Oristano 16 luglio 2024
Cari amici,
C’è un verbo che,
purtroppo, viene usato sempre più spesso: è “PROCRASTINARE”, ovvero
lasciare a domani, ciò che può essere fatto senza problemi oggi. Le motivazioni
del rinvio sono tante: vanno dall’ansia che l’adempimento crea, alla paura di
sbagliare, ma “Rimandare” ad un altro giorno le cose importanti da fare,
crea l'illusoria sensazione di aver tolto di mezzo il problema da risolvere.
Si, adottare la politica del rinvio consente, per un po', di sentirsi sollevati,
accantonando le decisioni da prendere e rallentando gli impegni, ma se è pur vero che rimandando si prova una certa sensazione di benessere che allevia lo stress, il mancato fare di oggi ce lo ritroviamo l'indomani come una spada di Damocle sul capo!
La politica del rinvio,
in particolare nel nostro Paese, è ben presente sia nel settore pubblico che
nel privato. Nella pubblica amministrazione o in azienda, in tutti i ruoli si procrastina:
nel settore pubblico, dall’approvazione dei progetti alle concessioni, dal rilascio
di attestazioni alle eventuali esenzioni da concedere; nel settore privato anche
gli appuntamenti importanti sono oggetto di rinvio, così come le delibere. Insomma,
decidere, approvare in tempi brevi, è considerato quasi un sacrilegio!
E questo non capita solo
nelle professioni degli adulti! Passando ai giovani, prendendo ad esempio
quelli che frequentano l’università, circa il 70% degli studenti ritarda
l’inizio o la fine di un corso, e spesso ci si laurea abbondantemente dopo i tempi ordinari: il
“fuori corso” diventa la norma, nel senso che terminare negli anni
previsti è più l’eccezione che la regola. Se andiamo ad analizzare le
statistiche, il rimandare, il procrastinare è diventato un comportamento che
affligge quasi tutti: il 20% degli adulti è un procrastinatore cronico! A chi
dice che ciò è sinonimo di pigrizia, di scarsa volontà, si risponde: No.
Assolutamente no, si tratta di ben altro!
Perché procrastiniamo,
allora? Gli studi psicologici sull’argomento confermano che “rinviare a domani”
non è sinonimo di pigrizia, ma di un particolare meccanismo messo in atto dal nostro cervello. Non decidere oggi,
rinviando a domani, è la conseguenza di un processo esistenziale più profondo e
complesso. La scrittrice Charlotte Lieberman, grande studiosa americana
di psicologia, nei suoi articoli ha inquadrato perfettamente l’attitudine umana
seriale a rimandare, in quanto, essendo di norma le decisioni da
prendere alquanto complicate e cariche di responsabilità, ciò condiziona non
poco le emozioni di chi le deve prendere.
Il bisogno di “procrastinare”,
dovendo prendere una decisione, nasce proprio dall'ansia creata dalla decisione da prendere, per
cui la decisione di rimandare serve ad evitare il forte patema d’animo e la
crisi emotiva derivante; tuttavia, quello ottenuto è un finto sollievo, perché una decisione
rimandata non risolve ma pospone l’angoscia, e, alla fine, costituisce
addirittura un “auto-sabotaggio”! Si, perchè una volta rinviato, il problema
ritorna, e fa ripiombare il soggetto nell’ansia, tanto che alla fine la
decisione dovrà, comunque, essere presa. Insomma, il “Procrastinare”, in realtà,
finisce per diventare un comportamento irrazionale, alquanto dannoso per il soggetto.
Anche secondo Timothy A. Pychyl, professore di psicologia e membro del Gruppo di Ricerca sulla
Procrastinazione dell’Università di Carleton di Ottawa, la procrastinazione,
come accennato prima, non è causata da pigrizia, ma proprio da una forte reazione
a uno stato interiore emotivo dolente, che si fatica a gestire: ansia, timore
di critica, inadeguatezza, senso di colpa. Procrastinare è "il prevalere dell’urgenza di tamponare
subito l’emozione dolorosa provata", senza pensare, però, che in breve tempo ritornerà come un boomerang.
È dunque l’ansia, cari
lettori, a dominare la decisione di procrastinare. Chi deve decidere si
interroga: sarò, Io, in grado di portare a termine il progetto? Cosa penseranno
gli altri di me se dovessi fallire? Di fronte a questi angosciosi pensieri, il
procrastinare è una vera “via di fuga”, alla ricerca di eliminare quell’angoscioso
stato doloroso derivante dall’impegno da prendere. Ma, purtroppo non è proprio una
soluzione! Perché l’ansia rimane e pensieri assillanti come “Buono a nulla!
Incapace! Non sei in grado!", continueranno a martellare la mente di chi ha rimandato!
Cari amici, personalmente sono sempre stato convinto che “RIMANDARE” non è mai una buona soluzione.
Rinviare un problema è un artifizio che non paga, che amplifica e ingigantisce il problema! Perché posporre, lasciare a domani, fa aumentare l’ansia, prolungando ulteriormente il tormento, sprecando malamente, in questo modo, il prezioso tempo della
nostra vita, che di certo mai potremo recuperare! Come diceva il grande SENECA, “Mentre
rimandiamo, la vita passa”.
A domani.
Mario
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