Oristano 11 settembre 2022
Cari amici,
il Capodanno è per ogni
popolo uno tra i momenti più attesi: si dà l’addio ad un anno, spesso carico
più di dolori che di gioie e si attende il suo successore, il nuovo anno, che
tutti sperano migliore di quello precedente. Una specie di “passaggio di
consegne”, fra il vecchio e il nuovo anno, che nell'immaginario collettivo
rappresenta simbolicamente un nuovo inizio, la possibile realizzazione di nuovi
sogni e la speranza di un futuro migliore. Tuttavia, la data del cambiamento,
del “passaggio” da un anno all’altro non cade nello stesso periodo in tutto il
mondo.
Si, per diversi popoli l'ultimo
giorno dell'anno non coincide con il 31 dicembre, in quanto la data dell'evento
può variare a seconda della particolare cultura e religione praticata dal
popolo. il Capodanno cinese, per esempio, detto anche Capodanno lunare, viene
festeggiato in diversi paesi dell'estremo oriente (tra cui Cina, Giappone -
limitatamente a Okinawa -, Corea, Mongolia, Nepal, Bhutan) in corrispondenza
del novilunio che cade tra il 21 gennaio e il 20 febbraio; in Bangladesh e
altre aree asiatiche si celebra il 14 aprile, mentre il Capodanno etiopico, è
festeggiato l’11 settembre. Insomma, gli esempi di momenti diversi non mancano,
e Capodanno, a seconda della storia e della cultura di un Paese, risulta
celebrato in mesi e stagioni differenti.
In Sardegna, per esempio,
nel lontano passato il Capodanno si festeggiava in Settembre. Nell'epoca
medievale, infatti, il Capodanno sardo si festeggiava nel mese di settembre,
che non a caso veniva e viene tutt'oggi chiamato CABUDANNI. Il motivo della
celebrazione del “passaggio da un anno all’altro” in Settembre è alquanto
semplice: nella Sardegna allora agro-pastorale Settembre era il mese del
rinnovo dei patti agrari, in quanto si svolgeva l'ultimo ciclo di rotazione
delle colture. Inoltre, l'Isola si trovava sotto la dominazione bizantina e l'influenza
dell'impero orientale portò la Sardegna ad adottarne il calendario bizantino, che, a
differenza di quello gregoriano, iniziava il 1° settembre e terminava il 31
agosto.
Nella Sardegna
agro-pastorale le annate venivano pertanto scandite dai ritmi della terra, ed
era l’alternarsi delle stagioni a dettare l’inizio e la fine del trascorrere
annuale del tempo. In un passo del saggio intitolato “Il Folclore sardo”,
scritto nel 1957 dall’antropologo e filologo e letterato cagliaritano Francesco
Alziator, si legge: “Per i sardi l’anno non comincia a gennaio; esso inizia
invece a settembre e solo i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio,
e cioè cinque su dodici, hanno nomi uguali a quelli usati dalla maggior parte
della cristianità; gli altri sette hanno nomi particolari, usati solo
nell’Isola e neppure in tutta l’Isola, ma solo in certe zone e talvolta assai
limitate. […] Il calendario sardo appare come l’espressione di un popolo
essenzialmente dedito all’agricoltura”.
Amici, in quella civiltà
agreste, era il legame con la terra e l’alternarsi delle stagioni a
condizionare notevolmente i ritmi della vita e le tradizioni del popolo sardo.
Inoltre, sebbene il Capodanno non sia mai stata una festa particolarmente
sentita dai sardi, ad esso erano legate alcune usanze e tradizioni il cui scopo
era quello di essere ben auguranti. Usanze che, come scrisse la nostra grande Grazia
Deledda, furono sapientemente tramandate, vere tradizioni di un mondo antico e
“primitivo”, fatto di credenze popolari, riti e leggende che altrimenti, forse,
sarebbero andate perse.
In Sardegna il Capodanno settembrino,
nonostante non fosse accompagnato da celebrazioni solenni come la Pasqua o il
Natale, era comunque il momento più adatto per trarre auspici per il futuro. Un
momento particolare per porre al destino importanti domande, come per esempio quelle sul proprio futuro, come per esempio un possibile matrimonio. Molte fanciulle
in età da marito si domandavano quando e se si sarebbero sposate, e addirittura in che modo sarebbe potuto avvenire il loro matrimonio. Infine, quando si faceva visita
ai parenti o si incontravano le persone per le strade, ci si salutava con un
augurio: “A Sa Noa!”, che significava “Ci vediamo nell’anno nuovo”, a cui
immancabilmente seguiva l’esclamazione “Deus bollat!”, ovvero “Che Dio
voglia!”.
Cari amici, chi abita ad
Oristano, sa bene che per gli oristanesi “Settembre è anche oggi il mese della “Festa
di Santa Croce”, famosissima ai tempi della civiltà contadina, quando ad
Oristano nella Piazza del mercato del bestiame, si festeggiava il rinnovo dei
patti agrari come l'inizio di un nuovo anno. Una festa davvero importante, un “CAPUDANNI” importante proprio
come il Capodanno odierno!
A domani.
Mario
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