mercoledì, luglio 31, 2024

IL TERRIBILE DRAMMA DELLA SICCITÀ: LA SARDEGNA È ALLO STREMO. LA SALVEZZA POTREBBE ARRIVARE DALLE RISORSE IDRICHE SOTTERRANEE.


Oristano 31 luglio 2024

Cari amici,

Voglio chiudere con Voi i post di luglio, parlando del dramma della siccità che mette in ginocchio la nostra isola. La “SICCITÀ”, è quel male insidioso che evidenzia la mancanza di quel bene così prezioso qual è l’acqua, linfa vitale per la vita sia dell’uomo che delle altre specie animali e vegetali; un brutto segnale che si sente risuonare sempre più spesso in quest’ultimo periodo. Si, in particolare nell’ultimo decennio, sono aumentate in tutta Italia le emergenze idriche, causate da lunghi periodi di siccità; nel 2017 a livello nazionale, più localizzate, invece, tra Nord e Sud Italia, nel 2022 e 2024. Emergenze causate non solo dalle precipitazioni sempre più scarse, ma anche dalle temperature sempre più elevate.

La siccità, amici, non è un problema solo italiano, in quanto sta colpendo tutta l'Europa meridionale. Focalizzando l’attenzione sulla Sardegna, c’è da dire che l’emergenza idrica finora si è voluta tamponare con la realizzazione di bacini artificiali, che, però, stanno manifestando tutto il loro limite. Eppure, secondo quanto afferma l’Ordine regionale dei geologi, la Sardegna di fronte all'emergenza siccità che sta colpendo soprattutto la Baronia e la bassa Gallura, avrebbe potuto cercare rimedio pensando all’utilizzo delle acque sotterranee, sicuramente presenti, che possono rappresentare una risorsa fondamentale per l'approvvigionamento idrico della nostra isola, dove l'irregolarità delle precipitazioni e le frequenti siccità continuano a farla da padrone.

Il problema, come ben sappiamo, non è solo sardo. Se la Sardegna piange, anche la Puglia, la Basilicata e la Sicilia non ridono. Soluzioni serie e alternative vanno sicuramente reperite, ed in tempi relativamente brevi. I geologi chiedono con insistenza di poter fare la loro parte, ovvero dare "un contributo fattivo e costruttivo", che consiste nel cercare di integrare le risorse idriche superficiali con le acque sotterranee. Secondo i geologi, "questa possibile integrazione potrebbe garantire un approvvigionamento idrico continuo e sostenibile nel tempo”.

L'ordine dei geologi ha fermamente ribadito che "una risoluzione al problema non può ricercarsi in soluzioni improvvisate ed estemporanee condizionate dall'emergenza, ma in programmati studi strategici che consentano, a chi ha il compito di governare l'utilizzo della risorsa idrica, di attivare per tempo e secondo criteri di appurata e verificata sostenibilità, meccanismi di mitigazione dalla siccità che periodicamente interessa la nostra nazione. Rodolfo Carosi, Presidente Nazionale della Società Geologica Italiana, si è così espresso: "Bisogna puntare sulle falde. Solo una conoscenza di dettaglio delle montagne e del sottosuolo delle pianure, da parte dei geologi, può consentire studi approfonditi sulle risorse idriche sotterranee per limitare per quanto possibile, gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sull'approvvigionamento idrico".

Daniela Ducci, docente di Geologia dell'Università Federico II di Napoli,  Consigliere del Direttivo Nazionale della Società Geologica Italiana, si è così espressa:  "Fortunatamente, le acque sotterranee sono la più strategica e rilevante risorsa idrica italiana, che garantisce l'84% del fabbisogno idropotabile, oltre a una parte significativa delle esigenze agricole e industriali; inoltre, queste risorse sotterranee stanno risentendo in modo molto attenuato, rispetto alle risorse idriche superficiali, della diminuzione delle piogge e della crescente evapotraspirazione dovuta alle elevate temperature. Esse costituiscono, infatti, un serbatoio naturale per "immagazzinare" le acque di pioggia che si infiltrano nei terreni, garantendone inoltre un'ottima qualità,  in quanto ben protette dalle rocce che le contengono”.

