martedì, aprile 05, 2022

INTERNET E DEMOCRAZIA. DOMANDA: MA L’USO DEI SOCIAL CONTRIBUISCE O NO A MIGLIORARE LA PARTECIPAZIONE POLITICA ATTIVA DEL CITTADINO?


Oristano 5 aprile 2022

Cari amici,

Tutti conosciamo William Shakespeare, se non altro per il suo famoso dubbio: “To be or non to be, that is the question”, ovvero “Essere o non essere, questo è il problema”. Ebbene, oggi voglio usare questa frase per introdurre l’argomento che intendo trattare con Voi: L’uso di Internet e dei social. Il problema amletico che oggi in tanti ci poniamo è: ma il crescente sviluppo di Internet e la partecipazione ai social aiutano a migliorare la democratica partecipazione politica dei cittadini, oppure no? Ovvero, l’interscambio relazionale che sempre più frequentemente si instaura sui social, risulta utile o ininfluente, se non addirittura dannoso per la maturazione democratica del cittadino?

La questione se Internet aiuti o danneggi la democrazia, ha provocato molte controversie nell’ultimo decennio. In realtà il problema è complesso e non può avere una risposta univoca, perché ci sono visioni diverse, con almeno due scuole di pensiero: una è quella che afferma che Internet aiuta la democrazia, grazie ai numerosi scambi relazionali, mentre un’altra crede il contrario. Si, amici, la domanda se l’utilizzo di Internet e in particolare dei social possa apportare vantaggi alla politica democratica, oppure la ponga in pericolo, ha risposte controverse.

Intanto c’è da dire che il nostro Paese, relativamente alle connessioni Internet, è uno dei più avanzati al mondo, con un indice di penetrazione superiore all’80% (addirittura, escludendo le persone con più di 65 anni, si raggiunge il 90%); il risultato è che su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti avvengono ben 80 milioni di connessioni da dispositivi mobili, per cui si è portati a pensare che questo massiccio utilizzo di Internet possa migliorare la salute di una democrazia! La realtà, però, potrebbe essere diversa, in quanto. esprimersi liberamente sui social, di per sé non contribuisce, tout court, a migliorare la partecipazione democratica.

Eppure le apparenze potrebbero far pensare il contrario: il numero di utenti che usano i Social si attesta intorno ai 35 milioni, quasi il 60% della popolazione! I dati parlano chiaro: solamente Facebook sfiora i 30 milioni di utenti, Instagram i 20 e TikTok, in forte crescita, punta ai 6 milioni di utenti di cui il 66% ha meno di 30 anni. Inoltre, questo fantasmagorico formicaio umano che opera in rete risulta decisamente attivo: quasi il 90% pubblica in bacheca in continuazione, postando valutazioni personali anche forti, con dibattiti incrociati che spesso scivolano anche in calde e forti reazioni.

Tutto questo farebbe presupporre che le piattaforme digitali svolgono un ruolo sempre più importante nella vita degli italiani che liberamente si informano, dibattono e contribuiscono alla formazione della pubblica opinione, linfa vitale per ogni democrazia. Ma è davvero così? Siamo sicuri che queste piattaforme digitali stanno davvero migliorando la qualità del dialogo politico democratico, oppure ci stiamo solo illudendo? Proviamo a fare qualche analisi su dati recenti, come ad esempio la partecipazione alle elezioni politiche.

Le ultime elezioni politiche nel nostro Paese si sono svolte nel 2018. Il calcolo finale dell’affluenza alle urne è stato del 72,93%, un dato significativo, ovvero il più basso nella storia della nostra vita repubblicana! Per trovare un dato superiore all’80% bisogna tornare indietro di 10 anni al 2008 (80,63%). Nel 1994 (quindi agli albori della diffusione del web nel nostro Paese) l’affluenza fu dell’86,07%, nel 1979 del 90,95% nel 1968 del 92,91%, nel 1948 del 92,19%. Facendo due più due, senza avere grandi conoscenze matematiche e statistiche, risulta evidente che l’avvento di Internet e dei social non ha proprio migliorato la partecipazione popolare al voto, l'adempimento più importante in un Paese libero e democratico, ovvero le elezioni politiche!

Se poi proviamo ad analizzare anche un altro importante appuntamento elettorale, quello dei “Referendum popolari”, altra partecipazione fondamentale nella vita democratica di un Paese, i dati recenti confermano quanto detto prima. Il referendum del 1974 sul divorzio ha avuto una affluenza dell’87,72%, l’ultimo, quello sulla estrazione degli idrocarburi del 2016, appena del 31,18%. I primi 14 quesiti referendari tra il 1974 e il 1987 hanno sempre raggiunto il quorum del 50% + 1. Nei 38 quesiti tra il 1974 e il 1995 il quorum è stato raggiunto ben 35 volte (il 92,1% delle volte). Nei 29 quesiti tra il 1997 e il 2016 appena 4 volte (il 13,7% delle volte). La grande diffusione del web, quindi, non sembra aver portato beneficio alle consultazioni dirette.

Io credo che anche Voi che mi leggete arrivate alla mia stessa conclusione: l’uso massiccio di Internet e dei Social, non ha migliorato l’approccio politico degli italiani alla gestione democratica del Paese. Il forte rifiuto alla partecipazione al voto denota uno scarso amore per il Paese e per la democrazia; accettare passivamente (non andando a votare) ciò che fanno in Parlamento i gruppi di potere, significa arrendersi, ovvero dismettere i panni di cittadino per prendere quelli di suddito!  Non voler esercitare attivamente i propri diritti (e il diritto di voto è il più importante in assoluto), significa proprio tutto questo!

Cari amici, utilizzare Internet e i Social, in realtà, non è certo sufficiente a dimostrare di voler essere parte attiva e responsabile nel contesto sociale del proprio Paese. Essere orgogliosamente cittadini significa farsi carico dei diritti e dei doveri che lo status di Cittadino comporta! Altrimenti si è sudditi. E lo siamo in particolare quando rinunciamo all'inalienabile diritto di voto. 

A domani.

Mario

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