Oristano
4 Agosto 2017
Cari amici,
Un gruppo di archeologi
sardi, tunisini e algerini ha messo nel carniere una nuova importante scoperta:
il ritrovamento di una grande città di epoca romana, oggi in gran parte sommersa, che, con il
suo reticolo di cardi e decumani, si estende per una ventina di ettari sotto il
mare del Golfo di Hammamet in Tunisia. La Neapolis tunisina è stata scoperta dal
gruppo di archeologi prima menzionati, che erano venuti a conoscenza della sua esistenza
fin dal 2010. Il gruppo, composto dagli archeologi Raimondo Zucca e Pier
Giorgio Spanu del Dipartimento di Storia, Scienze dell'uomo e della Formazione
dell'Università di Sassari e dal professor Mounir Fantar, dell'Institut
National du patrimoine (Inp) di Tunisi, nell’ultima missione archeologica (la
nona) finanziata dal Consorzio Uno per gli Studi universitari di Oristano ed effettuata
dal 2 al 15 Luglio scorso, è riuscito a mettere meglio a fuoco i diversi, interessantissimi particolari
della scoperta.
In una conferenza
stampa effettuata in città nei giorni scorsi, essi hanno spiegato che quella antica
città, già individuata nelle precedenti missioni, è stata ora ampiamente radiografata,
riuscendo anche ad evidenziare al suo interno una sorta di importante zona
industriale, vero cuore pulsante della Colonia Iulia Neapolis, caratterizzata
dalla presenza di un gran numero di vasche dove avveniva la lavorazione (si
procedeva alla salagione) di grandi quantità di pesce (in particolare sardine
ma anche piccoli tonni) che poi venivano sistemate all'interno di anfore di
terracotta, caricate poi sulle navi e trasportate per la vendita nei vari paesi
del Mediterraneo.
Fondamentale è risultato
il contributo dato dagli archeologi sardi, a partire dal Professor Zucca. Tutto
ebbe inizio nel 2009: fu proprio il Professor Zucca a ventilare, dopo aver
studiato la Neapolis sarda, quella posta di fronte al Golfo di Oristano, l’ipotesi
dell’esistenza di una città gemella: una omonima “Neapolis”, posta di fronte, sulle coste africane. I successivi rilievi, sia subacquei che aerei, eseguiti in
particolare nel corso dell’ultima missione appena conclusa, hanno permesso di
completare la planimetria della città sommersa, che rappresenta circa un terzo
dell'intera Colonia Iulia Neapolis.
In particolare, grazie
alla scoperta di un grosso frammento di lastra calcarea, utilizzata per una
iscrizione plateale, la missione ha anche permesso di individuare tra le rovine
della città di terraferma quella che potrebbe essere la ventisettesima Piazza forense romana (la quarta in
territorio africano), con il suo tempio dedicato a Giove Capitolino, la sua
Curia e la sua Basilica giudiziaria. Circa le cause che hanno portato
all’affondamento della città ora sommersa, si ipotizza l’evento di un forte
terremoto. Secondo gli archeologi che hanno partecipato alla missione, quel
pezzo della città di Neapolis sarebbe stato sommerso dall'acqua a causa proprio
di un rovinoso terremoto che sarebbe avvenuto più o meno nella metà del IV
secolo dopo Cristo.
Su questo antico luogo
c’è ancora tanto da scoprire. È già in programma la decima missione, prevista
per la seconda metà di Agosto; essa potrà approfondire proprio questi aspetti
legati al sisma, e, per questi ulteriori rilievi è prevista anche la
partecipazione di archeo sismologi e geomorfologi subacquei.
Cari amici, la
straordinaria scoperta del porto di Neapolis, compiuta recentemente
in Tunisia dagli archeologi dell’Università di Sassari e dai loro colleghi
dell’Institut national du Patrimoine de Tunis, credo sia qualcosa di molto
importante, che va aldilà della semplice scoperta archeologica. Il grande
insediamento romano posto nelle vicinanze dell’attuale Hammamet, dotato di un
gigantesco porto oggi in gran parte sommerso, evidenzia l’esistenza per quei
tempi di una grande vivacità commerciale; gli scavi compiuti hanno già restituito
elementi di straordinario interesse.
I reperti finora ritrovati
costituiscono la più antica testimonianza dei rapporti fra gli indigeni libici
e i Fenici dell’intero Capo Bon. L’archeologia sta rivelando così nuove pagine
della storia del Mediterraneo, legando insieme Tunisia e Sardegna, in nome del
comune passato cartaginese, che determinò la nascita, sul Capo Bon e sulla
costa sud orientale del golfo di Oristano, di due centri mercantili chiamati
entrambi Neapolis, molto attivi e vivaci, relativamente ai traffici che furono
instaurati, sotto il controllo di Cartagine, anche con i mercanti greci.
Un grande grazie agli
archeologi sardi, in particolare al nostro Prof. Raimondo Zucca, che sicuramente
continuerà a darci ancora innumerevoli novità sul nostro luminoso passato.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
Sito archeologico di Neapolis-Nabeul (Tunisia)
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