Cari amici, il problema, a mio avviso, è più serio di quanto appaia. L’acqua è un bene prezioso e irrinunciabile per la nostra sopravvivenza, per cui è auspicabile che in Sardegna gli Enti pubblici preposti tentino il tutto per tutto, per averne almeno nella quantità necessaria e sufficiente. Diamo dunque il via anche in Sardegna alla ricerca ed all’utilizzo delle acque sotterranee, che dovranno, sempre, costituire “IL PIANO B”, in caso che le acque superficiali continuino ad essere scarse. Insomma, sarà il passato a darci una mano per salvare il presente: “Saranno le antiche, millenarie acque preistoriche, immagazzinate nel sottosuolo, a fornirci oggi l’aiuto di cui necessitiamo”!

A domani.

Mario

 

martedì, luglio 30, 2024

LA NOSTRA SOCIETÀ È DIVENTATA ARIDA, CHIUSA NEL CASTELLO DEL PROPRIO, EGOISTICO “IO”, INCURANTE DEL “NOI” CHE CI CIRCONDA.


Oristano 30 luglio 2024

Cari amici,

Nella natura umana, risultano in perenne conflitto simbolico, l’egoismo e l’altruismo: praticamente l'eterna lotta tra il Bene e il  Male. Il lento passaggio dalla società contadina (dove la solidarietà era ben più presente di oggi) a quella industriale e tecnologica, ha, lentamente ma inesorabilmente, quasi cancellato la solidarietà, rafforzando a dismisura l’egoismo. in costante crescita, tanto che nulla sembra essere capace di fermarlo! Il brutale passaggio dal “NOI”, dalla solidarietà dell’insieme, all’egoistico “IO”, ha praticamente cancellato la vera ragione della vita dell’uomo: quel "vivere insieme", solidali e in armonia.

La nostra attuale, egoistica società, è diventata, purtroppo, una “Folla solitaria (chiaramente descritta da Riesman), grande scrittore e sociologo che ha da tempo messo il dito nella piaga della nostra arida vita sociale, che ora viene trascorsa in volontario isolamento, chiusa nel proprio egoistico castello in preda ad una profonda solitudine interiore. Papa Francesco, al momento, resta l’unico a predicare l’apertura di ciascuno di noi verso gli altri, auspicando che tanti “Tu” possano diventare “Noi”, nella speranza che ciò possa avvenire. Purtroppo, però, quello che sta avvenendo è l’inverso: il “Tu regredisce all’Io”. un “Io globale", nel senso che l’egoismo si è fatto persona.

L’auspicata rivoluzione del “Noi”, di cui parla Papa Francesco, per ora sembra una “voce che grida nel deserto”. Tuttavia, mai perdere la speranza, perché all’orizzonte del nostro vivere qualcosa si muove e ci dà speranza. Questo desiderato NOI esiste, e vi sono già dei segni della sua presenza; sono quei piccoli gesti di solidarietà umana, libera e gratuita, che si trovano in certi ambienti sani della nostra società; sono gesti da cui, volendo, si può ripartire, ridando vigore a quel piccolo Noi auspicato, che è contenuto nel nostro DNA di "uomini sociali", dotati di intelletto e di cuore, dove albergano i buoni sentimenti.

Il noto psichiatra Vittorino Andreoli, nel suo ultimo saggio: "Lettere sulla necessità di ritrovare l’affetto di coppia e tra generazioni, e la solidarietà verso l’altro" ha scritto: "In questa età dell’Io onnipotente l’unica salvezza è passare al “Noi”. Mai c’è stato così tanto bisogno d’amore". Lo psichiatra, celebrato al 40° Premio Hemingway, ha raccontato questa esigenza rivolgendosi alla "carissima" o "carissimo" destinatario del libro, "chiunque tu sia, ovunque tu viva nel nostro Paese, giovane o vecchio, uomo o donna". "Ho scritto d’amore – spiega Vittorio Andreoli – , perché vivo in un mondo che non mi piace, dove molte caratteristiche dell’animale-uomo stanno scomparendo: il rispetto per l’altro, la voglia di pace... e dove c’è un enorme bisogno di amore"; perciò, lo dico come "testimone critico, lucido, profondo, del malessere diffuso nel mondo contemporaneo". Ad Andreoli è stato conferito il Premio Hemingway 2024. Un premio che riconosce ciò che ha fatto per rivalutare l’Io fragile. "Che non significa debole, ma consapevole dei propri limiti.

