Oristano 18 settembre 2022
Cari amici,
L’Egitto è terra di
misteri. Dopo le piramidi e la sfinge, ben altri si nascondono sotto la sabbia del deserto. Costruzioni segrete, che appaiono difficili da svelare, come l’immenso labirinto
sotterraneo di antichissima costruzione, risalente a un periodo lontanissimo e di cui parlano addirittura
Erodoto, Manetone, Diodoro e perfino Pitagora. Questo misterioso labirinto
viene descritto strutturato su due livelli, con oltre 3mila stanze e mura
tempestate di enigmatiche iscrizioni che potrebbero raccontare la vera storia
della civiltà egizia, all’epoca fra le più grandi della terra.
Eppure, questa immensa
opera d’arte, indubbiamente eccezionale per l’epoca, resta ancora sepolta sotto
la sabbia del deserto egiziano con i suoi preziosissimi reperti, quasi secretata. Ancora da scoprire, nonostante dai
rilievi effettuati una decina di anni fa da ricercatori belgi ed egiziani, questo manufatto lascia presagire una scoperta archeologica tra le più grandi di sempre.
Ma vediamo cosa si sa, finora, di questo straordinario “Labirinto di Meride”,
costruito in Egitto ad Hawara presso il lago di Meride nel Fayyum; indubbiamente si tratta di una costruzione
labirintica, parte integrante del tempio funerario di
Amenemhet III (1842 a.C.-1797 a.C.), che, come scrisse Manetone nelle sue opere: «...egli costruì il Labirinto nel nomo di Arsinoe, come tomba per
sé», labirinto simile a quello di Cnosso.
Di questa antichissima
struttura, gli storici prima menzionati parlano di un labirinto già vecchio di
un migliaio di anni; Pitagora (484 a.C.– 425 a.C.) scrisse che il labirinto era
già antico di 1.300 anni ai suoi tempi, precisando di averlo visitato
personalmente. Ecco cosa scrisse: “Le piramidi sono al di sopra di ogni
possibile descrizione, ma il Labirinto vince il confronto anche con esse”. Insomma,
un labirinto custode di incredibili segreti che si stenta però a svelare.
Il famoso egittologo Flinders
Petrie, proprio nel Fayyum, nella zona di Hawara presso il lago di Meride
di cui parlano gli antichi storici, portò alla luce alcune rovine nel 1888.
Poche in verità: frammenti di colonne ed i basamenti di due colossali statue
ritenute del sovrano Amenemhet III. Il luogo sarebbe stato utilizzato come cava
di pietra sin dall’epoca romana, e molti dei resti archeologici sarebbero purtroppo serviti per erigere nuove costruzioni. Alcuni si chiesero già allora, tuttavia,
se quelli individuati fossero davvero i resti del labirinto. Dubbi notevolmente
accresciuti dai risultati ottenuti di recente col georadar da una equipe di
ricercatori.
Eppure, gli antichi storici
hanno lasciato precise indicazioni sulla enigmatica costruzione. Erodoto,
il famoso storico di Alicarnasso, in Storie (Libro II), parlando della struttura, la descrive "sotterranea" e composta da dodici cortili coperti, con porte opposte
tra loro: sei rivolti verso nord e sei verso sud; tutti spazi contigui. Lo stesso muro – fa
sapere - li chiude tutt’intorno dall’esterno. All'interno tante le stanze in doppio ordine.
Quelle a livello del suolo - afferma Erodoto - che ho visitato ed attraversato, e quelle nel
sottosuolo. Quante? 3.000 in numero, 1.500 per ciascun ordine.
Anche Strabone,
fornendo anch’egli informazioni fondamentali, afferma che davanti agli ingressi
si aprono numerose e lunghe gallerie sotterranee, collegate fra loro da
tortuosi passaggi, sicché senza guide per nessun visitatore è possibile entrare
e uscire dallo stesso cortile. Riferisce, inoltre, un'altra cosa definendola
straordinaria: “I tetti di ciascun ambiente sono fatti di un'unica pietra e,
alla stessa stregua, le gallerie sono ricoperte per tutta la loro ampiezza da
lastre monolitiche di eccezionale grandezza, senza travature di legno o di
altro materiale”.
