giovedì, aprile 28, 2022

NON È PIU' IL PETROLIO L'ORO DEL FUTURO, MA I NOSTRI DATI. L’IMMENSA MINIERA DI INFORMAZIONI, CHE NOI FORNIAMO OGNI GIORNO COLLEGATI IN RETE, COSTITUISCE UN GRANDE, PREZIOSO TESORO!


Oristano 28 aprile 2022

Cari amici,

Tutto (o quasi) è mutabile: ciò che oggi ha un gran valore, domani potrebbe essere carta straccia! La storia dell’uomo lo dimostra inequivocabilmente; ci basti pensare alla grande scoperta del vapore, che consentì alle potenti locomotive di spostarsi per migliaia di chilometri trasportando pesi enormi, oppure a quella del petrolio, che diede un colpo mortale alle scoperte precedenti. L’evoluzione non si ferma, se pensiamo che anche il petrolio appare oggi alla fine della sua carriera. Altre scoperte ci forniranno energia rinnovabile, che manderanno in pensione anche questa materia prima.

Il mondo oggi si muove ad una velocità enormemente superiore rispetto a quella dei secoli scorsi e la gran parte della produzione, del commercio e dei servizi si muove utilizzando la “Rete”, diventata, ormai, qualcosa di insostituibile, senza la quale l’uomo si ritrova assolutamente incapace. Immaginate Voi un mondo senza Internet? Credo proprio di no! Su questa rete immensa, che avvolge l’intero globo terrestre, viaggiano miliardi di miliardi di informazioni, che, costituiscono un patrimonio inestimabile, tanto che gli studiosi considerano questa immensa miniera di dati, più preziosa del petrolio, anzi potremo dire che le informazioni sono il petrolio del futuro!

Certo è un patrimonio non propriamente fisico, fatto di sequenze numeriche, ma possederlo in tutto o in parte, è come possedere qualcosa che vare quanto e più dell’oro, considerata la scarsa regolamentazione del loro utilizzo. Questi dati, infatti, vengono venduti sul mercato a prezzi davvero importanti. Un’attività, dunque, quella del commercio dei dati, estremamente lucrativa, tanto che nel mondo si affacciano grossi Big, come Alphabet (Google), Amazon, Apple, Facebook e Microsoft, considerate le cinque aziende quotate in borsa più importanti del mondo. I loro profitti sono in crescita vertiginosa: i dati confermano che hanno raccolto, in forma aggregata, oltre 25 miliardi di dollari in profitti netti in appena un trimestre!

Che possedere milioni di dati degli utenti costituisca un patrimonio monetizzabile, lo scrisse nero su bianco Clive Humby, data scientist e matematico inglese nel lontano 2006; fu Clive a coniare lo slogan "I dati sono il nuovo petrolio", slogan oggi ancora più forte di ieri. La domanda che sorge spontanea è: “Come fare soldi sui dati, e quali sono soprattutto i benefici per il cittadino produttore di questi dati? Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che sul Web non ci sono benefattori e nulla è dato gratis. Nessuno è disposto a fare il filantropo, e tutto quello che noi cerchiamo e troviamo su Internet e che riteniamo utile, viene ripagato chiedendoci preventivamente tutta una serie di dati che ci riguardano.

Se è pur vero che quando entriamo su Google noi troviamo quello che cerchiamo, così come quando operiamo sui social network, app, siti di e-commerce e altri motori di ricerca, restiamo soddisfatti in quanto sono tutti dati che ci semplificano la vita, consentendoci di vivere al meglio la nostra quotidianità, ormai aggrovigliata sempre più nella tecnologia, è anche vero che ne paghiamo il prezzo.  Questo prezzo è l’aver fornito in precedenza tutti i nostri dati: da quelli anagrafici alla professione, dallo stato civile al numero dei figli, dalle preferenze e gusti personali, alla fede professata. Si amici, queste informazioni, poi, vengono utilizzate dai giganti del web per disegnare i nostri profili, in modo da indirizzarci proposte commerciali che, giocoforza, incontreranno il nostro gradimento.

Scoprire che quando navighiamo nel web, senza che noi ci accorgiamo, viene fatta incetta di tante informazioni che nel mondo reale nessun commerciante oserebbe chiederci, ci fa forse pensare che magari questo sia una nascosta violazione della privacy? Forse sì, forse no. Nonostante l’entrata in vigore del GDPR, il nuovo Regolamento sulla protezione dei dati personali, a distanza di poco più di tre anni dalla sua comparsa, tale impianto normativo mostra le prime incapacità di controllo, le sue insofferenze, dinanzi alle sfide tecnologiche degli ultimi anni: intelligenza artificiale, algoritmi, bioprivacy, sistemi di riconoscimento facciale, fake news e altre tecnologie altamente pervasive. In una evoluzione dell’informazione che è sempre più rapida, anche le regole andrebbero costantemente aggiornate, seppure diventi difficile anche per gli Stati, mettere la museruola alle potenti catene prima indicate!

Cari amici, traghettare i valori della democrazia anche nella nuova società digitale 4.0. non sarà facile. La monetizzazione dei nostri dati, come abbiamo visto, è un fenomeno che certamente ha bisogno di essere meglio analizzato, per poter garantire a tutti una crescita equilibrata delle opportunità e quindi un impatto positivo sullo sviluppo economico e sociale, evitando quelle azioni che contribuiscono alla crescita della disuguaglianza. Proteggere responsabilmente quel patrimonio di informazioni oggi troppo libero, è una necessità ineludibile. Ci vorrà certamente tempo e molta buona volontà, ma sarà necessario farlo!

A domani.

Mario

 

 

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