Amici, il mondo ha bisogno d’amore! Si, perché l’amore è un sentimento che si attiva in diverse forme di affetto: tra padri e figli, tra fratelli, tra nonno e nipote; più in generale, è un sentimento che si attiva tra persone che costruiscono un insieme, senza che nemmeno sia sfiorata la componente biologica della sessualità. È così per l’amicizia, la simpatia, la passione… Ambiti tutti che si possono riportare alla dimensione psichica. E, vi possiamo aggiungere: la solidarietà, l’aiuto reciproco, fino a dare la propria vita per l’altro".

Cari amici, viviamo nella società del tutto e subito, dove ogni cosa ci viene presentata come comoda, sempre a portata di mano, ma questa non è che un'illusione. Dietro ogni conquista, personale e sociale, c'è invece un lavoro, un percorso, ci sono delle scelte. Quali i motivi per cui oggi non abbiamo empatia per gli altri, vivendo isolati e solitari con noi stessi e non in sintonia con le persone che ci sono più care? Quali i motivi per cui abbiamo lasciato che l'Ego egoistico prevalesse sull'altruismo, che rappresenta, invece, il nostro più genuino impulso vitale? Dovremmo interrogarci più spesso! Arrendersi, accettando la prevalenza dell'Ego, significa tradire la nostra vera natura, significa fallire nel compito che ci è stato dato alla nascita: vivere in pace e armonia insieme agli altri. Significa, nel migliore dei casi, condurre una vita sbagliata: arida, mediocre, priva di valore, falsa e banale, spenta, e comunque senza senso!

A domani cari lettori.

Mario

lunedì, luglio 29, 2024

L'ANTICA SAGGEZZA DEI SARDI VIVE ANCHE OGGI NEI SUOI PROVERBI E MODI DI DIRE, SPESSO TAGLIENTI COME LA NOSTRA “LEPPA”...


Oristano 29 luglio 2024

Cari amici,

La Sardegna è un’isola antica, patria di un popolo fiero, battagliero e ricco di grandi tradizioni; un popolo indomito, che, seppure per millenni ha dovuto sopportare il giogo imposto dai diversi conquistatori, ha saputo conviverci, senza mai arrendersi. Lo ha fatto in modo orgoglioso, a testa alta, guardando sempre negli occhi, anche in modo sprezzante, lo straniero (come ha fatto con i romani in Barbagia), usando spesso, come una vera e propria arma, l’ironia; usando un linguaggio crudo, tagliente come il nostro coltello (Sa Leppa), sentenziando, in modo alquanto ironico, la triste realtà di una vita spesso difficile e aspra, spesso vissuta con grande sofferenza.

La lingua parlata da popolo sardo è composta da tante varianti (dialetti), e, attraverso le sue diverse parlate, i sardi hanno elaborato curiose “sentenze”, massime, metafore, paragoni e proverbi, tutte espressioni alquanto incisive, il più delle volte espresse in rima, che, di generazione in generazione si sono tramandate ai posteri arrivando fino a noi. La prima raccolta di proverbi sardi fu pubblicata nel 1851-52 dal canonico Giovanni Spano che, per evitare che andassero perduti, li catalogò e revisionò, incorporandoli all’interno del suo Vocabolario.

Questi “DÍCIUS O DÍCIOS”, oggi sono appresi con curiosità dalle nuove generazioni, che, comunque, ne apprezzano la fine ironia di quei saggi modi di dire, espressi utilizzando il linguaggio semplice del popolo, tipico della cultura agro-pastorale. Questi Dícius, sono arrivati a noi attraverso la tradizione orale, tramandati di generazione in generazione, esprimendo in questo modo la sapienza millenaria del popolo sardo, riportandoci la “visione del mondo” dei nostri antenati, spesso preda di prepotenti invasori; sono frammenti della vita di un tempo, vissuta tra imposizioni, divieti, sofferenza, ma anche, a volte, di frammenti di gioia e positività.

