Oristano 29 luglio 2024
Cari amici,
La Sardegna è un’isola
antica, patria di un popolo fiero, battagliero e ricco di grandi tradizioni; un popolo indomito, che,
seppure per millenni ha dovuto sopportare il giogo imposto dai diversi conquistatori, ha saputo conviverci, senza mai arrendersi. Lo ha fatto in modo orgoglioso, a testa alta, guardando sempre negli occhi, anche in modo sprezzante, lo straniero (come ha fatto con i romani in Barbagia), usando spesso, come una vera e propria arma, l’ironia; usando un linguaggio crudo, tagliente come il nostro coltello (Sa Leppa), sentenziando, in modo alquanto ironico, la triste realtà di una vita spesso difficile e aspra, spesso vissuta con grande sofferenza.
La lingua parlata da
popolo sardo è composta da tante varianti (dialetti), e, attraverso le sue
diverse parlate, i sardi hanno elaborato curiose “sentenze”, massime, metafore, paragoni e
proverbi, tutte espressioni alquanto incisive, il più delle volte espresse in
rima, che, di generazione in generazione si sono tramandate ai posteri
arrivando fino a noi. La prima raccolta di proverbi sardi fu pubblicata nel
1851-52 dal canonico Giovanni Spano che, per evitare che andassero
perduti, li catalogò e revisionò, incorporandoli all’interno del suo
Vocabolario.
Questi “DÍCIUS O
DÍCIOS”, oggi sono appresi con curiosità dalle nuove generazioni, che,
comunque, ne apprezzano la fine ironia di quei saggi modi di dire, espressi utilizzando
il linguaggio semplice del popolo, tipico della cultura agro-pastorale. Questi Dícius,
sono arrivati a noi attraverso la tradizione orale, tramandati di generazione
in generazione, esprimendo in questo modo la sapienza millenaria del popolo
sardo, riportandoci la “visione del mondo” dei nostri antenati, spesso preda di
prepotenti invasori; sono frammenti della vita di un tempo, vissuta tra
imposizioni, divieti, sofferenza, ma anche, a volte, di frammenti di gioia e positività.
Amici, questi “proverbi”
o modi di dire altro non erano altro che “Insegnamenti e consigli”, suggerimenti
per vivere una vita migliore, felice e serena, ma, soprattutto, al riparo dai
guai! Amici, a catalogarli tutti non basterebbero diversi dizionari, ed io,
curioso come sono, ho già pubblicato in passato un post in questo blog proprio
su questo argomento. Ecco quanto ho postato in data 7 luglio del 2015: se
cliccate sul seguente link potete andare a leggerlo! http://amicomario.blogspot.com/2015/07/proverbi-e-modi-di-dire-dei-sardi.html.
Oggi ne vediamo un’altra interessante
carrellata!
La proverbiale diffidenza
dei sardi appare chiara in questo proverbio: “Confida in totus, et fidadì de
pagus (confidati con tutti ma fidati solo di pochi). Una realtà concreta: i
veri amici sono meno delle dita di una mano… Diffidenza ribadita anche da questo
detto: “Cojadì e còmpora in bidda tua e, chi podis, in bixinau” (sposati
e compra nel tuo paese, e se puoi nel vicinato). Ancora la diffidenza: “In
dònnia terra ddoi at margianis” (in ogni luogo ci sono le volpi), a rimarcare
che il furbo esiste dappertutto!
Passando ai rapporti
familiari, spesso non troppo amorevoli, ecco qualche proverbio. “Naraddi a
sorga po d’inténdiri nura” (Dillo alla suocera per farlo intendere alla
nuora), i cui rapporti non sono mai stati idilliaci; “Si ddu ghettant de paba
in coddu” (Se lo passano dalle spalle al collo), a significare tutti gli
artifizi cercati per togliersi la colpa. Anche il detto “Cicca de non bessiri
foras de arrastu” (cerca di non uscire fuori dalla traccia, dal seminato) è
un invito a non vivere al di fuori delle regole sociali.
Tutti i fatti e gli
avvenimenti della vita sociale sono stati trattati nei proverbi sardi. Dalla
cattiveria dell’uomo, “Genti maba non ndi moridi” (la gente cattiva non
muore proprio!), alla variabilità dei cicli naturali della terra, “Maju bellu,
faidi segnori su messaju” (un bel maggio, fa signore il contadino). Sullo
stesso argomento: “Àcua e soli, annada de lori” (Con la giusta pioggia e
il sole, una buona annata agricola). Sulla testardaggine dell’uomo troviamo “Non
dd’aderetzat mancu su fogu” (non lo raddrizza – come si fa col ferro –
neanche il fuoco). Sui Compari di malefatte, si utilizza il rito di
Chiesa: “Su predi no andat mai chentza de sagrestanu” (il prete non
opera mai senza il sagrestano).
Restando nel campo dei
riti della religione, la persona poco genuina viene definita in questo modo: “No
est farra de fai òstias” (Non è farina per confezionale le ostie). Nel
campo della riservatezza ecco una perla: “In buca serrada non bintrat musca”
(se tieni la bocca chiusa, non vi entrano le mosche). Anche sulle occasioni
perdute, la saggezza antica lanciava le sue frecciate “Abba passada no tira
su mulinu” (Acqua passata non fa girare il mulino). Amici, quelli che ho
indicato sono solo una piccolissima parte dei “modi di dire” del nostro popolo
sardo, e chi vuole può trovare tanti libri che li riportano in modo ben più
completo di questa piccola riflessione. Ecco per finire. Un ultima “manciata”
di curiosi “DICIUS”.
Per indicare una persona
incapace? “Andai a mari e non agattai mancu acqua” (Andare al mare e non
trovare nemmeno acqua); Un giovane che non ha voglia di lavorare? “Chie
dormit a pizzinnu pianghet a bezzu” (Chi dorme in gioventù, piange da
vecchio); Frequentare persone poco raccomandabili? “Chini corcada cun is
canis, sindi pesada prenu de pulixi” (Chi si corica con i cani, si alza
pieno di pulci), a significare che si rovina.
Cari amici, chiudo con le
classiche: “Fortza Paris” (Forza Insieme), il famoso grido di guerra
della Brigata Sassari, “A chent’annos” (Fino a cent’anni), la
tradizionale formula augurale nella nostra terra dei centenari, “Comenti
fais? Comenti faint in Bosa: candu proiri, lassanta proi” (Come fai? Come
fanno a Bosa: quando piove, lasciano piovere), per suggerire di affrontare la
vita, senza preoccuparsi eccessivamente, e, infine, “In dom'e su ferreri,
schiron’e linna” (A casa del fabbro, spiedo di legno), un modo per criticare
chi si vanta di essere troppo bravo, mentre invece…
Grazie dell’attenzione,
cari lettori, credo che sull’argomento presto ci tornerò!
A domani.
Mario
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