Oristano 7 novembre 2022
Cari amici,
C’è un male oscuro, di
natura psicologica, che sta colpendo sempre di più e che viene definito
“sindrome dell’impostore”. Questa disfunzione, che risulta essere
essenzialmente un conflitto interno vissuto da chi ne è colpito e che si
manifesta con sensazioni di scarsa autostima e di demerito nei confronti di se
stesso, fu descritta alla fine degli anni Settanta del secolo scorso dalle
psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes. Inizialmente questo particolare stato
d’animo fu legato al ruolo femminile, anche se in realtà non c’entrava nulla
con il genere, in quanto questa sindrome colpisce in primis persone con ruoli
sociali o lavorativi importanti.
Si, amici, la “Sindrome
dell’impostore” colpisce in particolare i soggetti con bassa autostima, capaci
di auto sabotare le proprie capacità, in quanto coloro che ne soffrono non
riescono a interiorizzare i successi ottenuti. Nella loro mente si crea la
convinzione che i risultati positivi ottenuti non sono frutto delle proprie
capacità ma da attribuire a fattori esterni. Questa scarsa percezione del
proprio valore non è superficiale ma causata da una distorsione cognitiva, che
causa una costante minimizzazione dei successi avuti.
Ecco, per meglio
comprendere, alcuni tipi di pensieri manifestati da chi soffre di questa
patologia. "Anche se tutti dicono il contrario, io so di non
meritarmelo", "è vero, ho studiato tanto, ma non credo di essere
abbastanza bravo", "sebbene abbia raggiunto ottimi traguardi, non
posso dire di essere all'altezza". Insomma, queste persone pensano cioè di
non essere degne del successo raggiunto, degli apprezzamenti ricevuti, dei
riconoscimenti ottenuti e/o della posizione ricoperta.
Si, amici, il problema
non è di poco conto in quanto questa sindrome non riguarda pochi casi rari, ma risulta
alquanto più diffusa di quanto comunemente si pensa; essa risulta spesso
associata, come prima accennato, ad una bassa stima e considerazione di se
stessi. Il soggetto che ne è colpito ha la sensazione, più o meno
generalizzata, di ingannare gli altri con il proprio comportamento che appare all’esterno
valido e apprezzabile. Insomma, per questo motivo, Egli si sente come se
indossasse una maschera e ha di conseguenza il terrore di essere scoperto per
quanto di minor valore egli è. Il suo obiettivo principale diventa quindi quello
di non essere smascherato nella sua vera inadeguatezza, e per questo, spesso,
assume degli atteggiamenti di forte perfezionismo.
La vita lavorativa del
soggetto affetto dalla sindrome dell’impostore è difficile, considerato il costante
timore del giudizio degli altri, e la terribile paura del proprio fallimento. Egli,
pertanto continua imperterrito a minimizzarsi
con una costante ed eccessiva autocritica, che lo porta ad isolarsi e a
deprimersi. Gli errori, anche di piccola entità, generano in lui colpevolizzazioni
severe e inappellabili e le conseguenze hanno la connotazione della catastrofe.
I suoi elevati livelli di ansia, paura e angoscia (sia associate a performance
specifiche che generalizzate) e frustrazione, arrivano a sviluppare dei veri e
propri sintomi depressivi.
Amici, nonostante la
sindrome dell’impostore non possa essere classificata come malattia psichiatrica,
le sue caratteristiche sono di grande pericolosità in quanto possono generare
nel soggetto una grossa sofferenza. In casi come questi, la soluzione non è
semplice, in quanto è difficile convincere il soggetto a consultare uno specialista
per un buon intervento psicoterapeutico e di orientamento cognitivo
comportamentale, in modo da poter condurre il soggetto a comprendere il suo reale valore e
quindi a credere maggiormente in se stesso. Gli studi
attuali, almeno per ora, se si rilevano elevati livelli di depressione
conseguenti, non prevedono particolari terapie farmacologiche.
Un grande e serio
problema, amici miei!
A domani.
Mario
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