Oristano 4 Maggio 2017
Cari amici,
Il travaglio che vive
oggi Oristano, nella ricerca del prossimo Sindaco e della Giunta che dovrà
accompagnarlo a governare la città ed il suo territorio, ricorda non poco
quello del passato. Ironicamente, come è mio solito, credo che l'incertezza che possiamo toccare con mano non sia “niente di nuovo”, ma consista in una monotona ripetizione del passato: una
riedizione, in salsa moderna, dei vecchi giochi di potere, dei vecchi
individualismi, egoismi e personalismi. Insomma, tutti impegnati a pensare egoisticamente
al proprio tornaconto, al bene ‘personale’, anziché concentrarsi sul ‘bene
pubblico’, quello dei bisogni della città, che sembrano, invece, interessare
ben poco.
In questo egoistico estraniarsi
di un certo tipo di "oristanese" nei confronti dei bisogni della città, trovo una certa somiglianza con il “Passero solitario”, la bella poesia di Giacomo Leopardi nella quale il “solingo
augellin” rimane pensoso in disparte, mentre “gli
altri augelli contenti, a gara insieme, per lo libero ciel fan mille giri”; questo isolarsi del passero fa
affermare al poeta, che il suo comportamento è simile al suo: il rinchiudersi in se stesso del passero calza perfettamente con la solitudine interiore del poeta, facendogli esclamare “Oimè,
quanto somiglia al tuo costume il mio”!
Non ho difficoltà ad affermare di non essere mai stato un
commentatore politico (credo che non lo sarò mai); le mie riflessioni su questo
blog sono solo l’esternazione di quello che penso: pensieri spesso derivati dalla mia
gioia o dalla mia tristezza per ciò che accade nella nostra Comunità. Credo invece che risulti ben più utile
a Voi leggere con attenzione una riflessione più qualificata: quella del mio amico Beppe
Meloni, giornalista e scrittore, profondo conoscitore della nostra Oristano e
del suo territorio. Ecco a Voi, dunque, una seria valutazione dei quanto accade (o non
accade) nella nostra Città nell'imminenza delle nostre prossime elezioni per il rinnovo del suo governo.
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Il
capoluogo verso le elezioni. Ma Oristano è ancora la “città-guida” del
territorio?
Di
Beppe Meloni.
Alla vigilia di una
importante scadenza elettorale, quando il futuro del Paese si fa oscuro, con
una crisi economico-sociale, e per molti aspetti etico-morale, di una gravità
eccezionale, paragonabile soltanto a quella degli anni Quaranta del secondo
dopoguerra, occorre fermarsi e riflettere. Soprattutto per non ripetere gli
errori del passato, e imboccare finalmente strade nuove che ci portino fuori da
un labirinto inestricabile. Il primo sguardo è alla città e non solo perché
siamo di fronte a una scadenza amministrativa delicata e difficile. Oristano,
ormai da molto tempo, sembra aver perso la sua anima. Manca la capacità di fare
sintesi e pesa troppo il localismo nelle scelte amministrative che contano.
Mentre gli apporti esterni sono scarsi e la solidarietà è affidata ancora e
solo a un volontariato attivo e presente tra gli strati sociali che soffrono.
Associazioni culturali e di solidarietà sociale, cresciute per numero e
qualità, che spesso vagano senza una sede comune, senza “fissa dimora”, come si
leggerebbe in un “mattinale” della Questura.
E tutto ciò avviene
mentre è rimasto lettera morta uno degli obiettivi di fondo del “Piano di
sviluppo 2005-2010” dell’Ente Provincia, quando affermava che “la cultura e la
valorizzazione del capitale umano e sociale rappresentano i cardini dell’azione
di governo della Provincia di Oristano”. Nell’attesa infinita, quel che serve è
ricondurre anzitutto le scelte amministrative della città-capoluogo e dell’area
vasta che la circonda ad una organica visione di “città guida del territorio”
che fino ad oggi è completamente mancata. La grande DC di un tempo ha lasciato
troppi arrivisti in campo, ma non ha saputo assicurare una classe politica
degna di questo nome. E tutto ciò ha finito per pesare negativamente sulla
scena provinciale e comunale. Con un insieme di variopinte sigle, molte delle
quali riconducibili alla vecchia DC, a caccia di visibilità e di carriera.
E anche il
centrosinistra nel suo complesso ha finito per vivere marginalmente nella
quotidianità della politica locale. Ricompattarsi a questo punto non sarà
facile, e le schermaglie polemiche che precedono la formazione delle liste e la
scelta del candidato sindaco, non aiutano a costruire un clima operoso. Anche
perché Oristano è sempre stata e resta ancora oggi, una città piccolo borghese,
moderata e accomodante, senza grosse pretese e con larga presenza di nostalgie
passate come l’hanno raccontata i cronisti del primo Novecento. Non a caso
dalle nostre parti è nato prima il Sardo-Fascismo di Paolo Pili e Antonio
Putzolu e nel secondo dopoguerra la DC più forte dell’Isola. Gli anni del
Centro-Sinistra restano quelli che nel nome dell’unità hanno favorito la
battaglia per la quarta provincia, la cui istituzione sembrava poter aprire
finalmente la strada dello sviluppo territoriale, rivelatasi anch’essa un sogno
di breve durata.
Poi, alla fine
degli anni Novanta, dopo la giunta Scarpa che aveva tentato di ricomporre una
sintesi di politica unitaria sotto il segno del risveglio e della
partecipazione, tutto è precipitato, con giunte comunali e provinciali
insufficienti e talvolta esistenti solo sulla carta. Oggi, a conti fatti,
l’Oristanese nello scenario regionale conta meno di zero. Sempre più
marginalizzato e fuori dagli organismi e dalle scelte che contano. Poi, ci sono
stati anche gli indirizzi programmatici sbagliati, la telenovela del PUC
sovrastimato, l’aeroporto fantasma, l’agroalimentare in grande difficoltà, il
settore edilizio bloccato. E quando in una città come Oristano si blocca
l’edilizia tutto si ferma e la città muore. Oggi non è più tempo di
menestrelli, sognatori e indovini. Ecco perché la città capoluogo deve saper
prendere in mano il suo futuro. E non sarà facile uscire dal tunnel della
mediocrità in tempi brevi.
“Ma, di grazia, che
altro si può fare per risvegliare oggi Oristano?”.
Beppe
Meloni
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Cari amici, credo che
la riflessione prima fatta da Beppe dovrebbe “risvegliare” in tanti di noi, un orgoglio
che pare mancare ormai da troppo tempo…
A domai.
Mario
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