Oristano 6 Maggio 2017
Cari amici,
Sono un lettore
de L’Unione Sarda da oltre mezzo secolo e, nonostante il passare degli anni,
l’affezione a questo quotidiano continua senza soste. Ho conosciuto in passato
Fabio Maria Crivelli, per quasi 30 anni suo Direttore, e successivamente
l’attuale giornalista Massimo Crivelli, ben prima che avesse, come ora, i
capelli bianchi.
Leggendo il giornale, come è mio solito a mezza mattina, il
27 Aprile scorso mi sono soffermato con attenzione sull’articolo di Massimo Crivelli
che portava come titolo “L’orgoglio
sardo degli olandesi”. Era un ‘pezzo’ che, partendo da un fatto avvenuto in
redazione quasi 40 anni prima, riepilogava una vicenda dai contorni
interessanti: una storia reale, ma avvincente come un romanzo.
Si, 39 anni prima, nel
lontano 1978, un certo Evert Beers, quarantaseienne che all’Aja rappresentava
la Scania Trucks, si presentò nella redazione de L’Unione Sarda, allora posta
in Viale Regina Margherita, accompagnato dalla moglie Sieny e dai 4 figli.
Evert, capo della bella famigliola che trascorreva le vacanze a Villasimius,
aveva colto l’occasione vacanziera per cercare di risolvere un quesito che lo
tormentava: cercare di completare il suo “puzzle
genealogico” familiare, che affondava le radici in Sardegna. Seppure in
vacanza, si era portato appresso il frutto della sua ricerca: un puzzle ancora incompleto, che mancava di alcune tessere e che, secondo lui, aveva bisogno di essere completato.
Il giovane cronista
Massimo Crivelli, allora 22enne, ricevette dal Direttore di allora Gianni Filippini
l’incarico di occuparsi della vicenda, considerato che aveva una buona
dimestichezza con l’inglese. Evert cerco di relazionare al meglio il giovane giornalista,
riportandogli quanto in suo possesso; il nonno, per esempio, gli aveva fatto
sapere che la sua famiglia aveva ascendenze africane; questo lo spinse ad un
suo viaggio in Tunisia, che gli fece scoprire un fatto straordinario: la madre
del suo trisnonno, Maria Giuseppina Damele, risultava essere nata a Carloforte,
in Sardegna. In quell’epoca (era la fine del 1.700), nell’anno 1798, la
giovanissima Maria Giuseppina, che aveva allora 13 anni, fu rapita dai pirati
tunisini (allora veri predoni nel Mediterraneo) insieme ad un migliaio di
tabarchini, con lo scopo di essere venduti come schiavi.
La sorte di Maria
Giuseppina appariva segnata: la giovane fu venduta come schiava ad un
commerciante olandese, un certo Carel August Weimar, che frequentava la Tunisia
trafficando con il Bey di Tunisi. Il sodalizio della ragazzina con il commerciante si rivelò
molto positivo, tanto che cinque dopo Carel, dopo essersi convertito al
cattolicesimo, la sposò. Un finale felice per la giovane sarda, che in
questo modo era riuscita ad affrancarsi dalla schiavitù.
Uno dei suoi pronipoti, Evert, tenace e caparbio come solo quelli che possiedono “sangue sardo” nelle vene sanno essere, trascorse parecchio tempo in Tunisia per arrivare alla completa ricostruzione delle sue radici, scoprendo persino l’atto di matrimonio della bisnonna. Era questa la prova certa: nel 1803 il 1° del mese di Maggio, Maria Giuseppina e Carlo si erano uniti in matrimonio. La ricerca, però, a suo avviso non era ancora terminata.
Uno dei suoi pronipoti, Evert, tenace e caparbio come solo quelli che possiedono “sangue sardo” nelle vene sanno essere, trascorse parecchio tempo in Tunisia per arrivare alla completa ricostruzione delle sue radici, scoprendo persino l’atto di matrimonio della bisnonna. Era questa la prova certa: nel 1803 il 1° del mese di Maggio, Maria Giuseppina e Carlo si erano uniti in matrimonio. La ricerca, però, a suo avviso non era ancora terminata.
Evert voleva scoprire
ancora di più: intendeva trovare la tomba di Maria Giuseppina, morta ad
Amsterdam all’età di 42 anni. Dopo vane ricerche gli venne un sospetto,
rivelatosi poi positivo: la tomba poteva essere a Carloforte. Su questo fronte
l’intervento di Massimo Crivelli fu determinante: attraverso i giusti contatti
fu scovata sull’isola di San Pietro la tomba tanto cercata. Arrivato finalmente
alla soluzione del giallo, ora Evert si sente ancora più orgogliosamente sardo. Lo scorso 25 Aprile, accompagnato da tutta la famiglia (in tutto 18 persone:
lui, la moglie, i 4 figli, 8 nipoti, 2 generi e 2 nuore) è sbarcato a Cagliari.
Questo viaggio era per Evert il compimento di una promessa che lui aveva fatto alla madre: far
conoscere la terra d’origine a tutta la famiglia dei Beers.
A Cagliari fu “Punto
focale” dell'incontro, come appare ovvio, la sede de L’Unione Sarda,
ora non più in Viale Regina Margherita, ma nella nuova sede di Santa Gilla. In
primis i ringraziamenti d’obbligo al 1° quotidiano dell'Isola, considerato che il suo aiuto
per la soluzione del giallo fu determinante. Oggi Evert ha 84 anni e, tra un brindisi e l’altro, cerca in tutti i modi di inculcare ai suoi giovani nipoti l’amore per le loro
origini, per le loro radici, in quanto valori importanti, da portare sempre nel
cuore. Il suo monito alle nuove generazioni è stato: “Voi avete la fortuna di aver
visto germogliare le Vostre radici in Sardegna, una terra unica, meravigliosa.
Anche se ora vivete in Olanda non dimenticate mai da dove provenite”.
Cari amici, sono
convinto che il Suo è una specie di testamento spirituale, che, ne sono certo,
non verrà ignorato. Ho apprezzato molto di questa storia anche come l'ha raccontata Massimo
Crivelli, che ha concluso il suo articolo, quello che ho citato in premessa, con queste parole: “Racconto
oggi questa vicenda perché credo che contenga una piccola morale. Mi sono
permesso di dire ad Evert che i sentimenti sono più forti dei capricci della
storia. Lui, olandese per caso, sardo nel sangue, merita davvero l’Oscar per la
tenacia”.
Da sardo orgoglioso,
come credo di essere, devo confidarvi che questa storia mi ha commosso da un
lato e inorgoglito dall’altro; la tenacia di Evert, il suo istintivo senso di orgogliosa
appartenenza alla nostra Comunità, credo abbia un significato profondo: i sardi
sono davvero un popolo speciale! Anche chi non vi è nato, ma seppure solo in parte
ha il nostro sangue nelle vene, anche se per le
ragioni più svariate, vive lontano dalla nostra Comunità, sarà sempre un sardo. E' una questione di sangue! E, lo sappiamo bene, “buon sangue non
mente mai”!
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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