Per anni si è ritenuto
che quello individuato da Patrie fosse il sito del mitico labirinto.
L’archeologo trovò per altro i nomi di Amenemhet III e della figlia Sebeknofru
durante gli scavi e se ne dedusse che la struttura di Meride facesse parte
integrante del tempio funerario di questo faraone (1842 a.C.-1797 a.C.). Ma i forti
dubbi rimasero. Come poteva essere il labirinto descritto da Erodoto e da
altri, se mancavano importanti elementi indicati negli scritti di questi
ultimi? Per lo meno, il materiale rinvenuto non poteva rappresentare l'intera struttura.
Quanto a Erodoto,
Egli afferma che accanto al Labirinto vi era una piramide alta quaranta orge
(antica unità di misura corrispondente, all'incirca, a quanto si ottiene
allargando le braccia e distendendo le dita, N.d.R.) sulla quale vi sono
scolpiti animali di grandi dimensioni. Vi si accede da una strada
sotterranea...Il soffitto dei locali è di pietra come le pareti piene di figure
scolpite, mentre ogni cortile è circondato da colonne di pietre bianche
connesse fra loro alla perfezione. Il tetto di tutte queste costruzioni è in
pietra e così pure i muri ricoperti da iscrizioni. Infine, Egli ci lascia in
eredità una precisazione intrigante: “Le stanze superiori le abbiamo viste
noi stessi passando da una all'altra e ne parliamo per averle visitate, ma di
quelle sotterranee abbiamo solo informazioni per sentito dire; poiché gli
Egiziani che vi sovraintendono non hanno voluto assolutamente farcele vedere,
dicendo che ci sono le tombe dei dodici re che fin dall'inizio costruirono
questo labirinto”.
Amici, che in quel sito segreto possa
essere custodita la storia più remota dell’Egitto e non solo, viene ribadito,
con parole neppure tanto criptiche, anche da Pitagora. Il labirinto –
rivela il sommo matematico - contiene altrettanti luoghi, quante ha il Nilo
divinità; altrettanti palazzi, quanti vi sono governi, o vi dovrebbero essere
stati: giacché questo immenso edifizio, nell'origine del suo disegno, doveva
essere considerato come il geroglifico materiale dell'impero.
Amici, il segreto sull’antico
labirinto purtroppo sembra permanere anche oggi, nonostante l'esistenza di questa
struttura colossale sotto l’area indagata un tempo da Petrie sia ormai una
certezza. Dell’incredibile ritrovamento si occupò nel 2008 anche la rivista
scientifica NRIAG e i risultati, con dati dettagliati, furono illustrati
durante una conferenza alla prestigiosa Università belga di Gand. A un certo
punto però l’allora segretario del Consiglio Supremo delle Antichità d’Egitto,
Zahi Hawass, avrebbe chiesto la sospensione di qualsiasi divulgazione in
ossequio alle leggi sulla "sicurezza nazionale”. In parole povere venne
proibita qualsiasi pubblicazione sul ritrovamento fino all’ottenimento di
ulteriori informazioni. Che purtroppo mai arrivarono.
Da allora tutto è fermo,
ed è difficile comprendere come mai si eviti di verificare quello che potrebbe
essere un ritrovamento senza precedenti per l’archeologia e la storia della civiltà.
Quali intangibili segreti potrebbe custodire quel lembo di terra chiamato
Hawara? Agli studiosi pare assurdo il non poter verificare cosa davvero si celi
sotto la sabbia egiziana, se lì sotto vi sia davvero una delle costruzioni più
grandi e misteriose dell’antico Egitto. Indubbiamente sarebbero delle
interessantissime testimonianze storiche che non è giusto che restino celate. Il mistero, però, continua a restare.
A domani.
Mario
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