Oristano 30 Agosto 2017
Cari amici,
La sentenza del
Tribunale di Roma (l^ Sezione Civile) del 19.07.2017 n. 15676/2017 ha dato
ragione alla Prof. Albina Colella, accusata dall’ENI di diffamazione,
rigettando integralmente la richiesta di risarcimento danni, promossa dall'Ente nei
confronti della professoressa, condannando di conseguenza la società petrolifera anche per lite temeraria. Con questa sentenza il Tribunale ha sancito
la legittimità dell’informazione scientifica svolta per anni dalla Prof.
Colella, professore ordinario di Geologia dell’Università della Basilicata. Questa storia
merita di essere raccontata in tutta la sua interezza, mettendo in evidenza
come spesso anche i colossi hanno i piedi d’argilla: insomma, una storia che assomiglia ad una specie di
duello, come quello di Davide contro Golia.
La vicenda che ha visto
imputata la Prof. Colella ha tratto origine dalla divulgazione da Lei fatta dei
risultati di una sua ricerca scientifica, fatta in seguito alle ripetute
sollecitazioni di cittadini lucani, sulle acque sotterranee che nel 2011 erano
improvvisamente affiorate su suoli agricoli di Contrada la Rossa (Montemurro),
a 2,3 km dagli impianti ENI della Val d’Agri (dove è situato il pozzo di
re-iniezione degli scarti petroliferi di Costa Molina 2). Le acque analizzate
furono trovate ricche di idrocarburi, gas, sali, metalli, fenoli, tensioattivi,
ecc., che mostravano diverse affinità con quelli che sono i caratteri generali
dei reflui di scarto petrolifero.
La Colella, geologa e
docente universitaria, dopo aver effettuato le analisi su queste acque
affioranti, considerata la breve distanza dagli impianti dell’ENI, non ha avuto paura a
denunciare pubblicamente che “Le acque sotterranee ricche di idrocarburi,
gas, metalli e tensioattivi, mostravano diverse affinità con i reflui di scarto
petrolifero”. L’ENI, gestore degli impianti della Val d’Agri, non
sopportò l’accusa e, da gigante qual è, partì lancia in resta contro chi aveva
osato mettere in dubbio la sua correttezza.
Dopo la divulgazione
dei risultati delle analisi da parte della Colella (che li aveva esposti anche
nelle reti televisive nazionali), espressi sempre in termini di correttezza
scientifica, il 10 Marzo del 2015 l’ENI citò in giudizio la Prof. Colella,
chiedendo non solo la condanna ma anche un super risarcimento: ben cinque
milioni di euro più ulteriori 100 mila per diffamazione e danni morali e patrimoniali
ipoteticamente subiti dalla società petrolifera.
La difesa della Prof. Colella, assistita dagli
avvocati Giovanna Bellizzi e Leonardo Pinto del Foro di Matera, cercò di
controbattere lucidamente le accuse, basandosi su una corposa e articolata
attività legale e produzione documentale, nell’intento di dimostrare non solo
la totale infondatezza giuridica della domanda di risarcimento danni per
diffamazione promossa dall’ENI, ma anche il fatto che la
professoressa aveva agito sempre nel pieno rispetto del Codice Etico
dell’Università della Basilicata, codice di comportamento che chiede ai docenti
universitari di garantire la divulgazione
dei loro risultati scientifici alla Comunità,
quando questi riguardano potenziali ricadute sulla vita umana e sull’ambiente.
L’attento esame della questio fatto dal Tribunale di Roma ha
portato al rigetto integrale della richiesta di risarcimento danni
avanzata dall’ENI, dando piena ragione alla professoressa. Ribadendo la legittimità dell’informazione scientifica, il Tribunale di Roma nella
sentenza ha affermato che “l’art. 21 della Costituzione, che in questa
sede trova diretta applicazione, costituisce un pilastro dello stato
democratico e della effettiva possibilità per il popolo di esercitare la
propria sovranità essendo stato correttamente informato ed avendo potuto
conoscere l’opinione degli esperti in relazione ad ogni settore di rilevante
interesse sociale o pubblico”.
Gli avvocati Bellizzi e
Pinto, difensori della Colella, hanno espresso grande soddisfazione per la
sentenza, dichiarando che essa presenta profili di grande interesse, in quanto
stabilisce il diritto all’informazione in materia ambientale, riconoscendo la
valenza costituzionale della libertà di opinione, quando afferma che “non
vi è dubbio che la divulgazione dei risultati della ricerca costituisca
legittima espressione del diritto di libertà di manifestazione del pensiero,
sancito dall’art. 21 della Costituzione, e di libertà della Scienza garantita
dall’art. 33 della Costituzione, senza limiti e condizioni”.
La Prof. Colella, che
non ha mai avuto alcun pregiudizio ideologico sul tema delle fonti energetiche
fossili, auspica che nel futuro si possano avere percorsi di studio condivisi
con trasparenza e sereno confronto scientifico. Circa la sentenza esprime
soddisfazione, perché ha fatto definitiva chiarezza sull’approccio scientifico
da Lei sempre tenuto sulla questione ambientale, garantendo in questo modo il
diritto dei lucani ad essere sempre informati in materia ambientale senza dover
subire limiti o condizioni.
Credo che ogni mio
ulteriore commento, possa essere solo superfluo.
Grazie amici, a domani.
Mario
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