Amici, questi “proverbi” o modi di dire altro non erano altro che “Insegnamenti e consigli”, suggerimenti per vivere una vita migliore, felice e serena, ma, soprattutto, al riparo dai guai! Amici, a catalogarli tutti non basterebbero diversi dizionari, ed io, curioso come sono, ho già pubblicato in passato un post in questo blog proprio su questo argomento. Ecco quanto ho postato in data 7 luglio del 2015: se cliccate sul seguente link potete andare a leggerlo!  http://amicomario.blogspot.com/2015/07/proverbi-e-modi-di-dire-dei-sardi.html.  Oggi ne vediamo un’altra interessante carrellata!

La proverbiale diffidenza dei sardi appare chiara in questo proverbio: “Confida in totus, et fidadì de pagus (confidati con tutti ma fidati solo di pochi). Una realtà concreta: i veri amici sono meno delle dita di una mano… Diffidenza ribadita anche da questo detto: “Cojadì e còmpora in bidda tua e, chi podis, in bixinau” (sposati e compra nel tuo paese, e se puoi nel vicinato). Ancora la diffidenza: “In dònnia terra ddoi at margianis” (in ogni luogo ci sono le volpi), a rimarcare che il furbo esiste dappertutto!

Passando ai rapporti familiari, spesso non troppo amorevoli, ecco qualche proverbio. “Naraddi a sorga po d’inténdiri nura” (Dillo alla suocera per farlo intendere alla nuora), i cui rapporti non sono mai stati idilliaci; “Si ddu ghettant de paba in coddu” (Se lo passano dalle spalle al collo), a significare tutti gli artifizi cercati per togliersi la colpa. Anche il detto “Cicca de non bessiri foras de arrastu” (cerca di non uscire fuori dalla traccia, dal seminato) è un invito a non vivere al di fuori delle regole sociali.

Tutti i fatti e gli avvenimenti della vita sociale sono stati trattati nei proverbi sardi. Dalla cattiveria dell’uomo, “Genti maba non ndi moridi” (la gente cattiva non muore proprio!), alla variabilità dei cicli naturali della terra, “Maju bellu, faidi segnori su messaju” (un bel maggio, fa signore il contadino). Sullo stesso argomento: “Àcua e soli, annada de lori” (Con la giusta pioggia e il sole, una buona annata agricola). Sulla testardaggine dell’uomo troviamo “Non dd’aderetzat mancu su fogu” (non lo raddrizza – come si fa col ferro – neanche il fuoco). Sui Compari di malefatte, si utilizza il rito di Chiesa: “Su predi no andat mai chentza de sagrestanu” (il prete non opera mai senza il sagrestano).

Restando nel campo dei riti della religione, la persona poco genuina viene definita in questo modo: “No est farra de fai òstias” (Non è farina per confezionale le ostie). Nel campo della riservatezza ecco una perla: “In buca serrada non bintrat musca” (se tieni la bocca chiusa, non vi entrano le mosche). Anche sulle occasioni perdute, la saggezza antica lanciava le sue frecciate “Abba passada no tira su mulinu” (Acqua passata non fa girare il mulino). Amici, quelli che ho indicato sono solo una piccolissima parte dei “modi di dire” del nostro popolo sardo, e chi vuole può trovare tanti libri che li riportano in modo ben più completo di questa piccola riflessione. Ecco per finire. Un ultima “manciata” di curiosi “DICIUS”.

Per indicare una persona incapace? “Andai a mari e non agattai mancu acqua” (Andare al mare e non trovare nemmeno acqua); Un giovane che non ha voglia di lavorare? “Chie dormit a pizzinnu pianghet a bezzu” (Chi dorme in gioventù, piange da vecchio); Frequentare persone poco raccomandabili? “Chini corcada cun is canis, sindi pesada prenu de pulixi” (Chi si corica con i cani, si alza pieno di pulci), a significare che si rovina.

Cari amici, chiudo con le classiche: “Fortza Paris” (Forza Insieme), il famoso grido di guerra della Brigata Sassari, “A chent’annos” (Fino a cent’anni), la tradizionale formula augurale nella nostra terra dei centenari, “Comenti fais? Comenti faint in Bosa: candu proiri, lassanta proi” (Come fai? Come fanno a Bosa: quando piove, lasciano piovere), per suggerire di affrontare la vita, senza preoccuparsi eccessivamente, e, infine, “In dom'e su ferreri, schiron’e linna” (A casa del fabbro, spiedo di legno), un modo per criticare chi si vanta di essere troppo bravo, mentre invece…

Grazie dell’attenzione, cari lettori, credo che sull’argomento presto ci tornerò!

A domani.

Mario

 

domenica, luglio 28, 2024

IL FUTURO DEL LAVORO? PIÙ “SMART WORKING” E “SETTIMANA DI 4 GIORNI”. CON QUALE RISULTATO? PIÙ EQUILIBRIO TRA LAVORO E VITA SOCIALE E PIÙ PRODUTTIVITÀ.


Oristano 28 luglio 2024

Cari amici,

Che la vita lavorativa oggi, nel Terzo Millennio, sia diventata così arida e stressante, tanto da incidere negativamente anche sulla produttività aziendale, è una realtà che si tocca con mano tutti i giorni. Gli analisti del settore hanno già notato che con l’introduzione dello “SMART WORKING”, resosi necessario nel periodo della pandemia, la soddisfazione dei lavoratori interessati era aumentata notevolmente, con positive ricadute anche sulla produttività aziendale. Insomma, l’equazione lavoratore soddisfatto e maggiore produttività appare sempre più reale.

Da questa positiva esperienza, ora si pensa ad un’altra forte innovazione nello svolgimento del lavoro: l’introduzione della “SETTIMANA DI 4 GIORNI”, sempre più richiesta dai lavoratori per poter meglio conciliare le esigenze familiari e sociali con il lavoro. Non solo Smart Working, dunque, ma in aggiunta una possibile settimana lavorativa di 4 giorni. Amici, per il futuro del lavoro si prospettano, insomma, cambiamenti epocali!

Si, entrambe queste due innovazioni, che modificano in modo drastico l’organizzazione del lavoro, appaiono oramai praticabili, come del resto è stato rilevato da un’indagine effettuata dalla più importante società di indagini di mercato, la Nielsen. Insomma, non ci dovrebbero essere più dubbi: anche in Italia lo Smart Working e la Settimana di 4 giorni dovrebbero diventare i pilastri dei nuovi modelli organizzativi aziendali, in quanto capaci di conciliare al meglio le due esigenze: migliorare la vita del lavoratore e salvaguardare e migliorare la produttività aziendale.

Amici, lo Smart Working, introdotto qualche anno fa per necessità, ha dimostrato pienamente la sua validità, riuscendo a superare e poi spazzare via le paure di imprenditori e manager, che cercavano in tutti i modi di impedire il superamento di un modello organizzativo aziendale fermo al 1900, quando non esistevano ancora le tecnologie di comunicazione digitale. La sua adozione, in costante aumento, è stata ovunque un successo, contribuendo ad aumentare la produttività aziendale e allo stesso tempo la qualità della vita dei dipendenti.

Tra i vantaggi del lavoro svolto fuori dagli uffici aziendali, spiccano la riduzione dei tempi di spostamento (77%) e dei costi associati (72%) e un miglior bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata (64%). L’indagine svolta dalla Nielsen ha fatto emergere anche l’interesse degli italiani per la settimana corta ovvero l’introduzione di un nuovo modello organizzativo che prevede “4 giorni di lavoro a settimana”, anziché i 5 attuali. Anche in questo caso, la settimana corta è vista positivamente da ben l’80% degli intervistati. 

Anche nel caso della settimana di 4 giorni, la lista dei benefici rinvenienti è lunga: più tempo da dedicare alla famiglia, agli amici, alla cura personale. Per ottenere questo beneficio oltre la metà dei lavoratori sarebbe disposto ad accettare una maggiore flessibilità sull’orario (il 52%), un aumento della produttività (47%) e un minor numero di pause (45%). Solo il 10% sarebbe invece disposto ad accettare una riduzione dello stipendio per poter lavorare 4 giorni su 5.

Amici, il lavoro nel prossimo futuro cambierà in modo sostanziale. Nel convegno  “Smart Working Day 2023”, svoltosi a Roma, si è assistito ad un interessante momento di confronto su queste problematiche,  con l’avvocato giuslavorista Sergio Alberto Codella, partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati. Il dialogo ha evidenziato anche cosa sta succedendo all’estero: dalla Gran Bretagna, per esempio, dove viene lasciata libertà alle aziende, al Belgio, dove, invece, appare possibile l’intervento del legislatore; sperimentazioni si segnalano pure in Spagna e addirittura in Giappone, Paese notoriamente noto per il presenzialismo sul posto di lavoro.

Anche in Italia si guarda con interesse alla riduzione della settimana lavorativa a 4 giorni. Per esempio, un importante istituto bancario sta provando a distribuire – non per tutti ma per gran parte dei lavoratori - la ridistribuzione dell’orario di lavoro su 4 giorni settimanali, anche se, ad una riduzione delle giornate di lavoro, non corrisponde, però, una altrettanto significativa riduzione del numero delle ore settimanali.

Cari amici, la strada che il lavoro imboccherà nel prossimo futuro è certamente alquanto interessante, considerato anche che la produttività aziendale non ne subirebbe danno, ma anzi un incremento. La risultante, dunque, con l’introduzione ragionata di questi due nuovi elementi (Smart W. e Settimana di 4 giorni,), sarebbe una soluzione ottimale. Gli studi di settore, infatti, hanno anche confermato, che ciò comporterebbe anche una drastica riduzione dell’assenteismo e delle malattie brevi, che spesso sono coincidenti proprio con il venerdì!

A domani.

Mario

sabato, luglio 27, 2024

È STATA STAMPATA LA BANCONOTA DA “ZERO” EURO!. ENTRA IN CIRCOLAZIONE DA QUESTO LUGLIO. MA A COSA SERVE UNA BANCONOTA A VALORE ZERO?


Oristano 27 luglio 2024

Cari amici,

La moneta, in qualsiasi forma sia espressa, serve ad assolvere a tre importanti funzioni. La prima funzione è quella di "mezzo di pagamento", ovvero è uno strumento di scambio con un determinato valore per l’acquisizione di beni o servizi; la seconda funzione è quella di  "unità di conto", che permette di attribuire un prezzo ai beni che si acquistano; infine, la terza, è quella di essere una "riserva di valore", da utilizzare in futuro. La moneta, in qualsiasi modo essa sia rappresentata, è espressa in diverse unità di conto (esempio: euro, dollari, ecc.), con stampati i valori di ogni pezzo.

Ebbene, ho fatto questa premessa per parlarvi oggi di una “Banconota” appena entrata in circolazione, che, pur espressa in Euro, porta in bella evidenza un “VALORE ZERO”! Mi pare ovvio, a questo punto, che tutti Voi stiate pensando a cosa serve questa banconota da 0 euro, se è priva di valore e quindi con essa non possiamo comprarci nulla!? La verità è che si tratta di una “banconota commemorativa”, priva di valore intrinseco (da 0 euro) stampata per commemorare l’80° anniversario dello sbarco in Normandia (la banconota; infatti, raffigura il famoso sbarco avvenuto il 6 giugno del 1944).

Questo anniversario, che ricorda la libertà ritrovata dall’Europa dopo la morsa del Nazismo, è stato celebrato di recente nei luoghi dello sbarco alla presenza del Presidente francese Macron e del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Ebbene, la banconota commemorativa di quest’evento inizia a circolare dal corrente mese di Luglio ed è stampata in edizione limitata con una tiratura di soli 3.000 esemplari numerati da 000001 a 003000. Queste banconote, ovviamente, non avranno corso legale, il che significa che non sono pensate per la libera circolazione, ma comunque sono realizzate con le stesse tecniche e attenzioni con cui sono stampate le banconote tradizionali.

