Oristano 17 luglio 2024
Cari amici,
Nella specie umana,
a differenza delle altre specie animali, la famiglia ha un’evoluzione particolare, dove il sentimento prevale sulla ragione. Nel mondo degli uccelli, per
esempio, terminata la fase necessaria della crescita, i genitori dei pulcini,
dopo aver insegnato loro quanto necessario, li invitano a lasciare il nido,
consapevoli che la libertà concessa sia assolutamente necessaria. Nella
famiglia umana, invece, il distacco, l’abbandono della casa familiare da parte
dei figli, risulta molto spesso traumatico, anche se ciò non vuol dire che
l’amore dei genitori verso i figli sia superiore a quello manifestato dagli
altri esseri viventi.
Nel nostro “mondo umano”
la famiglia, creata dall’amore tra due persone, inizia il suo percorso come
coppia, in un nuovo nido (casa); col tempo, la famiglia cresce di numero con l'arrivo dei figli, poi, quando questi crescono, arriva il giorno in cui essi si allontanano da casa, creando
un trauma non indifferente nei genitori. Si ricrea, così, dopo molti anni, la situazione iniziale: la convivenza
della coppia, solo in due, come nella fase iniziale, ma, oramai, in età più matura. Pur essendo questo il
naturale ciclo della vita, nel nostro mondo umano diversi genitori faticano non poco a
separarsi dei propri figli, arrivando a sviluppare un vero e proprio disagio
psicologico chiamato “Sindrome del nido vuoto”.
Pur essendo necessario, in
tutte le specie, l’avvicendarsi delle generazioni, l’amore genitoriale umano,
spesso, ignora questa naturale necessità. Per i figli, invece, il distacco
risulta meno traumatico, in quanto il loro inconscio bisogno di indipendenza li
spinge ad andar via gradualmente dalla famiglia d’origine, rompendo quel
cordone ombelicale che li ha tenuti legati a lungo, spesso ben oltre la
maggiore età. Per i figli l’allontanamento dalla famiglia d’origine si
configura, infatti, come il naturale trampolino di lancio verso il mondo
esterno ed è, spesso, l’inizio della costruzione di una nuova famiglia.
Per i genitori, i sintomi
più frequenti, riferiti alla sindrome del nido vuoto, sono grande tristezza,
ansia, senso di colpa, rabbia, irritabilità e terrore della futura solitudine, tutti
mali che, a volte, possono dare origine anche a manifestazioni di
psicopatologia conclamata, che sfociano in termini di grande depressione, pericolosi
disturbi d’ansia, insonnia e raramente anche scompensi psicotici (Powell,
1977).
Amici, la “Sindrome del
nido vuoto” colpisce, secondo gli studi, più le donne degli uomini; le donne risulta che soffrano più degli uomini
dell’allontanamento da casa dei propri figli (Sartori et al., 2009), anche se,
seppure in misura differente, anche gli uomini non ne sono esenti (Mitchell et
al., 2009). Ciò che differenzia il “forte dolore provato” sono le modalità in
cui esso si esprime: le donne risultano più inclini a comunicare liberamente le
proprie emozioni, a differenza degli uomini, che tendono, invece, ad apparire
meno sofferenti dal distacco, probabilmente perché più restii a manifestare all’esterno
le loro emozioni (Oliver, 1977).
Ebbene, una volta
avvenuto il distacco, vissuto in modo più o meno traumatico, cosa succede nella
famiglia che si ritrova, dopo anni di vita con i figli, di nuovo “coppia”, come
all’inizio della relazione? Come cercare di riprendere a vivere, riempiendo il
vuoto lasciato dall’abbandono della casa da parte dei figli? Accertato il disagio
psicologico creato, spesso molto intenso e reale, che, nei casi più gravi, può
persino sfociare in una psicopatologia, è importante reinventarsi una “seconda
vita”. È necessario riempire quel vuoto creato dall’abbandono, secondo Battles (2023),
il che significa: ridefinizione del ruolo personale, investimento di energie in
aree d’interesse, riorganizzazione del legame con il partner e i figli.
Questa “nuova libertà
ritrovata” può essere utilizzata recuperando la compagnia di vecchi amici,
riprendendo a praticare passioni messe da parte, o addirittura esplorando nuovi
obiettivi e interessi. Ricostruire relazioni o crearne di nuove, sono
opportunità che consentono di elaborare in modo funzionale la tristezza per la
separazione dai figli, superando la crisi d’identità e adattandosi ai nuovi
ruoli. Oltre a ciò, è anche utile rinvigorire la relazione con il proprio
partner, che resta un immutato punto di riferimento, individuando rinnovati
momenti di intimità, di condivisione e di svago in comune.
Cari amici, i genitori,
come è giusto che sia, non debbono mai dimenticare i figli, che sempre resteranno parte
della loro vita! Per questo motivo un altro
importante obiettivo da raggiungere è: “trasformare” il precedente rapporto intrattenuto
con i figli, ormai diventati adulti, riconoscendoli “alla pari” e
creando con loro un legame più maturo; ma anche concordando dei confini che
rendano la relazione affettiva alquanto stabile e funzionale. In questo modo,
dopo il distacco, tutto può riprendere a
funzionare nel modo migliore!
A domani.
Mario
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