Oristano 28 novembre 2022
Cari amici,
La civiltà umana, come
confermano anche gli studi più recenti, si è sviluppata quasi sempre lungo il
corso dei grandi fiumi. Ne è esempio eclatante la civiltà egizia sul Nilo e
quella sumera sul Tigri e l’Eufrate. Anche nella Valle del fiume Indo si
sviluppò una civiltà importante, durata almeno 2mila anni (dal 3.300 al 1.300
A.C.), che operò su un vasto territorio esteso dall'Afghanistan al Pakistan e
all’India nord-occidentale. Di quest’ultima civiltà, però, poco si sapeva fino
ai primi del Novecento, quando tornarono alla luce i resti delle città di
Harappa e di Mohenjo-Daro.
Mohenjo-Daro era una
città dalla cultura molto avanzata per l’epoca, che commerciava con Sumeri e
Cinesi. Una civiltà che era dotata di uno sviluppo incredibile, se pensiamo che
aveva migliaia di villaggi collegati da strade pavimentate, con case costruite
su pianta quadrata e vie che si intersecavano ad angolo retto; immaginate
cinque milioni di persone dotate di case di due o tre piani, con una
distribuzione di acqua potabile efficiente, con condutture idriche formate da
tubi di argilla e una rete fognaria in ogni appartamento, con tanto di
gabinetti in muratura e sciacquoni. Roba da non credere!
Immaginate una civiltà
che si sviluppò in India occidentale, l’odierno Pakistan, intorno al 2500 A.C.,
composta da svariate migliaia di cittadelle e due piccole metropoli di 40mila
abitanti (le più grandi del tempo sul pianeta), che però, ad un certo punto,
scomparve, presumibilmente distrutta da un incendio di proporzioni colossali;
un fuoco così caldo da essere capace di vetrificare il terreno, i mattoni e le
ceramiche; immaginate infine che gli scheletri degli abitanti di quelle sfortunate
città sono stati trovati ancora altamente radioattivi a cinquemila anni di
distanza, ovvero cinquanta volte quella normale. Tutti dati che fanno presumere
una distruzione avvenuta per un’esplosione nucleare, per noi inconcepibile a quei
tempi! Indubbiamente un autentico mistero, sia per gli storici che per gli archeologi.
Eppure, il grande dubbio
rimane. I resti carbonizzati rinvenuti sono simili a quelli a noi tristemente
noti, quelli delle uniche bombe atomiche lanciate su un bersaglio abitato:
Hiroshima e Nagasaki. In entrambe le città giapponesi sono stati rinvenuti gli stessi segni della devastazione di Mohenjo-Daro, con le case distrutte fino alle
fondamenta come schiacciate da un’immane onda d’urto a cui è seguita una
letterale pioggia di fuoco. Se è probabile, data anche la radioattività, che la
“collina dei morti” (questo significa Mohenjo-Daro) sia stata distrutta da un
simile ordigno atomico, resta un principale, quasi insormontabile quesito: chi,
nel 2000 A.C., possedeva un’arma nucleare?
C’è anche da dire che la
particolare distruzione di Mohenjo-Daro si verificò anche Harappa, Kot Diji,
Kalibangan, Lothal, e quasi tutti i 140 centri abitati principali di quel regno
indiano risultarono distrutti in brevissimo tempo. Tutti devastati da un’arma
calorifica estremamente intensa, tutti in un certo senso attaccati alla
sprovvista. Amici, il mistero è certamente difficile da sbrogliare, anche se particolarmente inquietante appare il significato del nome della città: Mohenjo-Daro,
che significa monte dei morti, nome forse dato dai superstiti dopo la tragica
fine della città, e parrebbe evocare eventi di una certa tragicità. Di preciso
non si conosce l’antico e vero nome della città, che si estendeva per 300
ettari, con una popolazione giunta, durante il massimo splendore, a 70.000
abitanti.
Oltre all’enigma della possibile
devastazione nucleare, si aggiunge anche quello di come questa città abbia potuto
raggiungere un così alto livello organizzativo e tecnologico in quel
lontanissimo periodo. I ritrovamenti hanno evidenziato una società civile molto
ben organizzata e ordinata, con un collaudato ordinamento burocratico. Tra i
reperti emersi dagli scavi ci sono alcune statuette caratteristiche come quella
di un religioso scolpita nella steatite, oppure quella del barbuto re-sacerdote
in oro o quella della ballerina in bronzo che richiama qualche danza
sicuramente di successo in quel periodo. Molti i materiali scritti ritrovati,
anche se la scrittura della Valle dell’Indo aspetta ancora di essere decifrata.
Cari amici, una civiltà che
5mila anni fa era così evoluta, organizzata in modo moderno e successivamente distrutta
all’improvviso da un fuoco di probabile origine nucleare, fa certo pensare non poco: per esempio anche a possibili contatti di quella civiltà con extraterrestri più evoluti! Ma
questo incontro sarà stato possibile? Difficile dirlo, anche se i dubbi che gli studiosi si sono posti restano tutti!
A domani.
Mario
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