Oristano 4 Settembre 2022
Cari amici,
L'albero del pane
(Artocarpus altilis) è una pianta della famiglia delle Moraceae che cresce nel
sud-est asiatico e in molte isole dell'oceano Pacifico. Quest’albero dà origine
a un frutto, chiamato breadfruit o frutto del pane, in riferimento alla
somiglianza della sua polpa cotta, ricca di carboidrati, proprio al pane.
L’Artocarpus altilis, per meglio chiarire, appartiene alla stessa famiglia del
Gelso e del Fico ed è originario della Nuova Guinea; successivamente si è poi
diffuso nelle aree tropicali, in Sud America, nel Sud-Est Asiatico, in India e
in Oceania. Ma vediamo meglio le strabilianti caratteristiche di quest'albero e del suo frutto straordinario.
Per comprendere
l’importanza dell’albero del pane, cominciamo conoscendo un’antica leggende
hawaiana secondo la quale il dio Ku riuscì a salvare la sua famiglia da una
carestia seppellendosi e rinascendo come albero del pane. Chiaramente, questa è
solo una storia, ma di fatto questo albero, noto come Ulu e il cui nome
scientifico è Artocarpus, potrebbe davvero salvare dalla fame le popolazioni
delle zone più povere del pianeta. Scopriamo insieme come e perché.
I frutti di questo
benemerito albero sono di dimensione medio-grande, andando da quella di un
pompelmo a quella di un grosso melone. Il fritto è ricoperto da una scorza
verde chiaro, al cui interno è contenuta una polpa biancastra che va consumata
previa cottura. È proprio la cottura a conferire al frutto il caratteristico
sapore di pane appena sfornato o, secondo alcuni, di patata lessa. Di fatto
però resta un alimento dalle notevoli proprietà sazianti (pensate che un solo
frutto può fornire a una famiglia di 5 persone il quantitativo necessario di
carboidrati) oltre che ricco di sostanze nutritive.
Pensate che un albero del
pane, dopo soli tre anni di vita, può arrivare a produrre mezza tonnellata di
frutta l’anno. La resa per ettaro, quindi, è decisamente superiore rispetto a
qualsiasi altra cultura amidacea (riso, mais, ecc.…) e a questo va ad
aggiungersi il fatto che non essendo una coltivazione annuale, richiede un
dispendio di forze assai minore. Il frutto dell’albero del pane contiene da
solo un quantitativo di potassio pari a 10 banane, ma anche vitamina C,
vitamina B, sali minerali e fibre. Composto per il 70% da acqua, ha un apporto
calorico di circa 100 calorie per 100 grammi di prodotto.
Di solito, amici, questi
frutti vengono consumati cotti, bolliti, fritti, o arrostiti al forno e si può
ricavare da essi una farina utile per la preparazione di molte ricette diverse.
Di questo frutto, si mangiano anche i semi, anch’essi cotti come noccioline,
oppure sotto forma di confettura. Infine, i nativi delle zone nel quale
l’albero del pane cresce spontaneamente fanno fermentare la polpa dei frutti, che
quindi può essere conservata a lungo.
Amici, la popolazione sulla
terra continua a crescere e gli attuali 8 miliardi di persone potranno superare
presto i 10 miliardi. Sfamare questa immensità di persone sarà sempre più
difficile, considerato anche il disastro creato dai cambiamenti climatici; le
produzioni di riso, grano, mais e soia, le più importanti per la produzione di
alimenti, rischiano di subire un tracollo, e non soltanto per la guerra in
corso tra Russia e Ucraina. Sara, pertanto, necessario trovare delle soluzioni
a quella che di fatto è già oggi una emergenza globale. La soluzione, però,
almeno in teoria, secondo gli scienziati sarebbe stata già trovata.
Uno studio recente,
condotto da un team di ricercatori della Northwestern University, intitolato
“Potential of breadfruit cultivation to contribute to climate-resilient low
latitude food systems” e pubblicato sulle pagine della rivista scientifica Plos
Climate, sostiene che il futuro del mondo è legato a doppio filo all’albero del pane. I
frutti di questa pianta potrebbero, una volta trasformati in farina, essere
conservati ed esportati, fornendo nutrimento in particolare nelle zone povere
del pianeta.
“L’albero del pane – come
ha spiegato Daniel Horton, autore senior dello studio - è una specie trascurata
e sottoutilizzata, che risulta essere relativamente resistente nelle nostre
proiezioni sui cambiamenti climatici. Questa è una buona notizia perché molti
altri prodotti di base sui quali facciamo affidamento non sono così resilienti.
In condizioni molto calde, alcune di queste colture di base lottano e le rese
diminuiscono. Mentre implementiamo strategie per adattarci ai cambiamenti
climatici, l’albero del pane dovrebbe essere preso in considerazione nelle
strategie di adattamento alla sicurezza alimentare”.
“Gli alberi del pane -
aggiunge il collega Nyree Zerega, direttore del Program in Plant Biology and
Conservation - possono vivere per decenni e fornire annualmente una grande
quantità di frutti. In alcune culture c’è la tradizione di piantare un albero
del pane quando nasce un bambino, così da assicurargli cibo per il resto della
vita”. I punti di forza dell’albero del pane, rispetto alle colture
tradizionali, sono molteplici. Secondo Zerega “una volta impiantato uno di
questi alberi può resistere al caldo e persino alla siccità più intensa.
Trattandosi poi di coltura perenne richiederà inoltre di quantitativi inferiori
di acqua e fertilizzanti. Come tutti gli alberi, infine, durante il ciclo
vitale sequestra l’anidride carbonica dall’atmosfera”.
Cari amici, personalmente
sono sempre stato convinto che in natura c’è tutto il necessario per sfamare l’uomo,
anche se dovesse continuare a crescere oltre i 10 miliardi di individui. La
natura, però, va conosciuta meglio e rispettata, seguendo i suoi cicli senza
che l’uomo continui a sconvolgerli. L’albero del pane, sono convinto, potrà
essere piantato in tante zone oggi anche semi-aride, e diffuso in modo tale da
creare coltivazioni che saranno in grado di sfamare tantissime persone. Viva l’albero
del pane, detto saggiamente anche albero di Dio!
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento