Oristano 27 luglio 2019
Cari amici,
Il nostro è un organismo
davvero complesso, dove mille sono le variabili che regolano la sua durata e la
sua necessaria manutenzione, che, per funzionare al meglio, è dotato di una grande
serie di spie che ci avvisano quando “manca qualcosa”, specie se si tratta di
rifornimenti indispensabili. Una di queste spie, forse fra le più importanti, è
l’accensione della “riserva”, ovvero quando il cervello ci segnala che il
carburante circolante nel corpo non è più sufficiente per gestire le sue numerose
funzioni. Insomma, la segnalazione che il corpo è "entrato in riserva" avviene facendoci sentire lo stimolo della
fame. Vediamo insieme, allora, come funziona questo meccanismo che il nostro cervello
mette in atto per avvisarci che le riserve energetiche stanno terminando e che
bisogna fare rifornimento.
Ciascuno di noi riceve
dal cervello l’input della ‘sensazione di aver fame’ mettendo in moto la leptina, un ormone prodotto dalle cellule adipose che, quando le riserve
immagazzinate stanno per esaurirsi, informa il cervello che c’è bisogno di
nuovo carburante. Il segnale inizia in modo leggero (un po’ come il trillo della sveglia che inizia
con piccoli squilli per arrivare poi a quelli ben più forti), con una sensazione
di modesto languore, fino ad arrivare poi, magari dopo diverse ore, ad una
sensazione ben più forte, che si manifesta anche con certi “morsi” nello
stomaco che spesso ci fanno male.
Uno studio recente,
portato avanti dai ricercatori americani delle Università di Yale e Harvard e
pubblicato sulla rivista PNAS, ha analizzato a fondo il rapporto tra l’ormone
leptina e l’aumento del peso corporeo, aprendo la strada anche a nuove
strategie anti-obesità. Fino ad oggi si riteneva infatti che le basse
concentrazioni di leptina fossero sentite dai neuroni dell'ipotalamo, che a
loro volta davano il via a una serie di risposte, e che questi neuroni
funzionassero solamente attraverso circuiti interni al sistema nervoso centrale;
ma il sistema è risultato ben più complesso.
Lo studio appena
pubblicato ha dimostrato infatti che il fenomeno non interessa soltanto il
cervello, come ritenuto in precedenza, ma coinvolge anche il sistema endocrino.
Un sistema che comprende anche le ghiandole pituitaria e surrenale, che
secernono un altro ormone, il corticosterone, che regola sia l'energia che le
risposte allo stress e al bisogno di assunzione di cibo.
I ricercatori, studiando
un campione di topi, hanno rilevato che un individuo digiuno in un primo
momento attiva i recettori della leptina a livello dell'ipotalamo; quest’organo
a sua volta innesca l’asse ipofisi-surrene, che porta alla secrezione di
corticosterone. La produzione di questo ormone porta ad attivare i neuroni
della fame (le proteine agouti-correlate o AgRP dall'inglese), che
accendono lo stimolo a rifornirsi di cibo. Gli autori sottolineano che questa
catena di eventi risulta necessaria affinché la leptina possa stimolare la fame
quando il cibo è limitato, oppure in presenza di un diabete scarsamente
controllato che provoca l’abbassamento delle concentrazioni di leptina nel
sangue. Lo studio, secondo i ricercatori, suggerisce che i neuroni AgRP
potrebbero costituire l’obiettivo di una nuova classe di farmaci per il
trattamento dell'obesità.
Amici, il nostro
organismo è davvero una macchina molto complessa, e succede che certi stimoli
(come quello della fame prima evidenziato) avvengano anche per fattori
diversi dal fabbisogno del nostro corpo a rifornirsi di nuova energia.
Spesso a creare lo stimolo della fame sono fattori psico-somatici, che,
attraverso il desiderio di altro cibo, cercano di soddisfare alcuni nostri
bisogni inconsci. Fattori, ad esempio, come l’ansia, la noia, la rabbia, la frustrazione
e il nervosismo possono indurre in noi dei particolari sensi di “vuoto”, creandoci
un fittizio senso di fame.
Allora ci sentiamo
pervasi da “tentazioni irresistibili” a cui è difficile rinunciare e a cui con
facilità cediamo, anche se poi ci creano profondi sensi di colpa; sono tentazioni
scarsamente controllabili e alla fine, complice la nostra emotività, riescono a
creare in noi un rapporto amore-odio con il cibo, con il conseguente,
pericoloso aumento del nostro peso corporeo.
C’è una stretta relazione,
nel nostro corpo, tra l’apparato digerente (motore fisico del nostro corpo) e il
sistema nervoso (il nostro motore psichico); i due sistemi, collegati dal nervo
vago, funzionano come “due cervelli distinti” ma strettamente correlati: uno
sta in alto e l’altro sta in basso. Apparato digerente e sistema nervoso
diventano due motori della stessa macchina: il “cervello della testa” e quello
“dell’addome”; uno, il cervello della testa, accumula i pensieri e lo stress, inviando
poi i messaggi al cervello dell’addome, ovvero allo stomaco. I due sistemi si
influenzano a vicenda, interfacciandosi con il nostro umore e iniziando a
produrre molecole ormonali specifiche (cortisolo, adrenalina, serotonina), con
la conseguenza di scatenare una fame nervosa e compulsiva.
Cari amici, i numerosi
studi sull’argomento hanno permesso agli studiosi di azzardare la spiegazione logica
della particolare gratificazione che il cibo è in grado di darci;
gratificazione che pare sia racchiusa nel nostro “ricordo” infantile dei
primi anni di vita, quando succhiavamo il latte o quando, per sedare un
pianto, ci veniva dato il ciuccio. Allo stesso modo oggi, da grandi, il cibo
serve a darci soddisfazione e piacere, aiuta a farci sentire meno soli,
placando le nostre ansie, riducendo lo stress e migliorando di conseguenza il
nostro stato emotivo.
Si, amici, il bisogno di
cibo, lo stimolo della fame, come afferma qualcuno, è forse la pulsione più
forte in capo all’essere umano, superiore addirittura alla pulsione sessuale,
che passerebbe al secondo posto!
A domani, amici.
Mario
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