Si, amici, ogni banconota risulta elaborata con la stessa tecnica delle banconote reali, e osservandola ci si rende conto di trovarsi di fronte ad una vera opera d’arte, dove risaltano tutti i dettagli e gli splendidi elementi di design, che inducono a riflettere sul suo profondo significato storico. La loro funzione è, come detto, meramente celebrativa, ma costituiscono degli eccellenti souvenir che entreranno a far parte di tante preziose collezioni.

In realtà la realizzazione di questa banconota da 0 euro non è una novità assoluta, in quanto l’idea di fabbricare banconote commemorative nasce in Francia nel 2015. È il francese Richard Faille, che da quasi 20 anni era impegnato nella produzione di monete commemorative a scopi privati, ad avere l’idea geniale. Si iniziò così a creare esemplari di banconote in diversi Paesi europei. Col passare del tempo queste banconote da collezione hanno raggiunto una certa popolarità, diventando, come accennato prima, degli oggetti da collezione assai ricercati dal pubblico, anche se non di grande valore. Fino a ora sono stati emessi più di 2.500 modelli diversi di banconote da 0 euro in 30 Paesi, alcuni dei quali hanno acquisito un valore notevole tra i collezionisti.

Anche l’Italia su questo campo non è voluta restare indietro. Negli anni passati  sono state realizzate diverse banconote da 0 euro per la commemorazione di personaggi come Padre Pio, Caravaggio, Cristoforo Colombo, Dante Alighieri, Giulio Cesare, Leonardo da Vinci, fino ad arrivare a Maradona; così come luoghi d’interesse turistico, come Arena di Verona, Basilica San Pietro, Colosseo, Fontana di Trevi, Pantheon, Piazza San Francesco ad Assisi; eventi sportivi come il Gran Premio di Imola, Monza e Mugello.

Amici, tornando alla banconota da 0 euro che dal corrente mese ha iniziato a circolare, sappiamo che è prodotta da Oberthur Fiduciaire, ed è commercializzata da Euro Banknote Memory; la realizzazione è dichiarata eccellente, vantando la presenza di ologrammi, inchiostri speciali, filigrane e persino dei numeri di serie univoci. Del resto la produzione, per essere lecita, deve seguire le disposizioni indicate dalla Banca Centrale Europea del 19 aprile 2013, che prevede, ad esempio, l’obbligo di fare in modo che tali monete commemorative siano immediatamente riconoscibili come tali e non fraintendibili con le “vere” banconote. A quanto pare, il loro costo d’acquisto della banconota che uscirà a breve andrà dai 6 ai 15 euro circa.

Cari amici, personalmente sono convinto che le 3mila banconote stampate saranno certamente vendute in tempi brevi. In realtà, al di là del loro valore collezionistico queste banconote prive di valore nominale ed emesse per commemorare importanti eventi, sono da considerare anche un ottimo strumento educativo, nel senso che sono un tangibile mezzo per preservare nella memoria delle nuove generazioni il ricordo di alcuni importanti momenti storici.

A domani.

Mario

venerdì, luglio 26, 2024

“EDUCARE”...UN VERBO DIFFICILE DA APPLICARE! L'ARDUO COMPITO DEI GENITORI, CHE, PER CORREGGERE, DEBBONO ANCHE PUNIRE.


Oristano 26 luglio 2024

Cari amici,

Fermo restando che praticamente tutti concordiamo sul fatto che mai e poi mai si debbano usare forme violente di correzione sui bambini, è anche vero che non bisogna nemmeno arrivare a farli crescere senza applicare nessuna forma di correzione-sanzione! Va dunque, ben distinto, l’intervento educativo e correttivo selettivo, capace di riuscire a controllare certe forme di rifiuto educativo che certi bambini manifestano. Se la storia, come è ben noto è sempre da considerare e apprezzare (lo affermava anche Cicerone in “Historia magistra vitae”), non dimentichiamo che anche nel lontano passato l’educazione prevedeva determinati provvedimenti da prendere nei confronti dei figli poco osservanti.

