardato solo l’Italia
(e quindi la Sardegna) ma anche altri 7 Paesi europei: Cipro, Croazia, Francia,
Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Per il nostro Paese si tratta del nono
riconoscimento, il terzo transnazionale (dopo la Dieta Mediterranea e la
Falconeria).
L’UNESCO nel
riconoscimento assegnato ha evidenziato che «l’arte dei muretti a secco» consiste nel
costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali
se non, in alcuni casi, la terra asciutta. Queste conoscenze pratiche vengono
conservate e tramandate nelle Comunità rurali, in cui hanno radici profonde, e
tra i professionisti del settore edile. Le strutture con muri a secco vengono
usate come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame, e
testimoniano i metodi usati, dalla preistoria ai nostri giorni, per organizzare
la vita e gli spazi lavorativi ottimizzando le risorse locali umane e naturali.
Queste costruzioni dimostrano l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura
e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le
inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione».
Tornando al nostro suolo
sardo, possiamo dire che da noi il muretto a secco ben fatto, capace di
resistere nel tempo anche per secoli, è un’opera d’arte vera e propria; opera che per
essere realizzata richiede abilità e pazienza, un lavoro certosino necessario per
riuscire a incastrare la pietra giusta nel posto più adeguato possibile. La
solidità del muro è infatti legata all’incastro perfetto: le pietre, andando a
combaciare, creano la stabilità strutturale per cui i muretti a secco resistono
alle intemperie e ai temporali per secoli. Purtroppo, però, il crescente abbandono
delle campagne, sta creando un pericoloso stato di abbandono dei muretti a
secco, a causa soprattutto della mancata, regolare manutenzione; senza il necessario ripristino
dei tratti parzialmente crollati, infatti, vengono vanificate le originarie funzioni del
muretto, con conseguenze sia ecologiche che paesaggistiche.
Cari amici, l’abbandono
delle campagne sta impoverendo sempre più la nostra isola, con la conseguenza che centinaia di
piccoli Paesi, in particolare quelli dell’interno, si stanno spopolando; il continuo travaso degli abitanti nelle città, con la conseguente chiusura delle attività socio economiche, comporterà in tempi brevi l'estinzione dei piccoli centri. Questi, nei prossimi 15/20 anni, potrebbero morire in tanti! Eppure, una
soluzione credo debba essere trovata, perché sarebbe la morte, la perdita tristissima di tradizioni, saperi e sapori di valenza millenaria. E la nostra amata Sardegna non
merita certo perdite così dolorose! Ma la nostra Regione Autonoma sarda (più di nome che di
fatto) cosa intende fare per garantire la loro sopravvivenza?
A domani cari lettori.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento