Oristano 21 ottobre 2023
Cari amici,
Sin dagli albori
dell’umanità l’acqua ha costituito l’elemento principe della nostra vita. L’immagine
dell’acqua come la prima forza vitale dell’uomo, generatrice di vita, si rileva
anche dalle dislocazioni dei villaggi, sempre edificati in prossimità di fonti,
rii e laghi. Il rispetto e l’adorazione dell’acqua sono praticamente sempre
presenti in tutte le civiltà, a partire da quelle più lontane nel tempo. Acqua,
dunque, regina della vita, un’immagine che, col passare dei secoli e dei
millenni, non è mai tramontata, passando dalle religioni pagane a quelle
attuali, in primis nel Cristianesimo. Nella foto il pozzo sacro a Gremanu - Fonni.
S. Cristina - Paulilatino |
Nel bacino del Mediterraneo
la Sardegna presenta oggi testimonianze validissime della venerazione
dell’acqua, considerata la presenza di numerosi “POZZI SACRI” sparsi un po’ in
tutta l’Isola. Un culto, quello dell’acqua, legato alla presenza di fonti e
sorgenti naturali che hanno consentito la creazione di veri Santuari votivi
dell’acqua, oggetto di pratiche religiose, simbolo del divino e portatrici di
vita. Riti mai spenti, in quanto nei secoli e millenni successivi il culto non è
mai cessato. Ad esempio, la simbologia cristiana pone l’acqua al centro di uno
dei suoi riti più importanti, il battesimo, associandolo alla rinascita e alla
purificazione, e quindi connotando l’acqua in termini essenzialmente positivi.
Tuttavia, nella storia dell’uomo,
l’acqua, oltre che fonte di vita, fu considerata anche un elemento importante
anche dopo la morte, se pensiamo che nella mitologia greca il regno dei morti
era percorso da ben cinque fiumi. Di questi l’Acheronte era quello attraverso il quale le anime dei defunti venivano traghettate dal nocchiere Caronte per
discendere definitivamente nell’Ade. Insomma, l’acqua onnipresente nell’uomo,
nel suo rapporto importante sia con la vita che con la morte; una sorte, quella dell’uomo, regolata dal potere divino, quindi ricca di mistero e simbolismo.
P. Matzanni.Villacidro |
In Sardegna il culto
delle acque ha avuto particolare rilevanza durante la civiltà nuragica, che può
a buon titolo essere considerata la principale espressione della Sardegna
protostorica. Essa si estende all’incirca dalla Media Età del Bronzo
(all’incirca dal 1600-1500 a.C.) fino alla fine della Prima Età del Ferro
(intorno al 700 a.C.). Dopo la prima fase del periodo nuragico, dedicato
all’edificazione dei nuraghi e delle tombe dei giganti, viene dato grande
impulso all’espansione degli insediamenti urbani, con la creazione di veri e propri
templi e santuari dedicati al culto dell’acqua. Una ritualità importante
quest’ultima, che aveva lo scopo di propiziarsi la divinità sovrana di questo
elemento, al fine di scampare dagli eventi funesti da essa provocata, e
favorire invece le sue manifestazioni benefiche.
Pozzo Coni-Nuragus |
Seppure anche in epoca
prenuragica fossero presenti rituali connessi con il culto dell’acqua presso
fonti e sorgenti (Melis 2008), solo con l’avvio del periodo nuragico prima
richiamato sono stati costruiti veri e propri edifici atti al culto delle
acque, quali ad esempio i templi a pozzo. Questi ultimi sono edifici in gran
parte circolari, sovrastati da una cupola in forma ipogeica che aveva lo scopo
di captare la vena d’acqua.
Per accedere al deposito
d’acqua venivano inoltre costruite ripide rampe di scale di forma rettilinea o
trapezoidale. Nella sommità della scala era presente un atrio dove venivano
lasciate le offerte votive. Il tempio era circondato da un recinto che
delimitava lo spazio sacro destinato ai fedeli. Il materiale usato era lapideo
reperito in loco oppure roccia vulcanica, materie che non subivano alterazioni
a contatto con l’acqua ed erano quindi particolarmente indicate per questo tipo
di costruzioni. Un grande esempio è il pozzo sacro di Santa Cristina di Paulilatino (nella foto).
Negli atri di diversi pozzi
e fonti e nei vani di alcuni templi dell’acqua si trovano banchine e sedili, e
all’esterno sono presenti grandi recinti probabilmente con lo scopo di
accogliere gli svariati pellegrini, anche se rimane difficile ricostruire
esattamente le attività svolte al loro interno. Né è chiaro se e in che modo
l’acqua venisse utilizzata all’interno dei rituali, nonostante essa rimanga
l’elemento centrale di tali costruzioni. Di “Pozzi sacri dell’acqua” la
Sardegna ne conta circa quaranta (40) e sono probabilmente le più complesse
architetture dell’antica area occidentale del Mediterraneo.
Tra i più conosciuti e
apprezzati quello di Santa Cristina a Paulilatino, quello di Su Timpiesu, di Santa Vittoria a
Serri, Predio Canopoli a Perfugas e Funtana Crobeta a Ballao. Ma anche Is
Pirois di Villaputzu, Sa Testa di Olbia e Santa Anastasia di Sardara. Al loro
interno o nelle vicinanze sono stati ritrovati innumerevoli ex voto, costituiti
da figurine di bronzo, monili e altro offerti dai fedeli, importantissime
testimonianze storico-artistiche della civiltà nuragica ora esposte nei musei
sardi e di tutto il mondo.
Cari amici, il culto
dell’acqua come fonte di vita credo non cesserà mai di esistere: cambieranno i
modi di venerarla, ma l’acqua sarà sempre il bene primario dell’uomo,
considerato che circa il 60 per cento del suo corpo è costituito da acqua! Oggi,
purtroppo l’acqua viene troppo spesso sprecata, per cui credo che tutti dovremmo
cercare di usarla meglio, risparmiandola!
A domani.
Mario
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