Si, amici, per esempio,  l'uso della ciabatta come “strumento pedagogico” e coercitivo era alquanto utilizzato fin dall'antichità classica; nel mondo greco,  da cui deriva la gran parte della filosofia occidentale, anche gli Dei dell’Olimpo mostravano nei confronti della prole dei “metodi di educazione” che prevedevano interventi corporali, seppure poco invasivi. In diversi vasi, mosaici e sculture, è evidenziata la dea Afrodite che, sicuramente per aver messo in atto un comportamento poco consono, colpisce il figlio Eros con una ciabatta!

Il motivo di queste frequenti punizioni risiederebbe nel carattere incontrollabile di EROS, dio dell’Amore, cosa che spingeva la mamma-dea a usare queste “tecniche di educazione”. Essendo questo comportamento educativo alquanto in uso, in un mosaico ritrovato in Giordania c’è un altro esempio di utilizzo della “ciabatta volante“, stavolta anche con l’aiuto di una complice. Insomma, l’educazione dei figli, anche nella mitologia non è mai stata una passeggiata!

Cari lettori, col passare dei secoli, educare la prole è sempre rimasto un compito arduo. Fino alla prima metà del secolo scorso, comprendente quindi anche quelli della mia generazione, il “lancio della ciabatta”, quando non si arrivava anche ai due classici schiaffi o AGLI SCULACCIONI, per punire le marachelle, era la norma. Poi, a partire dalle generazioni successive, molto è cambiato. Sia in famiglia che a scuola. Se è pur vero che la vita di tutti noi è cambiata tantissimo, pensare di educare senza punizioni appare un compito a dir poco impossibile.

Oggi entrambi i genitori lavorano, per cui risultano carichi di tanto stress, con la conseguenza di non poter essere sempre pazienti con i propri figli. Sono tante le famiglie con simili situazioni, per cui è la norma arrivare stanchi e stressati a casa a fine giornata. È probabile che seppure le mamme e le nonne che lanciavano la ciabatta non avessero i mille impegni di lavoro che abbiamo noi oggi, anche loro con certi comportamenti perdevano la bussola e non riuscivano a controllare le emozioni di rabbia e frustrazione.

Come riuscire, allora, ad essere dei buoni genitori educativi? Se una sculacciata o uno schiaffo sono ritenuti un atto di violenza, non è violenza anche “fare il muso” al bambino che sbaglia evitando il dialogo? Un bambino che affronta i prolungati silenzi di un genitore come forma di punizione, è un bambino che va in pallone, che sente di non esistere più, di non contare più nulla! In lui cresce l’dea per cui “se non faccio ciò che gli altri trovano giusto… smetto di esistere”. Amici, siamo certi che i silenzi punitivi dei genitori non siano peggio del colpo di ciabatta o dello schiaffo al momento opportuno?

Faccio parte, cari lettori, di quella generazione in cui i genitori applicavano “lo schiaffo e/o il rimprovero motivato”, tuttavia sempre usato con criterio e forte ammonizione sul comportamento errato, e posso dirvi che non solo il loro comportamento non mi ha creato problemi, ma mi ha aiutato moltissimo a crescere nel modo giusto! Era in particolare mia madre (che ha saputo gestire in modo eccellente il “ragazzo iperattivo” qual ero), a gestire la mia esuberanza, e ancora oggi la ringrazio per l’eccellente educazione che ha saputo darmi, applicando con saggezza le “giuste sanzioni”.

Cari amici, chiudo questa mia riflessione augurando a tutte le famiglie di nuova formazione, madri e  padri che hanno figli piccoli o che si accingono a creare una famiglia, di essere perfettamente consci del difficile compito educativo che grava su di loro! Essere buoni genitori non vuol dire essere amici-complici dei propri figli, ma genitori veri, capaci di gestire la loro crescita con dolcezza ma anche fermezza, nel pieno rispetto dei ruoli!

A domani.

Mario